lunedì 30 novembre 2020

Proposte per una verifica

Uno degli sforzi più importanti che cerchiamo di compiere quotidianamente è il tentativo di non ridurre la scuola a quel che il distanziamento fisico parrebbe indicare: una sequela di attività da svolgere da soli, in totale autonomia, senza il contributo di ciascuno e di tutti alla costruzione dell’apprendimento comune.
Resto convinta che nessun limite esterno possa condizionarci tanto quanto quelli che noi stessi ci siamo costruiti. Proprio per questo, cerchiamo di confrontarci ogni giorno su quanta parte dei nostri apprendimenti possiamo continuare a costruire insieme.

Così, mi pare sempre necessario riflettere, con bambine e bambini, sulla costruzione delle verifiche, in particolare di quelle relative alla grammatica: decidere insieme quali esercizi inserire e ragionare con loro sulle diverse possibilità ci permette sia di capire cosa sia davvero efficace, sia di prepararci, insieme, per essere il più possibile pronti. Senza dimenticare la necessaria condivisione circa la necessità di differenziare le prove a seconda delle difficoltà di ciascuno.

Ed ecco le proposte delle due classi, su cui, nei prossimi giorni, dovrò ragionare per bene:

·       scrivere tutte le preposizioni e abbinare le parole, collegando quelle che “stanno meglio”

·       collegare la preposizione articolata corretta che si forma unendo preposizione semplice e articolo

·       preparare una tabella vuota in cui inserire le preposizioni semplici, gli articoli determinativi e le preposizioni articolate che si formano

·       piegare il foglio a metà e inserire gli articoli nelle categorie giuste

·       scrivere i nomi e aggiungere l’articolo corretto

·       scrivere nomi che siano accompagnati da l’, un o un’

·       colorare i quadratini che contengono la forma corretta dell’uso dell’apostrofo

·       scrivere su due colonne la preposizione semplice + l’articolo determinativo e la preposizione articolata in disordine, poi colorare allo stesso modo quelle corrispondenti

·       scrivere delle frasi con gli articoli e le preposizioni

 

·       tabella da completare con le preposizioni semplici e articolate

·       scrivere delle frasi aggiungendo gli articoli dati

·       piccolo testo in cui cerchiare con colori diversi articoli determinativi, indeterminativi e partitivi

·       tabella con forme corrette e sbagliate dell’uso dell’apostrofo

·       scrivere delle parole che prevedono l’uso dell’apostrofo che debbano essere riscritte in forma corretta

·       correggere delle frasi in cui ci siano degli errori nell’uso dell’apostrofo

·       esercizio vero o falso

·       scrivere nomi accompagnati da un o un’




 

domenica 29 novembre 2020

Dal ramo al mare...



Ci sono due pagine, dentro questo albo, che ho sentito particolarmente mie.

La prima dice:

Il sole mi insegna che essere luminosi

porta calore agli altri.

Io splendo e sorrido

quando le cose sembrano offuscarsi. 



 

E la seconda:

La terra mi insegna a dare sostegno a chi è attorno a me.

Mi prendo cura dei semi più piccoli, finché le radici

saranno forti e le foglie raggiungeranno il cielo.

Ci sono molte buone cose che possono nascere da me. 



Penso siano due pagine che possano ben raccontare, a noi stessi e al mondo, cosa significhi vivere, e soprattutto farlo accanto a bambini e bambine.

Ci penso da settimane; da quando ho letto, in uno dei testi scritti da bambine e bambini dopo la lettura di La mia scuola ha un nome da maschio, di Susanna Mattiangeli e Augustin Comotto, Lapis, una frase che mi ha molto colpito: Anche in giardino si imparano nuove cose, tipo che le piante hanno bisogno di acqua e sole, che quando scaviamo si trovano vetri e sassi piccoli, medi e giganti.

Ho pensato che è vero: quanto di ciò che impariamo è frutto dell’esperienza che avviene fuori dalla scuola, nel mondo? E quanto può insegnarci la natura, anche su noi stessi?

Così, scoprire e leggere Dal ramo al mare, di Shelley Moore Thomas e Christopher Silas Neal, EDT Giralangolo, è stata una folgorazione.

Così ho letto alle bambine e ai bambini l’albo, e poi ho dato loro il testo, perché potessero scegliere quali versi copiare, e potessero, soprattutto, continuare a scrivere in autonomia: perché davvero “Ci sono molte buone cose che possono nascere da me”: e nessuno – bambine, bambini, ma soprattutto i loro maestri e le loro maestre – deve scordarselo. 

Hanno scritto a lungo, e poi hanno letto ad alta voce quel che desideravano condividere con le compagne e i compagni. E, ancora una volta, ho pensato che la scrittura, per molti, è un dono.

Mi piacerebbe davvero che fosse così, per tutti, ancora a lungo.


I rami mi insegnano che è sempre meglio farsi avanti

non tirarsi mai indietro

anche quando “te borlet giò e te pichet al nas”.

 

Il vento mi insegna a rilassarmi

e con le mani lo catturo.

 

L’universo mi insegna

a essere grande come lui.

Nettuno mi insegna

a fluttuare nello spazio senza paura.

 

La solitudine ti insegna che gli amici

sono più importanti di quello che sembra.

 

I libri ti insegnano

che si può sempre ricominciare da capo.

 

Gli alberi mi insegnano a stare a testa alta.

 

Lo spazio mi insegna il vuoto

e che tutto è possibile se ci credi.

 

Le formiche mi insegnano che

anche se sono piccola

sono più forte di quanto sembra.

 

I lupi mi insegnano

a essere sveglia e di vedetta

per proteggere il mio branco.

 

Le stelle mi insegnano a disegnare,

basta unirle con un dito,

formano un quadro.

 

Mercurio ci insegna che

anche se si è molto piccoli

si può essere molto più veloci degli altri.

 

La parola poi ci insegna

che sempre dopo qualcosa

c’è qualcos’altro.

 

La moda mi insegna

a non mettermi a righe e a pois,

che nella moda vuol dire mettersi in imbarazzo.

 

Le righe mi insegnano la geometria.

 

I fiori mi fanno ricordare che ogni giorno

mi devo mettere sempre il deodorante sotto le ascelle.

 

I fiori mi insegnano a crescere.

 

Le case mi insegnano a essere forte.

 

Il fiore mi insegna che non ha importanza

se sei brutta o se sei bella.

 

Gli alberi mi insegnano a tenermi fermo,

immobile, alto o basso.

 

L’acqua mi insegna che basta essere calmo

quando vorrei esplodere di rabbia.

 

I semi mi fanno imparare

che si può crescere.

 

Una casa mi fa imparare

a costruire ricordi.

 

La scuola mi insegna

quello che non sapevo.

 

Il mondo mi insegna che nessuno è perfetto

neanche il mondo è perfetto.

 

lunedì 16 novembre 2020

La mia scuola vera

“La mia scuola è sempre stata lì ferma a guardarci, sempre come adesso, ci guarda come giochiamo insieme e anche noi la guardiamo felici.”

“La mia scuola ha un odore magnifico di terra bagnata. La mia scuola ha un odore buonissimo di amicizia come il mio amico che mi fa tanto ridere.”

“Si possono studiare le cose più grandi del passato e le cose più piccole. La mia scuola non puzza mai, anche se c’è il coronavirus. Per quanto è bella, il tempo passa velocissimo. A volte ti sembra che certe ore durino tantissimo, invece a volte durano pochissimo.”

“Alcune volte quando usciamo sembriamo dei leoni in gabbia oppure scimmie; alcuni sono dei bradipi a fare merenda, però li fanno uscire lo stesso, e quando usciamo in giardino qualcuno “borla giò”.




 A scrivere s’impara scrivendo… e, aggiungo, soprattutto leggendo.

La lettura dell’albo di Susanna Mattiangeli e Agustin Comotto, La mia scuola ha un nome da maschio, Lapis, ci è servita da ispirazione per raccontare la nostra scuola in modo affettuoso, divertente, personale.




Certo, una produzione scritta di questo tipo (senza una traccia, né le domande guida o un’indicazione precisa e puntuale da parte dell’insegnante) può correre il rischio di risultare disorganica: e però, pensavo, le bambine e i bambini sono a inizio terza (con un intero quadrimestre della seconda perso in presenza), e in questo momento mi pare prioritario, e necessario, privilegiare l’espressione originale, non stereotipata dei loro pensieri rispetto ad un’adesione formale a un modello dato, soprattutto se l’argomento è la scuola. Quella scuola tanto viva, concreta e presente, che tutti, a partire dai più piccoli, stiamo cercando di preservare, a costo di mille fatiche e sacrifici.

Così, ognuno ha scritto le proprie osservazioni e riflessioni, che spaziano dalle descrizioni del giardino a quelle dello spazio interno, dagli odori della scuola (amicizia e terra bagnata) alle maestre che urlano come pazze quando in giardino si accendono i litigi, dai tentativi di chiacchiere e giochi, subito sedati dall’insegnante che ti becca, alla definizione di scuola accogliente, che però lo è un po’ meno se ti dimentichi il materiale…

Insomma, uno spaccato vivo, realistico e non edulcorato della nostra vita quotidiana, che ho cercato di restituire alle bambine e ai bambini di ciascuna classe in un testo collettivo che raccogliesse almeno un pensiero, una frase di ciascuno. Perché le loro voci si sentissero tutte, forti e chiare, e potessero concorrere a raccontare quella scuola di cui tanto abbiamo bisogno.

 

La mia scuola

La mia scuola è forte, bella e felice, è un luogo dove si può imparare, ascoltare ed essere felici, come quando accade qualcosa di grande. È grigia e arancione, ma io vorrei che fosse verde come il muschio.

Quando la maestra arriva in classe, la mia scuola è silenziosa, invece a volte è rumorosa. È un po’ fracassona perché gridiamo e a volte interveniamo inutilmente. È anche bella; di mattina sembra un castello bellissimo.

Quando entriamo facciamo le gare, e chi arriva per primo urla: “Evviva!”, a volte qualcuno cade e si sbuccia le mani. Di mattina entriamo tutti insieme, certi felici, tristi, insicuri o innamorati, ma la nostra scuola ci rende sempre felici. Certi arrivano dopo, quando la scuola ha già suonato la sua amica campanella, allora si beccano una sgridata dalla maestra, intanto che noi sistemiamo lo zaino. Poi iniziamo la lezione: mentre la maestra parla, noi cerchiamo di chiacchierare, ma ci becca sempre. “Qualcuno ha dimenticato il materiale?” dice la maestra. E qualcuno lo dimentica sempre. La mia scuola a volte è accogliente, ma quando ti accorgi di aver dimenticato qualcosa non lo è.

Quando sono in classe faccio tante cose belle. Facciamo tante materie: matematica, scienze, geografia, religione, musica, italiano, arte e storia. Si possono studiare le cose più grandi del passato e le cose più piccole. La mia scuola non puzza mai, anche se c’è il coronavirus. Per quanto è bella, il tempo passa velocissimo. A volte ti sembra che certe ore durino tantissimo, invece a volte durano pochissimo.

La mia scuola dentro è molto grande e ha due piani; in ognuno ci sono cinque aule. Da fuori si sentono i lavori e il trapano che fa tututututututu.

Nella mia classe siamo in 22, 11 maschi e 11 femmine. Ci sono alcuni innamorati: io lo so, ma non lo dico.

Abbiamo cinque maestre e due maestri. Ci sono maestre e maestri gentili e bravi a insegnare tutte le materie, e compagni e compagne gentili e socievoli, e per questo io la amo con tutto il cuore. Quando la maestra spiega, io porto una penna e con il righello ci faccio una pistola e ci gioco.

Nelle aule ci sono due computer, una lim, tre mobili chiusi e tre con i ripiani aperti, l’orologio, il calendario, il cestino e il cestino per la carta, la mappa del mondo ma non tutto, 24 banchi, 25 sedie di cui una della maestra e la cattedra.

La mia scuola ha un giardino bellissimo e grandissimo, in inverno c’è la brina dappertutto, in autunno ci sono tantissime foglie, in primavera ci sono un sacco di margherite bianche con sfumature viola.

All’intervallo scendiamo dalle scale e quando la maestra ci dice: “Potete andare” noi corriamo veloci e andiamo a giocare. Alcune volte quando usciamo sembriamo dei leoni in gabbia oppure scimmie; alcuni sono dei bradipi a fare merenda, però li fanno uscire lo stesso, e quando usciamo in giardino qualcuno “borla giò”. Fuori ci scateniamo e chiediamo alle maestre se vengono a vedere quello che abbiamo fatto. Ogni volta dicono: “Che bello!” e fanno una foto per conservarlo, così non si dimenticheranno mai di noi.

All’intervallo se senti un’esplosione siamo noi. A volte giochiamo a quello, alcune volte a quell’altro e alcune volte giochiamo a cose senza senso, ma solo perché siamo pieni di fantasia. Noi prendiamo i sassi mentre la B ce li ruba e noi, quando vanno via, li riprendiamo e li nascondiamo.

La mia scuola ha un giardino così grande che potrebbero starci tantissimi elefanti. Possiamo costruire palcoscenici, hotel per insetti, decorazioni per i pini e buche dove tutti inciampano. Alcuni bambini giocano con i sassi come se fossero meteoriti e uova di dinosauri.

Dopo l’intervallo cambiamo maestra: alcune si arrabbiano e altre sono tranquille, ma siamo tutti amici e alcuni gemelli.

Ogni tanto alcuni fanno gli scherzi, ma se devo essere sincera ogni tanto mi fanno ridere. C’è la mensa dove andiamo a mangiare e ogni tanto le maestre ci sgridano perché chiacchieriamo con la voce troppo forte. Quando andiamo a casa, i bidelli trovano sciarpe, giacche e felpe.

Il venerdì facciamo il prestito dei libri, cioè scegliamo un libro e lo portiamo a casa da leggere, ma se non lo riportiamo entro il venerdì successivo non possiamo prenderne un altro.

C’è una cosa che rende speciale la nostra scuola: noi!

Classe 3^A

 

La mia scuola

La mia scuola è a Carimate ed è bellissima. È bella e calda e ogni giorno mi devo alzare alle 7:00 per andarci. È normale come tutte, è bella, con tante classi, alta e cicciotta; ha un giardino enorme, ha gli alunni. Quindi non le manca niente.

La mia scuola ha un odore magnifico di terra bagnata. La mia scuola ha un odore buonissimo di amicizia come il mio amico che mi fa tanto ridere.

Ha un enorme giardino con un campo da basket, una fontanella e molti alberi. Ha due piani, o forse tre se ha la soffitta. La nostra scuola è molto grande perché ci sono tante classi e poi abbiamo una palestra enorme, perché se corriamo ci serve tanto spazio, altrimenti ci scontriamo.

La mia scuola inizia alle 8.15 e finisce alle 16.30 se abbiamo il rientro, altrimenti inizia sempre alle 8.15 e finisce alle 12.45. La scuola a giornata corta dura 4 ore e 30 minuti, mentre la giornata lunga dura 8 ore e 15 minuti. Ogni giorno qualcuno dimentica qualcosa e così inizia la polemica del mattino.

Noi in tutto siamo 19. I maschi sono 12, mentre le femmine sono in 7. Povere femmine che sono in poche. Ricchi i maschi che sono in tanti!

A scuola si studiano molte cose, come i dinosauri, italiano, matematica e scienze. La scienza è molto importante perché si studiano gli oggetti solidi, liquidi e i gas. In italiano si scrive tanto: a me piace scrivere tantissimo e si impara anche il corsivo. La cosa più importante di quest’anno è l’amicizia e gli amici. La mia scuola è divertente, scherziamo perché siamo tutti amici: alcuni vengono da un altro paese, altri sono italiani.

Si possono fare tante cose: si può giocare fuori e alcune volte devi fare lezione, ma se c’è giornata lunga hai due intervalli e quando facciamo lezione impariamo nuove cose che non avevamo mai sentito. Ci divertiamo tutti insieme e impariamo nuove cose in classe. Anche in giardino si imparano nuove cose, tipo che le piante hanno bisogno di acqua e sole, che quando scaviamo si trovano vetri e sassi piccoli, medi e giganti. Quando usciamo in giardino iniziamo a scavare e a fare le mura, troviamo i sassi, alcune volte facciamo le guerre ma poi facciamo pace. Oggi all’intervallo come ogni giorno giocheremo alle basi segrete, che segrete non sono.

Quando usciamo a volte andiamo a guardare tra le tane che tutti hanno fatto con il lavoro di squadra e giustamente il giorno dopo la miglioriamo, prendendo più sassi e bastoni, con cui scaviamo, mentre con i sassi piantiamo i bastoni.

Abbiamo un giardino enorme e anche se non possiamo giocare con la palla possiamo inventare nuovi giochi come fare le basi segrete, scavare, raccogliere sassolini e anche sassi grandissimi. Quando c’è la ricreazione sembra che tutti dopo vadano in guerra: mangiamo come dei predatori selvaggi.

La cosa bella è che in giardino tutti i bambini hanno una base ciascuno e alcune volte facciamo la guerra perché ci rubiamo i sassi, i bastoni che ci servono per scavare e la corteccia che invece ci serve per fare i lavoretti. Io non voglio mai andare via, ma poi tutti entriamo.

La mia scuola è bella perché ci fa vivere tante emozioni, trovare nuove amicizie e fare giochi nuovi come: acchiapparella, nascondino, fare un mucchio di foglie e saltarci dentro. Ci sono bambine e bambini che in mensa chiacchierano fra loro, si siedono vicini e in giardino si scatenano. In mensa si mangiano cose buone, non tanto buone e alcune volte il cibo non mi piace proprio. Nel dopo mensa ci divertiamo molto, tranne quando le maestre urlano come delle pazze e ci dicono: “Bambini, non rubatevi i sassi e i bastoni altrimenti risaliamo in classe!”.

Il venerdì facciamo il prestito così possiamo scoprire nuovi libri e li leggiamo ad alta voce alla mamma e al papà. È un peccato che mio fratello è a casa, quindi io vado a scuola ma mio fratello no perché fa le video lezioni.

Alla fine dell’anno andiamo in vacanza e forse anche la scuola si riguarda i nostri lavori e si ricorda tutti i momenti passati insieme, poi torniamo a scuola e allora è felice perché torniamo da lei. La mia scuola è sempre stata lì ferma a guardarci, sempre come adesso, ci guarda come giochiamo insieme e anche noi la guardiamo felici.

Classe 3^B

giovedì 12 novembre 2020

La mia scuola ha un nome da maschio

La mia scuola ha un nome da maschio: si chiama Goffredo Qualcosa. io però la chiamo scuola e quindi è femmina. Chissà che cosa fa quando non ci siamo. Chissà se rimane ferma tutto il tempo ad aspettarci. Noi no, noi ci muoviamo sempre e la mattina la troviamo al solito posto. Qualcuno arriva per primo, mentre gli altri entrano tutti insieme di corsa. C’è chi è in ritardo anche oggi e la scuola gli apre lo stesso il portone, ma è l'ultima volta.

I genitori la guardano da fuori, parlano sempre tra loro e vanno via; i maestri invece stanno lì e la vedono da dentro. Noi non ci fermiamo a guardare, mentre i bidelli ci dicono che non si corre per le scale.

La mia scuola è di quelle normali, con un cancello e i disegni appesi. Alcune invece sembrano torte, altri scarponi; ce ne sono fatte di terra, di pietra, di fango o di marmo. Ci sono scuole morbide e comode o dure che pungono. Strette e alte o basse e larghe. La scuola però può essere tutta diversa: a volte è un albero e basta, o una strada, o un muretto.

Susanna Mattiangeli – Agostin Comotto, La mia scuola ha un nome da maschio, Lapis

 

La mia scuola mi piace così tanto che il lunedì sono felice che inizi una nuova settimana. Di questi tempi, tutte le mattine mi sveglio e una delle prime cose che penso è: “Che fortuna, anche oggi possiamo andare a scuola!”.

La mia scuola ha un enorme giardino, in cui ci riversiamo all’intervallo e nel dopo mensa. Da settembre, non possiamo più mischiarci con le altri classi, così lo spazio è diviso a settori, ogni classe ha il proprio, ci gioca e lo colonizza, che vuol dire che ogni foglia, ogni sasso, ogni ago di pino, ogni insetto o lombrico è di proprietà di quella classe, e se per caso uno di un’altra classe fugge con un sasso o una foglia, ci sarà sempre qualcun altro che urla: “Ce l’ha rubato!”.

La maestra

 

Da quest’anno, a scuola, c’è una nuova materia: si chiama educazione civica e, si sa, non è nuova per niente, un po’ perché si faceva già anni e anni fa, ma, soprattutto, perché alcuni insegnanti la fanno tutti i giorni, a lungo, più volte al giorno.

La differenza? Che bisogna quantificarla (33 ore all’anno), giocarsela ai dadi tra docenti di diverse discipline, progettarla e, soprattutto, ahimè, valutarla.

E che differenza ci sarà tra la valutazione del comportamento e quella di educazione civica? Dovremo fare le verifiche, test di comprensione, a risposta multipla e/o aperta? E se uno/a mena il compagno ma conosce tutte le risposte, in educazione civica avrà dieci (o, pardon, eccellente)?

Insomma, i quesiti aperti sono molti, e naturalmente passeranno anni prima che si riesca a dar loro risposte sensate; nel frattempo, un’altra riforma ci arriverà tra capo e collo, tingendo di nuovo quel che, per molti, a tratti odora d’antico: e il profumo non è detto sia sempre gradevole.

In ogni caso, noi educazione civica la incominciamo da qui, dalla lettura di questo libro di Susanna Mattiangeli e Agustin Comotto. Perché, che la scuola sia un diritto, oltre che un dovere, tocca proprio tenerlo a memoria…