martedì 28 novembre 2017

La mia pelle


Io sono  nella mia pelle,
io  sono la mia pelle, quando si fa male,
io sono lei e mi faccio male insieme a lei.
Quando io piango lei è triste,
quando la mia pelle piange, io sono triste.
Con la mia pelle convivo ogni giorno,
e da quando sono nato
lei mi protegge.

Per la mia pelle farei di tutto,
perché non vorrei mai rimanere senza pelle.
Con la mia pelle ho vissuto delle avventure fantastiche,
e ne vivrò molte altre.

Io senza la pelle non sarei
niente.
G., dieci anni






Dalla mia pelle io derivo.
Nella mia pelle ci sono io
fuori sempre io.
Con la mia pelle io gioco e mi diverto.
Sulla mia pelle cicatrici e ferite
si accumulano.
Tra me e la mia pelle non c’è
niente.
Della mia pelle ho poco da raccontare
ma so che non mi lascerà mai.
Alla mia pelle io do opportunità di movimento.
La mia pelle è come quella di qualcun altro
solo che è la mia e per me è speciale.
La mia pelle è la mia pelle e io sono io.

S., dieci anni





Alla mia pelle è successo qualcosa
circa dieci anni fa, tutto era buio,
quando all’improvviso ho visto una luce
e la mia pelle si è schiarita.
Un giorno ho sentito nella mia pelle un battito
e ho capito che quel battito mi faceva vivere.
Con la mia pelle vado dappertutto
non la lascio mai.
Tra la mia pelle e me c’è un liquido rosso,
rosso come il fuoco, rosso come la lava
quando entra dal vulcano
e quel vulcano è il cervello.

A., dieci anni




Prendi una tra le tante, magnifiche poesie di Giusi Quarenghi contenute nel libro 


E sulle case il cielo



Topipittori 

La mia pelle. Ancora
non riesco a capire
se finisco sulla pelle
o se sulla pelle
comincio
Mi contiene
la mia pelle mi protegge ma
appena qualcosa la tocca io
sono lì sulla pelle
a sentire
Io sono dentro
chi bacia la mia pelle bacia me
Io sono fuori
se la mia pelle si ferisce
io sono ferito. Io sono dentro
sono quello che non si vede
Io sono fuori, sulla mia pelle
vado incontro al mondo
Nella mia pelle incontro te
Nella tua pelle
Giusi Quarenghi, E sulle case il cielo, Topipittori

Leggila ad alta voce ai ragazzi un paio di volte. La seconda, soffermati su alcune parole semplicissime: sulla, nella. 
Sono preposizioni articolate, dicono i ragazzi.
Scrivi alla lavagna tutte le preposizioni (articolate o accompagnate dall’articolo determinativo) che si possono anteporre alla parola pelle:
della mia pelle
alla mia pelle
dalla mia pelle
nella mia pelle 
[…]
Poi di’ ai ragazzi di scrivere per 20 minuti sul taccuino, facendosi suggestionare dai versi della poesia o dagli incipit scritti alla lavagna.
Intanto, scrivi anche tu per 20 minuti.
Leggi loro ad alta voce quello che hai scritto, poi ascolta, insieme ai compagni, almeno una frase, un brano, o tutto quel che hanno loro.
Dai loro il tempo per ricopiare, in tutto o in parte, quel che han scritto sul quaderno.

Porta a casa i quaderni, fingi di non vedere alcuni errori e beati delle loro parole.









La mia pelle è liscia e piena di nei, la mia pelle si fida di me, la mia pelle è straordinariamente bella. Mi piace la mia pelle perché è fiduciosa; quando piango piange anche lei e quando cado io e la mia pelle ci alziamo subito. Nella mia pelle si trova il sangue che mi dà la forza per vivere. Sulla mia pelle si trova la penna con cui sto scrivendo questo testo. Fra la mia pelle si trovano le ossa che sostengono il mio corpo.
F. dieci anni


La mia pelle in estate è molto scura, in inverno invece è abbastanza chiara.
Alla mia pelle ne succedono di ogni colore.
Con la mia pelle ci passo tutte le mie giornate.
Per la mia pelle faccio il possibile per curarla.
Tra la mia pelle ci sono dei segreti che non dirò mai a nessuno.
Sulla mia pelle ci sono molte cose come: batteri, peli, polvere, segni e cicatrici che ci saranno per tutta la mia vita.
La mia pelle è la mia pelle e io sono io.

E., dieci anni



La mia pelle è un album di fotografie perché la mia pelle sostiene i ricordi dei miei incidenti.
Dalla mia pelle escono emozioni di cui alcune volte vado fiero.
Sulla mia pelle scivolano le piccole gocce della pioggia.
Nella mia pelle c’è un colore più scuro degli altri.
Con la mia pelle posso toccare l’altra gente.
La mia pelle è me e io sono lei.

J., dieci anni



Con la mia pelle io sento tutto, anche un lieve soffio di vento che mi si poggia sulla spalla.
Alla mia pelle ogni giorno regalo acqua e sapone.
[…] Ogni cicatrice o segnetto sulla pelle ti racconta la tua infanzia.

La mia pelle dice quello che io non voglio e che tengo dentro, ma qualche volta fa bene e non ci fa andare nei casini. 
La mia pelle ha dei segreti come me e che non dirà mai a nessuno.

La mia pelle è delicata, soprattutto quella del collo.
Dalla mia pelle mi aspetto meno ferite che mi possano fare male, tanto male e piangere.
Nella mia pelle ci sono brividi e colpi di freddo.
Nella mia pelle c’è il mio passato.


La mia pelle mi segue,
 in tutto quello che faccio.
La mia pelle tocca quella degli altri, 
ogni cosa che faccio lei tocca, tocca e tocca ancora.
La mia pelle delle volte è stupenda, altre proprio no.
[..]
Adesso la mia pelle sta toccando la penna e la penna tocca il taccuino ed è bella questa catena.


La mia pelle è fuori dal mio corpo, il mio corpo è dentro la mia pelle.
[…]
Per me la mia pelle è la più grande difesa che abbiamo.




La pelle ti appartiene e non puoi scambiarla.
La pelle è un desiderio della mamma appena nasci.
La pelle non va maltrattata, la devi curare, come le ferite.
Sulla pelle abbiamo molti segni e cicatrici, questi sono ricordi.
La pelle è la cosa più importante.

S., dieci anni



La mia pelle ha provato emozioni mie.
La mia pelle ha ricordi piacevoli che ho toccato.
La mia pelle sa tutto di me.
La mia pelle ha l’inchiostro di penna della scuola.
La mia pelle ha le impronte digitali e le unghie.
La mia pelle sa che dentro di lei ci sono io.

S., dieci anni



Fra la mia pelle e me non c’è niente, con la mia pelle gioco, sulla pelle sento graffi.
Dalla mia pelle nasco, dalla mia pelle cresco, dalla mia pelle io sento dolori.
Nella mia pelle bolle sangue, tra la pelle e il mio cuore ci sono strati.
Mi sento nella pelle e lei in me.
Nella pelle io capisco le cadute segnante e non me ne pento.
Nella mia pelle sento calore. Nella mia pelle io vivo, ci son nata.
Con la pelle faccio cose, nella mia pelle mi trovo bene.
Questa poesia la dedico alla mia 
pelle che mi sostiene e non mi
ferisce mai.
La mia pelle è una parte di me.

S., dieci anni

 


La mia pelle ne sa più di me.
[…]
La mia pelle mi distingue dagli altri.


La mia pelle è nata in una pancia, formata da piccole molecole. Da quella pelle sono nata io, e quel pianto che avevo era la mia pelle attaccata a quella della mamma.


La nostra pelle
è come l’atmosfera
che protegge
il nostro pianeta.


Dalla mia pelle imparo molte cose che non sapevo.
La mia pelle mi forma, ma si sporca.
La mia pelle soffre.


Nella mia pelle salto, gioco e mi proteggo, anche se ogni cosa che tocca la mia pelle tocca anche me; quindi non sono del tutto riparato, la mia pelle è come un costume che indosso ogni giorno ed p speciale perché come tutte le altre è diversa dalle altre. Però al contrario di un costume mi permette di sentire, mangiare, respirare meglio… è fantastica!


La pelle che ho, a volte, ripeto, a volte, si lascia comandare da me, quando sono a scuola per esempio, ma quando torno a casa crollo […].
Io sono avvolto dalla pelle, e lei avvolge me, io sono dentro la mia pelle, e lei è fuori di me, ogni tanto facciamo pace, ma poi ricominciamo a litigare.


La mia pelle è felicità
La mia pelle è unica
La mia pelle è un ricordo
La mia pelle si consuma
La mia pelle è in viaggio
La mia pelle cresce
[…]


La mia pelle è mia perché su di lei c’è tutta la mia vita. 
[…]
La mia pelle resterà sempre con me anche perché non posso liberarmene.


Io sulla mia pelle faccio dei disegni come dei veri tatuaggi, lo so che rovinano la pelle ma sono belli.



giovedì 23 novembre 2017

Riprendiamoci la scuola


C’è una parola che credo dovrebbe stare al centro dei pensieri di ognuno: è la parola benessere.

Essere bene, stare bene, noi e le persone che sono intorno a noi. Perché il benessere si propaga a cascata, e i suoi effetti benefici durano ben oltre il momento contingente.

Ci penso spesso, tanto più in giorni come questi, in cui pare che molto, intorno, rischi di minacciare questo stato. Mi è stato però insegnato che ogni cosa che accade è anche, prima di tutto, di mia responsabilità. Così, da sempre mi chiedo cosa possa fare io per prima, per garantire benessere a me e a chi mi viene affidato ogni giorno: cosa possiamo fare, noi insegnanti, per noi stessi e per i nostri ragazzi.

E mi vien voglia di ripartire da quelli che recentemente ho chiamato “poteri”: senza enfasi, perché, davvero, sono tutti in nostro potere.

Possiamo sorridere: perché anche il sorriso, come lo sbadiglio, è contagioso.

Possiamo accogliere, perché è nell’accoglienza che si dà relazione.

Possiamo, dobbiamo, nell’accoglienza e nella relazione, essere fermi, e con fermezza agire, parlare, ascoltare, rispondere: perché la fermezza non è rigidità, ma consapevolezza di ciò che si è, dei propri limiti, delle proprie capacità, delle proprie competenze.

Possiamo, dobbiamo, muoverci nell’assoluto rispetto, chiedendolo per noi e per chi vive con noi, e dandolo ad ognuno, senza riserve.

Possiamo pretendere che vengano riconosciute la nostra professionalità e la nostra autonomia, dimostrando in ogni momento di essere pronti a risponderne.

Possiamo, insegnanti e alunni, riprenderci la scuola, che è casa nostra, e farne ogni giorno un luogo di benessere.

mercoledì 22 novembre 2017

Io dico no, ovvero Il ricatto delle ricadute didattiche

Io dico no alle mie idee quando non vanno bene.
Io dico no a me stessa quando sto per fare una cosa che non devo fare.
Io dico no a scelte che avrei preferito non seguire.




Io ci provo. Ci provo davvero.
Mi riprometto che, almeno per una volta, il libro che ho scelto di leggere in classe sarà letto per il puro piacere della lettura, senza nessun altro scopo, nessuna attività, nessuna ricaduta didattica.
Leggo. 
E mentre leggo, ad alta voce, davanti agli occhi e alle orecchie attente delle mie ragazze e dei miei ragazzi, oppure alla fine, quando le parole del libro ancora si riverberano dentro di me, o dopo un paio di giorni, quando ormai sono ben sedimentate, ecco la folgorazione, l’idea a cui non posso rinunciare.

Mi è successo anche con

Klaus e i Ragazzacci

di David Almond, Sinnos (qui la trama del libro)


L’ho letto ai ragazzi in due giorni. E due giorni dopo, ho pensato che sarebbe stato bello chiedere loro di produrre un testo scritto a completamento della frase Io dico no


Questi i due testi collettivi, realizzati unendo una sola frase per ogni ragazza/o:


Io dico no a chi mi chiede sempre il materiale.
Io dico no a chi mi dà fastidio.
Io dico non a chi non sogna.

Io dico no quando ho paura di fare qualcosa.

Io dico no alle persone che sbagliano, per fare in modo che non sbaglino più.
Io dico no alle persone presuntuose.

Io dico no ai bulli.

Io dico no quando credo che un’azione sia sbagliata.
Io dico no quando una cosa è brutta.

Io dico no quando c’è bisogno di andare in mensa.
Io dico no alle persone che si vantano.

Io dico no alle persone che mi obbligano a fare qualcosa che io non voglio fare.
Io dico no ai miei compagni

Io dico no quando non voglio mangiare le cose che non mi piacciono.
Io dico no alle cose che costano molto perché non voglio che la mia famiglia perda la ricchezza.

Io dico no a chi mi vuol far alzare dal divano o dal letto.
Io dico no all’esclusione.

Io dico no ai ladri.
Io dico no ai dispetti.

Io dico no alla guerra.
Io dico no all’odio.

Io dico no a tanti animali.
Io dico a R. C. perché continua a comandare e a lamentarsi degli altri.

Io dico no ad alcuni miei compagni come loro lo dicono a me.
Io dico no quando c’è da dire no.




Io dico no alla gente che mi offre la caramella, soprattutto se non la conosco.
Io dico no quando serve dirlo.

Io dico no all’inquinamento; l’elettricità ci serve, ma ci servirebbe anche un’aria senza smog.
Io dico no alle esplosioni perché sono brutte azioni.

Io dico no quando mi arrabbio.
Io dico no alle persone che credono di essere i capi del mondo e a quelli che si fermano sulla propria strada e si sentono in colpa o di troppo.

Io dico no ai dentisti che ti mettono gli attrezzi in bocca e fanno male.
Io dico no alle mie idee quando non vanno bene.

Io dico no quando mi propongono una cosa cattiva.
Io trasformo la partenza di mio fratello con un “no” di non andartene.

Io dico no alle paure.
Io dico no a chi sporca la natura.

Io dico no alle persone che certe non pensano che faranno del male.
Io dico no alla crudeltà.

Io dico no quando non sono d’accordo, in qualsiasi cosa, con qualsiasi persona.
Io dico no alla guerra che distrugge tutto e tutti.

Io dico no alla morte.
Io dico no alla schiavitù.

Io dico no alla violenza.
Io dico no a chi voglio dire no, dico no a quello che voglio e nessuno me lo deve impedire.

Io dico no all’Isis.
Io dico no alle bugie.

Io dico no a quello che non mi sta bene, cioè quello che penso non sia giusto, come la violenza, i bulli e la guerra.
Io dico no a scelte che avrei preferito non seguire.

Io a volte cerco di dire no alla mamma, per esempio per i compiti oppure per la zucca frullata: non è buona.
Io dico no a me stessa quando sto per fare una cosa che non devo fare.

lunedì 20 novembre 2017

Chi sono io? Io ero e io sono ancora un'inifinità di cose






A scrivere s’impara scrivendo.
Credo molto in questa considerazione. Ci credo al punto che ogni giorno passato senza scrivere con i miei ragazzi, mi sembra un giorno perso.
C’è una produzione testuale quasi obbligata, soprattutto una volta arrivati in quinta. È il testo in cui ci si descrive, si racconta di sé, dei propri gusti, delle proprie passioni.
Mi spaventano sempre un po', le tappe obbligate. È come se le avessimo rivestite, appunto, di un ruolo. E sappiamo bene quanta fatica richieda, conformarsi ad un ruolo.
Così, anche questa volta ho pensato che ci volesse un libro per permettere ai ragazzi di parlare di sé in modo non banale, e soprattutto provando a descrivere i molteplici io che compongono ognuno di noi. Per farlo, ho chiesto aiuto a Rodari.

Da tempo avevo nello scaffale questo agile volumetto



Chi sono io?

I primi giochi di fantasia




di Gianni Rodari, a cura di Carmine De Luca ed edito da Einaudi per la collana ET scrittori

in cui il protagonista Totò, attraverso un’unica domanda posta di volta in volta a persone diverse, si riconosce e costruisce la propria identità di figlio, bambino, fratello, nipote, cugino, scolaro, pedone, passeggero e tante altre cose ancora, tante quante ognuno di noi può immaginare per sé stesso.


Ed è proprio a partire dalle infinite risposte a questa domanda che ogni ragazzo/a ha scritto il proprio testo.



Chi sono io?