venerdì 2 novembre 2018

Il mostro peloso, ovvero Ancora sul potere delle parole

Nel bel mezzo di una foresta fitta fitta, in una caverna umida e buia, viveva un mostro peloso.

Era assolutamente ripugnante: la sua testa era  enorme, e da essa uscivano direttamente due piedini piccolissimi. Per questo motivo non riusciva  quasi a camminare e stava sempre nella sua caverna. Aveva una bocca molto grande, due occhietti azzurrognoli e due braccia lunghissime e sottili che uscivano dalle orecchie, con le quali catturava facilmente i topi. Aveva peli dappertutto: sul naso, sui piedi, sulla schiena, sui denti, sugli occhi e anche in altri posti.”

Ci sono storie, e libri, che ci accompagnano per lunga parte della nostra vita: le loro parole ,e le loro immagini,  nel caso degli albi, hanno il potere di suscitare un numero consistente di ricordi.





Il mostro peloso, di Bichonnier – Pef, Emme edizioni, è per me, per i miei figli, per i miei alunni, uno tra questi: da più di un quarto di secolo è presente negli scaffali della mia libreria e nelle mie letture ad alta voce.
È sufficiente leggerne l’incipit perché tutte le esperienze di lettura ad alta voce compiute negli anni tornino vividamente nella memoria: è il libro che mio figlio maggiore a poco più di quattro anni aveva imparato a memoria, e raccontava agli increduli ascoltatori mentre ne sfogliavo le pagine. È il racconto più volte narrato e messo in scena alla scuola dell’infanzia, e letto in ogni prima da che insegno alla scuola primaria. È il libro che, nel ciclo scorso, ha segnato il primo lavoro poetico di cui il quaderno dei miei alunni recasse traccia.


Mi fa sempre sorridere pensare che, nonostante la frequentazione assidua, fin dall’inizio della prima, con i più grandi poeti italiani per l’infanzia - Munari, Scialoja, Piumini, Tognolini - il primo lavoro poetico scritto di cui il quaderno dei miei bambini rechi traccia sia seguìto alla lettura de Il mostro peloso, di Bichionnier – Pef, (E.Elle 1985), un libro scanzonato e divertente in cui la piccola Lucilla, impertinente protagonista, si fa beffe di un orribile mostro proprio attraverso un serratissimo dialogo tutto giocato sulle rime.

“-Haha! gridò il mostro, ora ti faccio la festa!

-Peli sulla testa, disse Lucilla.

[…]

-Ah, mi prendi in giro, piccola insolente?

-Peli sul dente.

[…]

-Ora basta, facciamola finita!

-Peli sulle dita.

-Smettila, cosa credi?

-Peli sui piedi.

-Io li mangio, i marmocchi!

-Peli sugli occhi.

-Preferisci che ti sbrani?

-Peli sulle mani.

-Se credi di farmi pena…

-Peli sulla schiena.

-Ma guarda che ragazzaccia!

-Peli sulle braccia.

-Bada, non avrò pietà!

-Peli a volontà!”



BICHONNIER H. – PEF, Il mostro peloso, EL 1985


(da A scuola con gli albi Insegnare con la bellezza delle parole e delle immagini, Topipittori 2018)


Anche per i miei nuovi, piccoli alunni, Il mostro peloso ha mantenuto intatto il suo fascino. Pochissimi lo conoscevano; tutti, ancora una volta sono stati avvinti dalla magia del racconto.

Un racconto dissacrante, contro ogni stereotipo, a partire dal re pusillanime che, per aver salva la vita, promette al mostro un bambino morbido e cicciottello. La sua bassezza è ancora più evidente quando, incontrata la figlia, la piccola Lucilla, deroga al suo ruolo di padre, adulto, responsabile e difensore dei più piccoli e la depone ai piedi del mostro peloso, per poi filarsela a gambe levate.

Ed eccola, Lucilla, in tutto il suo splendore: capace, a suon di rime, di abbattere le difese del mostro e provocarne l’esplosione, in un tripudio di farfalle. Chi altri, e in quale altro modo, avrebbe potuto liberare il giovane principino da un incantamento – peli sul mento – di un malvagio folletto – peli sul petto?

A questo punto, resi ancor fiduciosi nel potere delle parole, anche noi giochiamo con le vocali e la prima consonante, proprio la M di mostro, cercando oralmente, e poi disegnando,  parole che inizino con A, E, I, O, U e con MA, ME, MI, MO, MU.





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