domenica 12 maggio 2019

La fatica di tenere insieme tutte le cose



Credo che una delle più grandi fatiche degli uomini e delle donne del nostro presente sia tenere insieme tutte le cose; dare un senso alle innumerevoli azioni che compiamo durante il giorno, e che sia un senso frutto di un pensiero, di una volontà, di un’idea di vita.

Non riesco a fare a meno di pensarlo proprio, e ancor di più, in questi giorni, in cui è appena iniziato l’ultimo mese vero di scuola - che il tempo senza i bambini e le bambine è sì un tempo scuola, ma in modo altro; in questi giorni in cui è quasi necessario festeggiare la mamma.

Non m’importa, qui, ragionare sulla vera, reale, effettiva necessità che lo faccia la scuola. Non m’importa farlo qui, e ora, intanto e in primo luogo perché le mie bambine e i miei bambini hanno, tutti, una mamma, qui e ora – e non sempre, non per tutti è così. Ma, soprattutto, perché quest’anno ho le più piccole e i più piccoli della scuola primaria, bambine e bambini che hanno da poco imparato a leggere e soprattutto a scrivere: e così mi sembra bello, e significativo, che in questo giorno sia proprio la loro scrittura a lasciare un segno.

La fatica di tenere insieme tutte le cose riguarda ognuno di noi, e mi pare riguardi in particolar modo gli insegnanti: perché a noi è affidata l’infanzia, in tutte le sue molteplici sfaccettature, e perché per noi è ancora più essenziale dare senso a ciò che facciamo attraverso il pensiero, la volontà, l’idea di vita che passa nella nostra professione.






Proprio per questo, come regalo per le mamme abbiamo provato a tenere insieme la C di cuore e la Q di quadro, appena imparate, attraverso la lettura di Nel mio piccolo grande cuore, di Jo Witek e Christine Roussey, Gallucci, e la produzione scritta, individuale e/o collettiva, con le frasi di ciascuno scritte alla Lim e la possibilità, per tutti, di ricopiare le preferite; e, ancora, il lavoro di religione, in cui bambine e bambini hanno osservato la maternità nell’arte, e presentato ai compagni e alle insegnanti la propria immagine di figli, ovvero una fotografia tra le braccia della mamma. E per finire la rielaborazione grafica, con la possibilità di ricopiare la propria immagine fotografica o di prendere spunto dall’ambientazione di quelle dei compagni. 







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