sabato 31 gennaio 2015

La neve
























La neve
la neve, ecco
è la neve

quando gli alberi si appoggiano zitti
alle nuvole dense

quando il buio rimane sospeso
e non tocca la terra

quando i monti fanno violetto
l’orlo del cielo

è la neve
quando il cuore
mi scivola via
e lo sorprendo
altrove
a volare

Giusi Quarenghi, E sulle case il cielo, Topipittori

venerdì 30 gennaio 2015

... - Autobiografia di un bambino

Dopo la lettura di Otto – Autobiografia di un orsacchiotto mi piaceva l'idea di proporre una semplice traccia attraverso cui i bambini potessero scrivere un testo personale.

Abbiamo iniziato con la definizione, cercata sul vocabolario, di autobiografia: narrazione della propria vita.

A questo punto, il titolo

(Nome proprio) - Autobiografia di un/a bambino/a

e per cominciare

Sono nato a … il …

Molti conoscono il loro luogo di nascita, quasi tutti la data: un controllo veloce ai dati anagrafici sul registro e possiamo proseguire.


Quando ero un neonato...

A questo punto, molti bambini hanno alzato la mano per suggerire azioni tipiche di un neonato:

piangere, dormire, strillare, mangiare, fare cacca e pipì...

ed è stato facile completare la frase, anche con episodi più personali.


Poi

Da piccolo...

In questo caso, però, ognuno ha proseguito in totale autonomia, come per


Ora che sono più grande...


Ed ecco confezionato il primo “tema” individuale: un successone!



































giovedì 29 gennaio 2015

Otto - Autobiografia di un orsacchiotto

La mia amica (e collega) Daria ieri mi diceva: “Otto è proprio un libro da seconda”.

Confermo, e mi chiedo: chissà cosa vuol dire essere un libro da seconda...

Forse avere una struttura narrativa chiara e completa; presentare una vicenda che abbia un inizio, uno svolgimento e una fine, come ancora insegniamo a scuola; riflettere sui grandi temi utilizzando mediatori vicini al mondo bambino (un orsacchiotto di pezza), senza nascondere le atrocità della guerra. Usare un linguaggio semplice, ma non banale, che preveda anche l'uso di parole sconosciute (rigattiere, macerie, e soprattutto autobiografia ) che facciano nascere il desiderio di chiedere a un grande o aprire un vocabolario. 

D'altro canto

Otto


è un libro di Tomi Ungerer, e così non resta molto altro da aggiungere.



Questa è la storia dell'orsetto Otto e di due bambini: tre compagni di gioco inseparabili che solo una stella gialla cucita sul petto e la crudeltà della guerra riuscì a dividere. Ma non per sempre, perché un giocattolo amato non si abbandona mai davvero. Per fortuna Otto ha imparato a scrivere a macchina e può raccontare la sua storia di amicizia perduta e ritrovata, perché in un'imbottitura c'è spazio per tantissimi ricordi...

Come incomincia:

Il giorno in cui mi ritrovai nella vetrina di un rigattiere, dissi a me stesso: -Sei diventato vecchio, caro Otto!
Sono nato in una piccola fabbrica della Germania e ancora oggi ricordo quanto pungevano gli aghi usati per cucirmi.
La prima cose che vidi con i miei occhi di vetro fu una donna.
Mi sollevò, disse: -Ma guardatelo, non è carino?- mi avvolse in carta velina e mi chiuse in una scatola.
Un bel giorno sentii delle voci, poi un fruscio, un rumore di carta strappata, e all'improvviso ecco la luce!
Davanti a me apparve il viso meravigliato di un bambino. Più tardi venni a sapere che si chiamava Davide, e che io ero il suo regalo di compleanno.”

UNGERER T., Otto – Autobiografia di un orsacchiotto, Mondadori





 




Al termine della lettura del libro, abbiamo lavorato insieme sulla comprensione del testo, rispondendo in modo completo ad alcune domande:




mercoledì 28 gennaio 2015

Kaddish per i bambini senza figli

Tra i tanti libri sulla Shoa di cui ho letto in rete in questi giorni, mi sembra che ci sia una mancanza a cui bisogna rimediare:


Kaddish
per i bambini senza figli


di Tomas Simcha Jelinek, illustrazioni di Luisa Tomasetig, Edicolors



un libro che ormai tante volte abbiamo letto ai bambini più grandi, ogni volta immersi in un silenzio irreale, generato da una scrittura poetica, struggente e disperata. Ispirato da una poesia scritta da Pavel Friedmann, uno dei bambini di Terezin, nel 1942 e intitolata “La farfalla”, è un frammento di storia che aiuta i bambini, e non solo, a capire il dramma di tanti ebrei che hanno visto troppo in fretta spegnersi le loro speranze di vita e d’amore.


Dalla quarta di copertina:

Ci sono bambini che non hanno fatto in tempo a diventare grandi. Sono i bambini di Terezin.

Fiduciosi e pieni di speranza arrivano in questa “piccola città, nel cuore dell'Europa, ai piedi di un monte che sembra il seno di una mamma”. Salgono su un treno che li porterà ai “campi”. Lì forse potranno rivedere le farfalle. Quelle farfalle che nessuno ha portato con sé.

Thomas Simcha Jelinek, burattinaio ebreo maestro all'Accademia d'arte di Praga vi racconta una fiaba vera che parla dei desideri e della storia di questi bambini che non hanno potuto raccontare le favole ai loro figli, né recitare quella preghiera ebraica che si chiama Kaddishe che trovate alla fine del libro.

È una fiaba vera, ispirata da una poesia scritta da Pavel Fridmann, uno dei bambini di Terezin, nel 1942, che vi parla della Shoa e potrà aiutarvi a capire il dramma di tanti ebrei che hanno visto troppo in fretta spegnersi le loro speranze di vita e d'amore. Fanno da straordinario contrappunto figurativo le immagini di intensa drammaticità di Luisa Tomasetig, dove le lettere dell'alfabeto sacro salgono metaforicamente dal camino del campo verso il cielo per dare un nome ad altri bambini che giocano con le farfalle in tutto il mondo.

Un libro per tutti, da leggere insieme, genitori e ragazzi, per non dimenticare.


Come incomincia:

C'è una piccola città nel cuore dell'Europa, ai piedi del monte che sembra il seno di una mamma. In quella città arrivavano tanti bambini, chi da lontano, chi da vicino.
Tutti avevano una valigia piena di cose importanti per loro: giocattoli, quaderni, colori, pezzettini di stoffa, cordicelle, coltellini, palline di vetro, qualche pallina aveva dentro anche l'arcobaleno.
Poi c'erano i libri con tante belle favole, con disegni e lettere grandi.
Qualcuno si portava dietro anche un bel vestito e le calze di ricambio, un bottoncino portafortuna, il primo anellino e l'orologio che non fa tic-tac.”

SIMCHA JELINEK T., Kaddish per i bambini senza figli, Edicolors

martedì 27 gennaio 2015

La paura, la portinaia Apollonia e la Memoria



Sono davvero soddisfatta del mio lavoro solo quando riesco a dare un senso più ampio a quel che sto facendo, senza ridurlo ad una mera sequenza di attività.

Dopo aver parlato di grandi e piccoli, e letto di personaggi piccoli e coraggiosi, da qualche tempo stiamo affrontando il tema della paura. E il libro di oggi è strettamente collegato con la paura, con i pregiudizi, con l’immagine che ci facciamo degli altri e che non sempre corrisponde alla realtà. 

Il libro di oggi è un libro che parla di fame, guerra, paura, fuga, silenzio, tradimenti e fiducia nel prossimo: un gran bel libro, insomma. Ed è un libro perfetto per accompagnare i bambini, pur così piccoli, dentro la Storia, anche quando essa è terribile, tragica, una catastrofe (che in ebraico, abbiamo imparato, si dice Shoa)


La portinaia Apollonia



di Lia Levi, orecchio acerbo




Autunno 1943. Un bambino ebreo e una città occupata dai soldati tedeschi. Il padre non c'è. La madre lavora a casa e Daniel deve correre a fare la fila per comprare da mangiare. Ma è l'arcigna portinaia Apollonia, di sicuro una strega, a spaventarlo più di ogni cosa. Finché un giorno... Forse anche una strega può salvare un bambino?

Come incomincia:

“ I bambini le gridavano: -Apollonia, Apollonia, quanti polli hai mangiato?- e lei gli correva dietro agitando la scopa.
Anche Daniel le gridava: -Apollonia, Apollonia, quanti polli hai mangiato?- se no i bambini non lo avrebbero più voluto a giocare con loro.
Daniel però si nascondeva dietro gli altri.
Sperava che Apollonia non lo vedesse.
La portinaia Apollonia era una strega, e Daniel ne aveva una paura tremenda.”

LEVI L., La portinaia Apollonia, orecchio acerbo
 











A questo punto, dalla mia borsa ho tratto 

L’alfabeto dei sentimenti



di Janna Carioli, illustrato da Sonia Maria Luce Possentini, Fatatrac, sia nella forma libresca che in quella delle carte, e ho letto loro

Memoria

Quando il nonno ti racconta
le sue storie del passato
tu lo ascolti e ti senti
un bambino fortunato.
Ieri e oggi sono i giorni
che preparano al domani
da tenere stretti stretti
tra le tue e le sue mani.
Ricordati di ricordare
perché i ricordi
sono un pezzo di te stesso.
Non ti dimenticare
che il tempo è sempre
e non è solo adesso.

Janna Carioli, L’alfabeto dei sentimenti, Fatatrac



Per concludere, ho chiesto ai bambini cosa significasse e a cosa servisse la memoria, e cosa c’entrasse con la storia di Daniel e della portinaia Apollonia. Queste le loro risposte:
 
MEMORIA

Ti fa ricordare le cose che ti devi ricordare.
Ti fai ricordare i tuoi momenti belli e quelli brutti.
Ti fa ricordare le cose.
Serve a ricordarti le cose che devi fare.
Serve anche per sentire dei sentimenti.
Serve a ricordarsi gli impegni.
Serve anche per ripassare le tabelle.
Ti fa pensare tanto.
Serve a ricordarti di un amico.
Serve a ricordarsi dei sogni.
Serve a ricordare le storie del passato.
Serve a ricordare i propri impegni.
Serve a ricordarci le cose del passato sia belle che brutte.
La memoria è uno strumento per ricordarsi le cose utili e non utili.
Serve a ricordarti i momenti passati con i tuoi amici.
Devi ricordarti quando devi andare in gita.
Ti ricordi dei sogni, delle tue maestre e delle cose divertenti.

La memoria serve a ricordare tutto.
La memoria serve quando sei andato in vacanza, per ricordarti la strada.
Per memorizzare quello che dico nel passato.
Ricordarsi quello che dicono gli altri e pensare.
Serve a ricordare tutto quello che dici o scrivi.
Almeno ti ricordi quando devi andare da una parte le ore.
Mi è servita per ricordarmi di dire al mare “thank you”
Serve a ricordarti il tuo nome.
Per ricordarti quello che hai detto nel passato.
Per ricordarti di quello che hai fatto.
Per ricordarti delle vocali e delle consonanti.
Serve a ricordare tutte le bugie che hai detto nella vita.
A ricordarti i ricordi.
A ricordarti le cose che fai, così puoi rifarle.
La memoria serve a... non mi ricordo, mi è sfuggito...così dopo se diventi mamma puoi raccontare al tuo bambino...puoi fare una foto quando era piccolo e spiegare al suo bambino.
Per dire i peccati al prete.
Per ricordarti gli amici che hai incontrato fino a oggi.
Serve per leggere a mente senza guardare sul quaderno.
Serve a ricordarsi le poesie , le canzoni e le maestre.


COSA C'ENTRA LA MEMORIA CON LA PORTINAIA APOLLONIA?

Apollonia si è ricordata dei tedeschi che venivano a prendere gli ebrei.
Visto che adesso non ci sono più tante portinaie, serve per ricordarsele.
Apollonia si è ricordata di salvare il bambino.
La portinaia si è ricordata di quello che le ha detto la mamma.


A COSA SERVE IL GIORNO DELLA MEMORIA?

Per ricordarsi che i tedeschi sono andati a prendere gli ebrei che lavoravano e dopo li uccidevano.
Per ricordarsi cosa è successo milioni di anni fa.

Il giorno della Memoria è il giorno in cui tutti quelli che sono in Italia si ricordano il giorno della guerra tra i tedeschi e gli ebrei, quando gli ebrei sono stati bruciati nei camini.
Per ricordarsi la seconda guerra mondiale e tutte le persone che hanno sofferto.