mercoledì 9 ottobre 2019

Uno come Antonio, ma anche Uno/Una come...




Uno come Antonio, di Susanna Mattiangeli e Maria Chiara Di Giorgio, Il castoro, è uno di quei libri che ho letto tantissimo – oserei dire sempre – negli ultimi mesi, nelle occasioni di incontro con i colleghi, gli studenti di Scienze della Formazione, gli appassionati di albi illustrati: chi c’era lo sa.

Lo amo tanto, da tempo; tanto da averne scritto, a poche settimane dall’uscita, proprio qui, sul blog. È stato, credo, l’ultimo Mercoledì al cubo con le Briciole di Passpartu e Maria Polita, di Scaffale Basso. E forse non avremmo potuto concludere meglio quell’avventura insieme.

Mi accorgo, nella lettura agli adulti, di leggerlo con un trasporto particolare, soprattutto nella sua pagina per me più impegnativa:


Però basta voltare pagina

ed ecco Antonio che ascolta la lezione.

A scuola è un alunno e deve stare attento

deve stare attento e più ci pensa e meno sta attento.

Se si distrae troppo diventa un viaggiatore dello spazio

che vede dall’alto la sua città, la sua scuola

la sua classe e anche se stesso,

un piccolo terrestre che viene sgridato dalla maestra

perché non ascolta la lezione sui primi abitanti

del suo pianeta.

Come si può restare indifferenti a un passaggio come questo?
Come può un insegnante (con o senza apostrofo, naturalmente) non interrogarsi sugli almeno due o tre nomi che potrebbe agevolmente sostituire – e l’ha già fatto, col pensiero – ad Antonio, mentre legge?
Come può non rammaricarsi di quelli che quotidianamente perde, per pochi o molti minuti, o che non è riuscita a catturare, per gli svariati, infiniti motivi di cui è colma la mente di un bambino?

Leggo sempre agli adulti Uno come Antonio insieme a Stavo pensando…di Sandol Stoddard e Igor Chermayeff, nella magnifica traduzione di Bruno Tognolini per Topipittori. Mi sembra che insieme siano insuperabili.

E invece ieri ho letto Uno come Antonio per la prima volta a dei bambini e a delle bambine. 
Ai miei bambini e alle mie bambine.

E in entrambe le classi, me l’hanno subito richiesto, un’altra volta.
E poi l’ho letto una terza. Mentre disegnavano, e scrivevano.

Perché il più scaltro, quello che ormai anticipa ogni mia mossa (Mi leggi nella mente, gli ho detto oggi. E lui rideva felice) l’aveva già capito: A sinistra facciamo Uno come Antonio, e a destra Uno come… e mettiamo il nostro nome).

Ah, i bambini e le bambine!















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