mercoledì 6 settembre 2017

Intrecci, lentezza, cura



Già durante l’estate, Intrecci, tema del nostro progetto annuale, è stato motivo di progettazione, confronto e scambio, ben oltre i confini dei due plessi di scuola primaria in cui i miei colleghi ed io lavoriamo.

I social, ed in particolare Facebook, offrono la stimolante opportunità di creare gruppi secondo i più svariati criteri: da qualche anno, faccio parte di alcuni di essi, che hanno come nucleo essenziale la riflessione e la condivisione di attività legate all’insegnamento della lingua italiana nelle diverse classi di scuola primaria. Così, quando un paio di mesi fa ho condiviso in alcuni di questi gruppi il nostro tema, accompagnato da una bozza di progetto stesa con una collega, sono cominciati i primi scambi tra persone fisicamente lontane, ma unite da un lavoro e, soprattutto, da interessi e intenti comuni.

Questo scambio costante e fruttuoso ha generato un arricchimento del progetto iniziale e, soprattutto, una ricca bibliografia di albi, fiabe e letture, più una sitografia con rimandi agli intrecci negli ambiti più svariati e interdisciplinari possibili.

Ma il seme, acquistato tempo fa in una libreria/serra e riposto con cura in uno scaffale/giardino, in attesa del tempo giusto per essere seminato e germogliare, mi è tornato in mente solo poche ore fa, e credo sia questo libro


Intrecci

 

n.1 de I quaderni della lumaca,
a cura di Stefania Fenizi, Ivana Lombardini e Alide Tassinari,
con disegni di Gianfranco Zavalloni, edito da Fulmino Edizioni



Non credo sia un caso che me ne sia ricordata solo adesso. Da ieri, la frase 

“Non vi farò fretta, ma vi chiederò cura” 

gira senza sosta nella mia mente. 

Mi hanno chiesto se sia mia. D’istinto avrei risposto di sì; poi ho pensato che è mia, come possono essere mie tutte le frasi in cui si riverberano le letture fatte fin qui, i pensieri altrui, le conversazioni ascoltate e a cui ho partecipato.

Appartiene sicuramente a me quest’esigenza, che mutua un impegno, il mio, all'attenzione e al rispetto dei tempi di ognuno, alla richiesta di un pari impegno da parte dei miei ragazzi, alla cura verso ogni istante, ogni parola, detta o scritta, ogni comportamento, ogni persona. 
A entrambe le parti l’onere di rispettare il proprio impegno e di pretenderne il rispetto dall’altro.


E in una sera tra le ultime prima che il ritorno nelle aule scandisca la vita dei ragazzi e nostra, leggo queste parole di Eugenio Scardaccione, docente e preside da oltre 38 anni, tratte dal capitolo A scuola per rallentare e..., e sempre più mi convinco che molto sia già stato detto, e fatto, da chi ci ha preceduto, da tanti buoni maestri.



(Disegno di Gianfranco Zavalloni)



“[…] In una società poco incline all’ascolto e alla pazienza, che è l’arte raffinata di saper attendere, si rischia di allontanare e mortificare alunni e alunne che non ce la fanno a seguire i ritmi frenetici seguiti da insegnanti ossessionati di terminare i programmi, di assegnare abbondanti compiti a casa, di imporre prestazioni e sventolare batterie di esercizi, contenuti, nozioni, che imparati a memoria e ripetuti acriticamente portano a una valutazione sommativa numerica, non formativa, sottovalutando invece i processi di apprendimento, i progressi, i regressi compiuti, le difficoltà incontrate, le opportunità da creare per superare gli ostacoli.

Rallentare i ritmi di insegnamento con meticolosa attenzione, preparazione e rigore significa dedicare il tempo giusto all’individuazione delle esigenze dei discenti deboli e non, in maniera tale che tutti possano essere accompagnati, motivati e stimolati ad esplicitare le potenzialità positive in ognuno. Non va dimenticato che lo studio e l’acquisizione di contenuti, abilità e competenze a scuola non vanno mai scissi e slegati dalla vita di tutti i giorni.

Nella scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani gli alunni facevano un percorso formativo mirato, nell’alveo di un’atmosfera non frenetica, senza l’assillo del suono della campanella, cercando di conseguire con tempi distesi una delle finalità prevalenti, rappresentata dall’educare a saper discernere e fare delle scelte che incentivano uno spirito critico costruttivo.
Una attenzione raffinata alle esigenze dell’altro, agli sguardi, alle incertezze, alle paure, alle aspirazioni, ai sogni degli alunni sprona, motiva, agevola lo studio, la lettura, l’approfondimento degli argomenti.

Eugenio Scardaccione, A scuola per rallentare e..., in Intrecci, Fulmino edizioni







(Disegno di Gianfranco Zavalloni)




E ancora:




“Un maestro, al pari di uno scrittore che trascorre giorni a limare una frase, a trovare una parola, quella che renderà unica quella frase, cerca in ogni scolaro l’interesse particolare che lo distingue. Nessun bambino è senza interesse, considerando la doppia accezione di interesse: ogni bambino si interessa a qualcosa e un maestro si interessa a ciascun bambino: La funzione dell’insegnante appoggia sul desiderio e punta al particolare di ciascun alunno che chiede la rinuncia a soluzioni generali, a mode, a etichette.
[…] La cosa peggiore che può capitare a uno studente è di confrontarsi con un vuoto d’interesse e di senso, che non ci sia nessuna parola per lui, che sia invisibile agli occhi del maestro. Se c’è desiderio, tenacia, un maestro innova sempre, anche se da anni fa le stesse cose: sa che quel che opera non è l’ultima trovata pedagogica didattica, è l’invenzione quotidiana che adotta, con gli sconosciuti, uno per uno, affidati alla sua funzione.”

Alide Tassinari, Lentezza e tenacia, in Intrecci, Fulmino edizioni



 






(Disegni di Gianfranco Zavalloni)
 

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