Uno degli ultimi lavori realizzati dalle ragazze
e dai ragazzi di quinta è stato scrivere in poesia i propri pensieri su questi
nostri anni insieme.
Molti mi hanno colpito, ma ci sono due versi, in
particolare, che mi girano in testa da quando li ho letti:
[…]
Con fatica
e con impegno,
noi
abbiamo lasciato il segno.
Quanti modi ci sono di
lasciare il segno? Credo molti. Forse, addirittura, i primi a venirci in mente
sono i più dolorosi: graffi, cicatrici, lividi sono i primi segni che un
bambino porta fisicamente sulla pelle come simbolo concreto del proprio
relazionarsi al mondo, e agli altri.
Non a caso, una delle poesie
che più hanno segnato l’immaginario delle ragazze e dei ragazzi è stata “La mia pelle” di Giusi Quarenghi, in cui l'autrice racconta il rapporto, strettissimo e talvolta controverso, tra un io e la sua pelle.
Ecco: nel bene e nel male, mi paiono molte le cose capaci di lasciare il segno; ma è il verso precedente, Con fatica e con impegno, ad essere, soprattutto
perché scritto da un’undicenne contemporanea, davvero significativo.
Non mi pare siamo rimasti in
molti a considerare valore la fatica e l’impegno, soprattutto se richiesti a
bambini o ragazzi; al contrario, molta parte dell’educazione e dell’apprendimento
moderno sembra doversi basare sui principi di piacere e divertimento.
E se questo credo sia doveroso,
e sano, tanto più le bambine e i bambini sono piccoli, mi pare però di poter affermare
anche quanto a un certo punto -un punto che naturalmente è difficile stabilire
identico per tutti, perché a cambiare sono i livelli di maturazione dei
singoli- sia necessario che passi anche un altro messaggio: quello che spesso,
per apprendere, così come per realizzarsi nello sport, nel lavoro o in
qualsiasi altra attività che ci veda coinvolti, fatica e impegno diventino
necessari, compagni virtuosi di cui gli adulti per primi non dovrebbero
vergognarsi, né tantomeno scandalizzarsi.
Perché, mi chiedo spesso,
tanti genitori, tante famiglie, sono così pronte a sostenere i figli nella fatica
e nell’impegno richiesti dalla pratica dello sport, al punto da farli allenare
e gareggiare in qualsiasi condizione ambientale e di salute personale, mentre
sono altrettanto solleciti ad abbassare le richieste e a giustificare il non
fatto quando si tratta di scuola?
Forse perché la scuola è un
obbligo, mentre lo sport, o altre attività sono una scelta?
O forse perché l’impegno
nello studio, nel dovere scolastico, non è gratificato, al mondo, allo stesso
modo dei successi artistici o sportivi?
Questa ragazzina mi pare
aver capito una cosa importante: spesso per lasciare il segno non bastano
capacità e passione. Fatica e impegno sono ancora, anacronisticamente, parole
necessarie. Non togliamole alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi.
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