martedì 26 marzo 2019

Il gomitolo azzurro




Il gomitolo azzurro, di Silvia Vecchini e Ekaterina Trukhan, La Spiga, è un piccolo libro che subito mi ha fatto pensare, con l’affetto di sempre, alla sua autrice: come lei è semplice, garbato, vero.
Una storia che si dipana, proprio come il gomitolo che i bambini hanno definito protagonista, intorno a due temi che mi pare stiano molto a cuore a Silvia: gentilezza e generosità. Stanno molto a cuore anche a me; forse anche per questo sento una profonda sintonia con chi ne scrive.

Come incomincia:

Isadora abita in una casa nel bosco con la sua pecora azzurra.
Le piace preparare conserve e marmellate che vende in paese col suo furgoncino rosso.
In primavera Isadora tosa la sua pecora e con la lana ricava un enorme gomitolo azzurro.
Isadora ama molto lavorare a maglia.
Un giorno appare in cielo una nuvola scura che annuncia l’inverno.
Il freddo si avvicina. Ma Isadora non ha ancora la legna per il camino.
Andrà a prenderla in paese il giorno dopo.

VECCHINI S. – TRUKHAN E., Il gomitolo azzurro, Eli-La Spiga

Così, dopo aver letto ad alta voce il libro, abbiamo riflettuto insieme su Isadora, nonna che mai nega il proprio aiuto a chi bussa alla sua porta: anzi, lo accoglie e se ne prende cura, senza nulla aspettarsi in cambio. Ho parlato della facilità nel fare del bene a chi amiamo, e della difficoltà (mia per prima) ad essere gentile e generosa con chi non lo ho con me. Ho chiesto loro se conoscessero persone come Isadora; qualcuno ha detto di no, molti hanno pensato ai genitori, o ai nonni; ed è stato bello sentire i nomi di alcuni compagni.

Mi sono detta convinta che chi, come Isadora, è capace di trattare gli altri e il mondo ogni volta nel modo più corretto e giusto, troverà una reciprocità che lo accompagnerà sempre su questa strada, e continuerà a farlo, anche senza alcuna ricompensa.








E poi, con il nostro gomitolo azzurro, abbiamo realizzato le nostre ragnatele dell’amicizia, in classe e sui fogli.












martedì 19 marzo 2019

P di papà


Papà ombrello

papà aeroplano

papà maggiordomo

papà guardiano


papà giostra

papà cavallino

papà tunnel

papà piccolino.


MINHÓS MARTINS I. - CARVALHO B., P di papà, Topipittori





Dal sito della casa editrice:

Un papà è un abilissimo trasformista capace di passare, da un minuto all’altro, da angelo custode a nascondiglio perfetto, da dottore a tunnel... Un papà è un impareggiabile attrezzo multiuso, all’occorrenza sveglia, letto, giostra, ombrello... Un papà è utilissimo per fare un milione di cose: volare, scalare, giocare, cavalcare, ascoltare... Attraverso il testo scanzonato e musicale di Isabel Martins, e il segno elegantissimo di Bernardo Carvalho, un ritratto campionario, affettuoso e gentile, di tutti i papà che possono abitare in un uomo.

Ed eccoli, i nostri papà: solidi come case sull’albero, dotati di superpoteri come veri supereroi, giocosi come aquiloni, ardimentosi e pronti a superare ogni ostacolo come gli scalatori, morbidi come letti, comodi come canotti…


















venerdì 15 marzo 2019

Gatto Felice e i #FridaysForFuture



Cosa c’entra Gatto Felice, di Giovanna Zoboli e Simona Mulazzani, Topipittori, con i #FridaysForFuture?
C’entra, eccome.


Per raccontare alle mie bambine e ai miei bambini le cause, e le motivazioni, della manifestazione odierna, avrei potuto leggere libri sull’ambiente, sull’ecologia, sulla salvaguardia del nostro pianeta.

Avrei potuto leggere libri a tema, libri medicina, libri ricetta.

La ricetta, invece, abbiamo provato a scriverla noi, tanto che un bambino (7 anni ancora da compiere)  ha esclamato: Possiamo smetterla di far usare le macchine ai genitori, che tra l’altro fa anche bene camminare.

Gatto Felice vive in una città in cui è così caldo (ci siamo chiesti come mai?) da dover accendere “tutti i ventilatori, che girano, girano. La città sembra voler volare via da un momento all’altro.

Dove? si chiede Gatto Felice.”

Non sappiamo se sia davvero a causa del gran caldo, o dei ventilatori accesi; com’è, come non è, Gatto Felice guarda “sulla carta del mondo e vede l’India dai templi d’oro, la Cina dai larghi fiumi, la Russia dai gelidi inverni, l’America dai canyon profondi, il Brasile dalle foreste assordanti, l’Africa dai vulcani violetti” e decide che è venuto il momento di partire, mettendo alla prova le ultime due delle sue sette vite, per conoscere i parenti che vivono laggiù
Tutti paiono praticare la gentilezza come unico stile di vita possibile; da ognuno di essi Gatto Felice riceverà in dono, oltre a una squisita accoglienza, un fiore.



D’altro canto, lo capiamo bene: il mondo è così bello da farci sentire profondamente il desiderio di conoscerlo e girarlo in lungo e in largo. 

Già, il mondo è bello. Ma fino a quando?

Chiedo ai bambini cosa pensano sia possibile fare, con le loro “piccole” scelte quotidiane, per mantenere il nostro pianeta, l’ambiente in cui viviamo, bello e sano il più a lungo possibile. E non solo per noi, ma anche per chi verrà dopo.

Si può, quando si trova una spazzatura per terra, o anche solo qualcuno ha buttato la spazzatura, tu o glielo dici e gliela fai raccogliere, o gliela butti, così si può cercare di non inquinare più l’ambiente.

Possiamo fare tanti cartelli con scritto chi butta per terra le cose sporche tipo la plastica che inquina, di raccoglierle e di non buttarle.

Noi, se per caso mentre andiamo a scuola, se qualcuno ha il cane e viene a scuola con il cane, può buttare la spazzatura che trova per terra nel cestino.

Possiamo raccogliere tutti un giorno tutte le cartacce che ci sono in giardino.

Possiamo dire alle altre persone di non buttare le cose in acqua, perché alcuni animali sono in via di estinzione.

A meno che non interveniamo in tempo prima che muoiano.

Possiamo far crescere di più le piante: dobbiamo piantare i semi a terra, un po’ li dobbiamo innaffiare, e poi crescono gli alberi e va via l’inquinamento.

Dobbiamo bagnare tutte le piante della scuola.

Pulire le acque dove ci sono le immondizie… quelle del mare.

Non buttare le cartacce per terra.

Tenere sempre pulita la classe, mettere sempre le sedie in ordine, riordinare sempre il banco.

Quando siamo al parco non raccogliere i fiori se no muoiono. 

Tirare su le cacche dei cani, perché sporcano l’aria... e le scarpe quando le schiacciamo.

Non sprecare i fogli, perché se no tagliano gli alberi.

Non buttare mai le cose da mangiare, tipo se tu butti le cose intere è come se tu butti 5 euro di carta.









lunedì 11 marzo 2019

Sam e Dave scavano una buca


Quando, un paio d’anni fa, Pearson mi ha chiesto di collaborare alla scelta dei testi per Scintille, il libro di lettura di classe 1^, mi ha fatto davvero un grande regalo.

Oggi è bello, con le mie bambine e i miei bambini, ritrovare i brani tratti dai libri che più amo, veri capolavori della letteratura per l’infanzia, che ogni giorno porto in classe perché possano davvero essere gustati dalla prima all’ultima parola, nel pieno splendore delle immagini che concorrono a fare, di un libro, un gran bel libro.
Un libro come questo.




Sapevo bene che M. lo adora. Non ha perso occasione per dirmelo, nel corso di questi mesi, e per chiedermi: “Quando ci leggi Sam e Dave scavano una buca?”

Così, quando venerdì l’ho tolto dalla borsa, l’ho guardato con complicità. Lo stesso sguardo che lui ha ricambiato, sorridendo e ripetendo, ancora una volta: “È il mio libro preferito”

Con la stessa complicità, gli ho chiesto di non anticipare nulla ai compagni, per non svelare via via le sorprese che il testo e le immagini avrebbero riservato. Ha annuito.

E poi è stato bello guardarlo, e ascoltarlo, mentre con gli altri interveniva durante la narrazione: “Ma no, non fermatevi!” “Continuate a scavare!” “Non girate!”

È così bella, l’empatia bambina, quella che fa condividere emozioni e sentimenti dei protagonisti, li spinge, li accompagna, li sostiene; mi pare la stessa che provoca in ogni lettore, anche adulto, quel senso di coinvolgimento totale con la narrazione che avvince, e che a volte non vorremmo lasciare, e che a volte si identifica con il senso di perdita che si prova al termine di un libro particolarmente amato.

Sam e Dave, dunque, nel tempo della storia sono stati davvero due di noi: due amici a cui abbiamo tentato di dare il consiglio giusto, per scovare quelle gemme, sempre più grandi, che ogni volta mancavano per un soffio.

Il bello della storia, però, è che non si conclude affatto con un senso di delusione: perché i due hanno in ogni caso vissuto qualcosa di “abbastanza spettacolare”, che era ciò che desideravano fin dall’inizio.

E noi ci siamo divertiti, poi, a trovare in ogni parola letta le sillabe CA e CO, e a urlarle tutti insieme, in un gioco che sempre diverte e insegna.



Come incomincia:


Lunedì Sam e Dave scavano una buca.

“Per quanto dovremo scavare?” chiede Sam.

“Abbiamo una missione da compiere” dice Dave.

“Non ci fermeremo finché non troveremo qualcosa di spettacolare.”

La buca diventa così profonda che finiscono sottoterra da capo a piedi.

Ma non hanno ancora scoperto niente di spettacolare.

“Dobbiamo continuare a scavare” dice Dave.

Così continuano a scavare.

Marc Barnett – Jon Klassen, Sam e Dave scavano una buca, Terre di mezzo


giovedì 7 marzo 2019

Cappelli, pensieri, bugie



Mi è piaciuta la storia dell’orso, la prima pagina, perché il coniglio con il cappello guardava l’orso e l’orso guardava lui negli occhi e poi si è mangiato il coniglio.
No, l’ha schiacciato…
Non si sa.
No, ha detto Io non mangerei mai un coniglio, e quindi vuol dire che l’ha mangiato…
No, vuol dire che ha mentito.
Mentire vuol dire dire una bugia, dire una cosa che non era vera.




Ma l’orso non sta mentendo, perché non ha mangiato il coniglio, l’ha schiacciato, guarda la sua codina…
No, è una foglia…
Ma le parole dell’orso non sono rosse!
Forse ha scavato una tana, il coniglio, sotto il sedere dell’orso, per scappare.



Ci sono poche cose più belle delle risate dei bambini.

Forse soltanto la possibilità di ascoltarne i pensieri, il loro dipanarsi, concatenarsi, mutare forma e direzione: e questo è ancor più vero, e concreto, all’interno di un gruppo, dove ci sono svariate possibilità di ascoltare, riconsiderare, confrontare i propri pensieri con quegli degli altri.

Ieri ho portato a scuola tre albi di Jon Klassen, zoolibri.
Le bambine e i bambini si sono stupiti che leggessi loro tre libri, uno in fila all’altro.
Non succede mai; e proprio per questo è bello, a volte, sovvertire la routine.




Ho letto prima Voglio il mio cappello!, l’albo d’esordio; di seguito Questo non è il mio cappello e per finire Toh! Un cappello!

Li ho letti tutti e tre. E alla fine molti bambini e bambine avrebbero voluto che li leggessi di nuovo.

Così, quando ho chiesto loro quale libro avessero preferito, e perché, ancora una volta alcune risposte mi hanno mostrato in modo quasi trasparente i processi che hanno generato i rispettivi pensieri:

A me è piaciuta la storia Questo non è il mio cappello! perché era molto divertente, perché il pesciolino sapeva dove andare, ma non sapeva che dietro di lui c’era il pescione a cui aveva rubato il cappello.







Mi è piaciuto quando il granchio ha indicato la via al pescione.


Quando il pesce non ha trovato il suo cappello ed è rimasto sorpreso, e il granchio gli ha detto che il pesce piccolo che gli ha rubato il cappello era andato a destra, gli ha detto la direzione.
Per forza, aveva paura e gliel’ha detto prima che lo mangiava.



Mi è piaciuta la parte dove il pesce diceva: Qui non mi troverà mai! Ah, ah, ah!

Quando il pesce grande stava cercando il pesce piccolino, quello che gli ha rubato il cappello, perché a me piace tanto giocare a nascondino e mi sembrava un posto bellissimo per nascondersi, perché così non mi troverà mai nessuno. “Sto andando dove le piante crescono più grandi, più alte e più fitte. È davvero difficile vedere qualcosa lì dentro.”




Quando le tartarughe se ne stavano andando dal cappello ma una lo voleva portare via con sé. Lo capivo perché aveva gli occhi puntati al cappello.
Quando le tartarughe si stavano guardando.
Quando la tartaruga voleva riprendersi il cappello tutto per sé.