venerdì 11 novembre 2016

Della festa



Forse un giorno, neppure poi così lontano, si riuscirà a rendere, per chi non c’era, una sensazione, un’emozione intensa. 
Mi spiace che oggi non sia già quel giorno: perché vorrei poter mostrare cosa significa leggere in classe a 26/28 ragazzi un brano magnifico, e vederli, sentirli letteralmente pendere dalle tue labbra.





"Non avevo un solo capo di vestiario scelto da me.
Ma avevo un vestito preferito. Secondo la mamma non era proprio della festa. Secondo me, era la festa fatta vestito, la mia festa.
Azzurro, con sottili righe bianche che si incrociavano a fare quadri di un centimetro di lato. Scollo a vi, non si diceva a vu, maniche a sbuffo e gonna a balze, tre, segnate ognuna da un giro di pizzo traforato, nel quale correva un nastrino di raso azzurro cielo, capo e coda si incontravano in un fiocco.

[…]
E al vestito la zia aveva aggiunto un golfetto color ghiaccio, con chiusura incrociata in vita. Color ghiaccio: non bianco ma bianco, non azzurrino ma azzurrino, non verdino ma verdino. Un colore fatato. Bello da togliere il fiato, insieme al vestito bianco celeste. È un colore che rivedo negli inverni molto freddi, sulla strada degli orridi che mi riporta in valle, quando gela e l’acqua che scorre sulle rocce ghiaccia, fino ad accumulare immobili cascate di ghiaccio. E lo rivedo in quota, anche d’estate se l’inverno è stato molto nevoso, nello strato di neve ghiacciata che ricopre i torrenti nella parte alta del corso, dove l’acqua si libera.
Aveva qualche nota di eccessiva frivolezza per la mamma, il vestito celeste. Me lo lasciava mettere troppo poco rispetto a quanto io avrei desiderato.

[…]
Io oggi sono il cielo che nevica azzurro e ghiaccio. Se solo potessi camminare con i piedi in mano. Ma oggi io sono la regina, faccio quello che voglio, e il cielo è con me."

QUARENGHI G., Io sono il cielo che nevica azzurro, Topipittori




E dopo una lettura così, quant’è più facile scrivere un testo!
















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