mercoledì 28 aprile 2021

A PIÙ VOCI: TARDIVE SCOPERTE E AVVENTURE DI UN MAESTRO RILUTTANTE.

A PIÙ VOCI: TARDIVE SCOPERTE E AVVENTURE DI UN MAESTRO RILUTTANTE (di Michele Longo) Sono sempre stato convinto che i libri di testo siano uno strumento indispensabile, ma non li ho mai amati. Mi parevano tutti molto simili e irrimediabilmente brutti. Al momento dell’adozione mi tenevo fuori dalla disputa, pronto a intervenire solo per scongiurare la scelta peggiore. L’anno scorso, nella stanchissima fine d’anno a distanza, ho sorpreso i colleghi battendomi come un forsennato per A più voci di Antonella Capetti e Marta Vitali edito da Pearson: un testo nuovo, di cui nessuno aveva sentito parlare, di una casa editrice non compresa nel paniere del rappresentante di fiducia della scuola, che non si poteva nemmeno sfogliare, stanti le limitazioni sanitarie. L’ho spuntata. A dire la verità, all’epoca non conoscevo davvero il libro, perché la mia copia cartacea era in viaggio lungo un complicato itinerario postale, e tardava ad arrivare. Conoscevo però Antonella, in persona libri e blog: la sua curiosità e libertà di pensiero, l’onestà intellettuale che riserva anche alle più piccole cose, il suo sguardo sulla scuola e sui bambini. Qualcosa sapevo anche del travaglio del libro. Avevo conosciuto Marta Vitali, in una buffa e stimolante telefonata tra timidi. Insomma “A più voci” è arrivato su questo divano con un gran carico di aspettative. Abbiamo passato insieme un bel pomeriggio: sfogliavo, compulsavo gli indici dei volumi, leggevo brani di brani, saltavo su, dicevo ad alta voce senza verificare che ci fosse qualcuno ad ascoltarmi: “Ma sai che è veramente bellissimo il libro della Capetti?”, tornavo a sedermi, sfogliavo, ecc. UN ANNO CON A PIÙ VOCI È passato un anno, intanto, la quarta. Un anno strano, difficile, faticoso - lo sappiamo tutti. In questi mesi sapere di avere sempre a portata di mano “A più voci” mi ha dato un senso di conforto che non sono sicuro di saper spiegare, ma certo non avevo mai provato grazie a un libro di testo. Comunque andasse la giornata o la settimana, con qualcuno in quarantena o tutti in DAD, con troppa energia spesa in cose di scuola senza bambini, c’era qualcosa di bello e intelligente da fare insieme, ad apertura di pagina. A più voci si distingue programmaticamente dai concorrenti a me noti per la qualità letteraria dei brani, per il rimando organico e costante ai libri “veri”, dai classici ai migliori autori contemporanei, per la costruzione del volume Temi intorno a grandi domande che sono proprio quelle che girano nella mente dei bambini tra i 9 e i 10 anni, e per un autentico dono: il volumetto di poesia curato da Silvia Vecchini, e, per la grafica, da Sualzo. Un libro nel libro bellissimo anche da vedere: lusso sfrenato, nel mondo dell’editoria scolastica. Quando abbiamo aperto Temi I bambini hanno trovato da soli, immediatamente, i collegamenti con i libri che conoscevano: “C’è Matita HB!” “C’è pure Il dito magico di Roald Dahl!” “C’è la copertina dei libri!”. Le brevi sezioni Consigliati per voi che punteggiano il volume sono, a mio parere, un’idea straordinaria nella sua semplicità. A più voci è un libro di testo che parla con i libri non scolastici: quelli che qualcuno ha letto, che si possono trovare in biblioteca e in libreria, che abbiamo nella bibliotechina di classe. Quelli belli. Quelli che non conosciamo ma ci viene voglia di scoprire perché, se Antonella Capetti e Marta Vitali li hanno scelti per noi, c’è da fidarsi. E la fiducia, per me, che sono il direttore e il componente unico dell’ufficio acquisti della bibliotechina di classe, non si è minimamente incrinata anche quando un paio di libri consigliati non mi sono piaciuti. Un particolare che mi sembra particolarmente significativo sono le riproduzioni delle copertine. È un rimando all’aspetto grafico e alla realtà materiale dei libri che può semplicemente aiutare a ricordarli e riconoscerli in un altro contesto, ma per me insegnante è anche un’ulteriore dimostrazione della credibilità delle autrici: metterci le copertine è un po’ come metterci la faccia. Queste mie parole, il quaderno di poesia, ha acceso subito una conversazione molto intensa. Scrive Silvia Vecchini, in apertura, con parole di poeta: “Che cos’è la felicità?” E la tristezza? Quando ci facciamo più attenti (è questa la disposizione che la poesia richiede), comprendiamo che sono terre collegate fra loro e che non si finisce mai di scoprirle”. “Perché Silvia Vecchini ci dice che il territorio della tristezza e quello della felicità sono collegati?” Ho chiesto. “Io magari sono felice perché mangio il mio gelato preferito, ma poi mi cade sul marciapiede e divento triste” “Oppure quando un adulto ti promette qualcosa e sei felice ma poi non mantiene la promessa; allora è un momento triste.” “Si può passare dalla tristezza alla felicità in un momento”. A questo punto ho cercato di spostare il focus mini-bipolare e far emergere l’idea che la felicità senza la tristezza non sarebbe pensabile, ma, a ricordarmi che orientare una discussione in classe verso un’idea già pronta è una sciocchezza, è intervenuto Huckelberry M., senza aspettare il turno: “Quando sono triste i miei fratelli [maggiori di parecchi anni] cercano di farmi ridere, e poi ci riescono sempre. Ma io non voglio ridere, voglio tenermi la tristezza. Allora vado a nascondermi in un angolo”. Si è scoperto che non è l’unico a fare così. Mi è sembrato bellissimo: ho immaginato che nessuno di loro ne avesse parlato, prima di allora. In questa quarta abbiamo lavorato in classe con il libro di lettura molto più di quanto fossi abituato a fare. Ne sono contento. In passato, per evitare la noia e il dispetto che mi causavano testi banali nel contenuto e scadenti nella scrittura, tendevo a dare le letture come compito a casa, mancando spesso a un lavoro importante: leggere insieme. A più voci mi ha dato gli spunti e la voglia per farlo con regolarità. Le coppie di opposti che scandiscono le diverse sezioni di Temi, come “triste/felice”, “Paura/coraggio” sono potenti stimoli alla discussione. La qualità dei brani di entrambi i volumi di lettura ci ha consentito di lavorare sul lessico o sul livello di comprensione inferenziale (punto di vista maestro), e insieme di confrontare esperienze, desideri, emozioni (punto di vista bambini). Abbiamo letto insieme, e parlato molto, con A più voci tra le mani. So che il libro di quinta è già pronto, da qualche parte, ad aspettarci. Sono contento.

sabato 10 aprile 2021

Dei foglietti, e delle verifiche

Ieri, in classe, c’è stato un momento in cui ho pensato di aver perso “i foglietti”.

“Ma Anto!” si è levato un coro. Le mie bambine e i miei bambini mi conoscono bene, e sanno che a volte mi capita di scordare dove ho messo quella o quell’altra cosa tanto importante.

Già, i foglietti. (Poi, fortunatamente, li ho ritrovati).

Ma cosa sono? E perché sono così importanti?

I foglietti sono il tentativo di dar voce a tutte e a tutti, di permettere a ognun* di dar forma al proprio pensiero, e soprattutto di evitare che ci sia chi si nasconde dietro il “già detto” dei compagni.

In molte situazioni in cui chiedo una riflessione, un suggerimento, una risposta, chiedo a ciascuna e a ciascuno di scrivere: altrimenti la selva delle mani alzate (spesso, le stesse) impedirebbe a chi ha bisogno di più tempo - o, semplicemente, teme maggiormente di esporsi - di contribuire con i propri pensieri all’arricchimento comune.

Invece i foglietti sono quieti. Non generano grosse ansie. Sono semplici fogli bianchi divisi in quattro. Ci si può scrivere a penna, a matita o a pennarello. Si può scrivere tutto quello che viene in mente. Si può cancellare, anche con qualche scarabocchio, si può riscrivere. E lo si può fare senza il timore della valutazione.

A proposito di valutazione: questa volta i foglietti servivano proprio a questo. A chiedere a bambine e bambini dei suggerimenti su come strutturare la prossima prova di verifica sui verbi.

Così, questa è l’ennesima occasione in cui sono davvero curiosa di leggerli, uno a uno, e di ricopiare quel che vi troverò scritto, e di rileggerlo, lunedì, in classe, per poi scegliere, insieme a loro, cosa fare nei giorni che seguiranno.

Il cammino è tutto da costruire, insomma. Ma non saprei fare altrimenti.