“Mio
padre si alza presto, prima dell’alba, per andare nei campi.
A
volte lo sento,
a
tastoni nel buio della camera
capita
che sbatta
contro
qualcosa,
faccia
cadere una sedia,
imprechi.
Poi
trova i calzoni, estrae i fiammiferi,
ne
accende uno,
alza
il vetro della lanterna a petrolio,
dà
fuoco allo stoppino e giunge un po’ di luce.
Il
tenue bagliore avanza insieme all’odore dell’olio bruciato verso il mio letto
nell’angolo
della stanza.
Mi
scuote senza dire nulla, scuote i miei fratelli avvinghiati a me.
È ora
di alzarsi”
SILEI F. – MASSI S., Il
maestro, orecchio acerbo
Non c’è nulla di attuale, in questo inizio.
Non certo per noi, o per i
nostri ragazzi, lontani decenni (un secolo, mi verrebbe da dire) da quest’uomo
che si alza all’alba per andare nei campi, che brancola nel buio prima di
riuscire ad accendere la lanterna a petrolio, che scuote i figli senza – pare –
un minimo di tenerezza.
Non c’è molto posto per la
tenerezza, nel mondo contadino: ci sono la fatica, il sudore, lo sporco, che forse
allontanano i corpi, invece di avvicinarli. C’è la preoccupazione costante, per
il tempo, il raccolto, la salute delle bestie (che a volte, purtroppo, vale più
di quella di un figlio. Se muore una vacca da latte, con cosa li sfamerai, i
tuoi figli?).
Nulla di attuale, forse
nulla di conosciuto, e che mai si conoscerà.
Interessante, certo,
per un manipolo di appassionati di pedagogia, o di storia. Adulti che forse fanno
fatica a fare i conti con la modernità, e rimpiangono un mondo che hanno
conosciuto solo attraverso i libri.
E allora, perché leggere
questo libro a dei ragazzi?
Credo ci sia una risposta sola.
Perché quel che non è il mio mondo,
invece è stato, è ancora, e forse lo sarà in futuro, il mondo di qualcun altro.
La capacità di uscire da se
stessi, di volgere lo sguardo altrove, di immedesimarsi con l'altro, gli altri, fa la differenza tra
chi vede e vive solo il proprio io e chi ha compreso che il proprio io vale tanto
quanto i miliardi di altri io che vivono in questo mondo, quelli che sono vissuti
prima di noi e quelli che dopo di noi arriveranno.
Credo sia questo il senso più profondo e vivo di quell' "I care" che ancora risuona dentro di noi: me ne importa, e seriamente; e, se possibile, me ne prendo cura.
Credo sia questo il senso più profondo e vivo di quell' "I care" che ancora risuona dentro di noi: me ne importa, e seriamente; e, se possibile, me ne prendo cura.
E allora, anche se non c’è
nulla di attuale in un padre che con il bue e l’aratro lentamente segna il
solco da dove si è interrotto il giorno prima, se pare non esserci più nulla di
attuale nella parola “padrone” (mentre sappiamo che non è davvero così), e allo stesso modo
pare non esserci nulla d’attuale in quel prete matto che insegna a leggere ai
figli dei contadini, io credo che questo sia un libro
che si debba leggere.
Lo dobbiamo leggere noi adulti, e lo dobbiamo leggere noi
adulti ai ragazzi. Mi torna in mente una frase letta in questi giorni, in un articolo tratto dall’ultimo
numero di Andersen, dedicato proprio a don Milani, ricordata da
Angela Maltoni, maestra elementare alla Scuola Domenico Ferrero a Cornigliano
(Ge):
“Se
voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io
dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere
il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro.
Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.”
I bambini, tutti i bambini,
sono la nostra Patria. Di tutti gli adulti, certo, ma in particolare di quegli adulti,
gli insegnanti, che dei bambini hanno fatto i loro allievi e i loro compagni.
Non c’è frizione tra le due
parole: sento i miei ragazzi come allievi, perché io sono l’adulto, e a me ne
compete la responsabilità. E li sento come compagni, perché vivo ogni giorno
parte importante e significativa della mia vita con e per loro.
È in questo che don Milani è
ancora attuale, e lo sarà sempre: nel rapporto privilegiato, assiduo, totale
con chi gli è stato affidato.
“Caro Michele, caro Francuccio, cari ragazzi… ho voluto più bene a voi
che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e
abbia scritto tutto sul suo conto."
Qui il link al sito della casa editrice.
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