mercoledì 28 febbraio 2018

Adattarsi


"Adattamento è quando sei in un luogo e sei adatto a quel luogo, è il tuo posto più felice"
F., 10 anni e mezzo

[...] Se lo stessimo ad ascoltare non potremmo più fare niente, con il pretesto della prima media! “Quanti anni ha il vostro piccolino?” “Dieci anni e mezzo? Oh, ma allora è una faccenda seria, non c’è mica da ridere, presto andrà alle medie!” “Ah! No, mi spiace tanto, l’anno prossimo scordati la piscina, visto che farai la prima media!” “Cosa? Il cinema? Non se ne parla neanche! Farai meglio a ripassare le tabelline, se vuoi che ti accettino alle medie!” “Kamo, te l’ho ripetuto cento volte, non ci si mette più le dita nel naso quando si sta per andare in prima media!” Tutti! Tutti, senza nessuna eccezione, non riescono a parlare d’altro, mia madre, i tuoi genitori, il pescivendolo: la prima media! La prima media! Persino il cane della panettiera, quando m i guarda, ho l’impressione che stia per dirmi: “Ehi, tu, laggiù!” Sta’ attento, non dimenticare che il prossimo anno andrai alle medie…”

 Daniel Pennac, Kamo L'idea del secolo, Einaudi Ragazzi



Oh, come mi ci sento, in tutte queste voci! Sono la madre, i genitori, il pescivendolo. Forse sono persino lo sguardo del cane della panettiera: “Ehi, tu, laggiù!” Sta’ attento, non dimenticare che il prossimo anno andrai alle medie…”

Per quanto possa sforzarmi, so di guardarli così, più spesso di quanto vorrei. So di pronunciare le parole: “Quando sarete alle medie…” anche quando, forse, non sarebbe necessario. Lo so, perché mi è già capitato, da madre e da insegnante.

Proprio per questo, mi faccio aiutare da Pennac. Ancora una volta, la letteratura pone domande, prima ancora di dare risposte. E lo fa attraverso la voce di Kamo, dei suoi amici, del suo Adorato Maestro, Monsieur Margerelle.


-Ma allora,- domandò Kamo, -dove sta il problema?

(“Dove sta il problema” era l’espressione preferita di Tatiana, la madre di Kamo, alla quale niente pareva impossibile… “Ma allora, dove sta il problema?”)

-Nell’adattamento- rispose Monsieur Margerelle.


Così, è proprio la parola adattamento, a colpirmi, in questa rilettura, a distanza di molti anni -una ventina- dalla prima.

Ci ragiono, ci rifletto, e penso che possa partire da qui un’ulteriore, interessante percorso di riflessione, insieme alle ragazze e ai ragazzi.


Chiedo loro cosa sia l’adattamento.
Ci sono definizioni quasi scientifiche, logiche e dettagliate:

Quando magari un animale è stato cresciuto in cattività, poi lo liberano deve adattarsi al clima e a quell’ambiente, e alla sopravvivenza. Riferito all’umano, quando in casa magari i primi anni di vita dalla casa all’asilo, poi tutti i vari cambiamenti delle varie classi dell’asilo, poi alle elementari poi alle medie e via via si continua così fino ad arrivare al lavoro, e poi alla pensione.


L’adattamento è riferito ai luoghi e agli ambienti

Adattamento vuol dire quando ti adatti… in un posto che non sei…dove non vai spesso L’adattamento è quando ti devi relazionare con un luogo o con un ambiente

Quando vai in qualche luogo e devi ambientarti

Quando devi andare in vacanza e ti devi abituare al letto scomodo

L’adattamento è quando devi percepire qualcosa, perché quando devi percepire devi anche capire

L’adattamento è distinguere le cose: se prima in una scuola o in posto c’erano i banchi più larghi, e adesso sono più piccoli, devi saper gestire lo spazio



Adattamento è, prima di tutto, un processo naturale, che avviene fin dalla nascita:

Perché tutti noi nella prima volta che siamo andati nella nostra casa, ci siamo adattati



C’è un adattamento familiare, non sempre facile:

Quando ero piccola, ero figlia unica, poi è arrivata mia sorella, e i primi giorni ero un po’ gelosa perché mamma stava sempre con lei nella stanza e io non potevo entrare, e pure papà, e ho dovuto adattarmi. E adesso è tutto il contrario, lei è gelosa

Adattarsi vuol dire abituarsi ad un nuovo ambiente e a nuove persone, per esempio con il mio fratellino, quando non c’era ancora andavamo a vedere dei film al cinema che ormai eravamo grandi e potevamo vederli, adesso che è nato lui dobbiamo andare a vedere film per bambini



E ci sono i primi adattamenti sociali, fin dalla scuola dell’infanzia, che portano con sé ricordi ormai lontani di quasi 5 anni:

Adattamento secondo me è una cosa che fai quando devi adattarti a qualcosa, per esempio noi dall’asilo siamo passati alle scuole elementari con diverse abitudini

Ero un po’ spaventata. Primo perché non c’erano più i miei compagni d’infanzia, e poi perché non conoscevo nessuno

Io quando sono arrivata, cioè la prima persona che ho visto era la M. e quindi sono stata un po’ di giorni con lei, solo con lei. Poi il primo giorno avevo individuato la C. e la B. che erano sempre insieme e quindi pensavo che fossero sorelle. E poi ho un po’ capito i gusti delle altre ragazze e ho cercato di essere loro amica

Invece io quando sono arrivata in questa scuola, visto che c’erano alcuni compagni che non erano venuti alla scuola materna con noi, io ho dovuto prima conoscerli per capire un po’ i loro gusti, le loro emozioni e il loro comportamento, e dopo ho cercato di diventare amica

Prima, quando facevo nuoto, conoscevo M., poi quando sono venuto qua non lo riconoscevo più, perché era passato un po’ di tempo. All’inizio mi sentivo preoccupato, perché quando sono entrato in questo classe, mio papà o mia mamma mi hanno accompagnato a un banco e quando mi ha lasciato ho pianto subito. Poi mi sono abituato.



Si scopre insieme che l’adattamento è un processo continuo:

L’adattamento è anche quando inizi un nuovo sport, e alle medie ci dovremo abituare che avremo molto meno tempo per far le nostre cose, per giocare, per il piacere 

L’adattamento noi lo facciamo quest’anno quando dovremo andare alle medie e ci dovremo adattare alle prof che spiegheranno in un altro modo

Come ci siamo adattati qua, dovremo adattarci alle medie. Sarà molto più difficile perché la scuola è più grande, ci saranno persone più grandi

L’anno prossimo cambierò compagni, però mia cugina mi ha detto che in una settimana mi farò nuovi amici, perché sono un tipo socievole

Adattamento è quando cambi scuola e non conosci nessuno e devi… ti devi abituare

Abituarti a stare con più di una persona invece che con una

Adattarsi vuol dire quando tu sei in un nuovo posto e devi abituarti a nuove persone e nuove cose

Adattamento significa abituarti a nuovi caratteri, ad esempio praticamente quando ero andato in Sardegna c’era un campo da calcio che ci giocavano solo adolescenti, e quindi per poterci giocare dovevo adattarmi al loro carattere e al loro modo di giocare

Secondo me adattamento è ad esempio quando magari c’è un cambiamento cerchi di adattarti, dopo un po’ ti adatti ed è tutto normale.


giovedì 22 febbraio 2018

Dentro le quinte - parole per un passaggio


A volte, c’è bisogno di un progetto. Per superare una delusione, per recuperare entusiasmo, per riannodare una trama sfilacciata. Quando qualcosa finisce, ed è facile sentirsi orfani. Forse è altrettanto facile che la compiutezza di ciò che è ormai concluso, e il distacco che ne deriva, faccia sentire ancora più acuto il senso di inadeguatezza.

Il progetto che mi serviva è nato nella manciata di ore tra un pomeriggio complicato e la mattina successiva. Pensavo da tempo a qualcosa che raccogliesse dentro di sé gli anni trascorsi insieme: ragazze, ragazzi e insegnanti. Ma la forma, quella continuava a sfuggirmi.

L’esperienza di Io potrei essere tutto, l’antologia poetica nata nella primavera di due anni fa, è ancora viva dentro di noi. Ma è utile, e necessario, andare oltre, e pensare a qualcosa di nuovo.

O, perché no, di antico.

Più di vent'anni fa -insegnavo ancora alla scuola dell’infanzia- con i miei bambini avevo realizzato il Vocabolario bambino, un fascicoletto fotocopiato che raccoglieva le definizioni, le riflessioni, i pensieri bambini su parole d’uso quotidiano. Ricordo bene le pause, i sospiri, gli errori sintattici.





Così ho pensato che sarebbe stato bello ripercorrere una strada simile.

Prima ho chiesto alle ragazze e ai ragazzi di pensare alcune parole significative di questo ultimo anno insieme. Parole da definire o da descrivere, su cui costruire un breve racconto, una poesia, due versi o il ritornello di una canzone. Parole come abbandono, aiuto, amicizia, attenzione, barare, bellezza, bullismo, collaborazione, competizione, compiti, comprensione, confusione,   correzioni, crescita, delusione, desideri, difficoltà, dimenticanze, distrazioni, divertimento, fiducia, gelosia, gite, grammatica, gruppi, imbarazzo, imparare, insieme,  intervallo, Invalsi,  invenzioni, legame, libri,  litigi, maestri, maturità, noia, note, novità, panico, pace, parole, penne, pianto, pipimpipera, poesia,  preparazione, prestare, primo giorno, quadrimestre, quinta, rabbia, racconti, responsabilità, ricordi, risata, saluto, scrittura, scuola, silenzio, soddisfazione, sogni,  solidarietà, stanchezza, studio, testi, ultimo anno, urla, valutazione, vergogna, verifiche, voti, zaino

Ne è nato una sorta di Alfabeto della quinta, da arricchire via via, in cui ritrovarsi e tra cui scegliere, di volta in volta, una parola su cui sentirsi completamente liberi di scrivere.





Confusione

Nella mia classe 
c’è
tanta confusione
e so bene 
che cos’è
è quando tante 
vocine si mettono
a parlare, e poi
si alzano e alzano e 
alla fine non si
capisce niente.
C’è qualcuno
che parla
a voce alta
chi invece per
farsi sentire deve
urlare
alle maestre questo
non piace 
ma a me sì
perché mi
fa capire che 
qui
non sono 
solo.


Prestare
Prestare tra amici è un buon modo: quando qualcuno è senza qualcosa intervengono i compagni simpatici e anche quelli che non ci piacciono. Senza dubbio ti renderai utile aiutando e prestando sarai gentilissimo. Se ti piace condividere, avrai prestato moltissime cose. Se non ti piace condividere, avrai prestato poche cose. Alla 5^ di Montesolaro piace condividere, questo è sicurissimo e utilissimo per farsi voler bene.


Zaino
Lo zaino è sempre troppo pesante e troppo piccolo.
Lo zaino è un oggetto che quando vado a scuola porto quaderni, libri e astucci, però quando non porto qualcosa è colpa mia. Lo zaino per me è un mezzo di trasporto.









Faccio ancora fatica a immaginare la forma che prenderà questo lavoro, di qui a qualche settimana, quando sarà ora di impaginarlo e inviarlo al tipografo.

Eppure so che era proprio questo ciò di cui le ragazze, i ragazzi ed io avevamo bisogno.

giovedì 15 febbraio 2018

Le cose lontane... antiche, morbide o sbagliate


A me piacciono le cose da ascoltare
soprattutto quelle del mare.
A me piacciono le cose scintillanti
spente dai miei pianti.
A me piacciono le cose invisibili
e che sono simili.
A me piacciono le cose saporite
che in un attimo sono sparite.
A me piacciono le cose vissute
anche se sono mute.

S., 10 anni e qualche mese





A me piacciono le cose antiche
le cose dei miei nonni e bisnonni
le case antiche
che sono piccole
come formiche
le medaglie 
di mio nonno
che sono quelle
delle battaglie
l’antica pelle 
come quella di mia nonna
e le cose antiche che
formano il passato
le cose antiche 
sono tempo
lontano
le cose antiche 
possono essere preziose.
Mi piacciono gli antichi treni
che sono veloci
ma hanno i freni
le cose antiche adesso
sono molto preziose
e anche costose.

S., 10 anni e qualche mese



Mi accorgo, quando da troppo tempo non frequentiamo la poesia in classe, di sentirne una mancanza quasi fisica. Non so dire se sia lo stesso per le mie ragazze e i miei ragazzi, o anche solo per qualcuna o qualcuno di loro. Eppure so, con assoluta certezza, che la lettura di alcune poesie  ha il potere di generare un clima che contiene in sé l’essenza del dono, dell’unicità, della libertà.
Così, approfitto di occasioni improvvise e improvvisate, di una manciata di minuti fra un’attività e l’altra, di un tempo sospeso.
Amo che i ragazzi si sentano liberi di scrivere. Che sappiano che la scrittura può essere scelta, espressione di libertà. Amo che il linguaggio poetico ne sia una delle manifestazioni.
Libertà non significa assenza di regole. Credo valga per la vita, prima ancora che per la poesia.
Così, prendiamo una poesia nuova, nuovissima, da una pagina aperta a caso da un libro pescato dalla mia borsa; ho scelto di tenerlo fisicamente con me, a portata di mano, proprio per poterne approfittare in qualsiasi momento possibile.



Il tempo è mezza mela

di Nicola Gardini, Salani


Le cose lontane

A me piacciono le cose lontane
Quel che rimane
Di qualche tempo antico

Quel che non dico
Le cose che non cerco di cercare
Le cose molto scure o molto chiare

La gelata la nuvola la pelle
Quel che ricopre tutto
Il buio con le stelle

Quel che si mostra appena
L’adesso nato butto
Sul verde della frasca

La blu nascosta vena
E il pesce contro il fango della vasca
Che poco si distingue

Oh mai distrarlo
E il suono delle lingue
Sconosciute o soltanto scritte

Mi piace il tarlo 
Che parla e parla e non si sa di cosa
E le soffitte
E il centro della rosa
Mi piacciono gli uccelli
Perché li tocchi

Solo con gli occhi
E di notte neppure più con quelli

Nicola Gardini, Il tempo è mezza mela, Salani




Leggo la poesia ad alta voce. Lo considero un regalo, per loro e per me stessa.
La leggo ancora, videoproiettandone il testo alla lavagna. Ne analizziamo la struttura, le rime, il ritmo. Ne immaginiamo le diverse evoluzioni, le infinite trasformazioni.
Chiedo alle ragazze e ai ragazzi che ognuno di loro pensi un aggettivo, diverso da lontane, per completare il primo verso: A me piacciono le cose…

nascoste, dico io. E continuo: È la prima parola che mi è venuta in mente. E poi rotonde.

Le scrivo, una sotto l’altra.

Le ragazze e i ragazzi continuano. Alla fine, ognuno ha completato il primo verso a modo suo.




  
Poi, per 15 minuti scriviamo tutti:

A me piacciono le cose sbagliate
perché nessuno è perfetto,
nessuno è uguale.

A., quasi 11 anni



A me piacciono le cose rotonde
rotolano, rotolano,
rotolano, rotolano, 
non si fermano mai
quando si fermano
è l’inizio di una nuova avventura.

C., 10 anni e mezzo



A me piacciono le cose morbide
che ti abbracciano e 
ti contagiano,
difficile è distrarsi
ti devi arrendere
alle coccole.

S., 10 anni e qualche mese














A me piacciono le cose morbide
quando vado nel lettone appena alzata.
Il morbido dei vestiti.
Un abbraccio, un pupazzo.
Una coperta, la lana della pecora,
un gatto a pelo lungo o corto
quando ti si appoggia sulla pancia.
Una coccola un materasso,
un bimbo una carezza.
La neve fresca 
dopo un lungo inverno,
una seggiovia rivestita.
E altre infinità di cose morbide.

F., quasi 11 anni




A me piacciono le cose nascoste
rinchiuse, protette,
negate alla vista
che siano conquista
di sguardi, di occhi
di testa e di cuore.

Le cose negate
persino a se stessi
che si fanno vere
attraverso la voce
di chi trova spazio
-e coraggio-
per dirle 
all’altro da sé.
E intanto le afferma,
dà loro sostanza.

Mi piace la stanza
dove sono rinchiuse
senza porte, spiragli
o finestre socchiuse.

Una stanza ricolma
di parole non dette
che ribollono, evaporano
scendono, salgono
in un magma infinito
poi le posi sul dito,
le soffi

e volano via.

A., 50 anni compiuti da qualche mese




mercoledì 14 febbraio 2018

Mercoledì al cubo: Professione coccodrillo



Osservo il coccodrillo in copertina: non posso neppure affermare che mi guardi beffardo, consapevole della mia inettitudine a raccontar di libri quando di mezzo non ci sono dei bambini, dei ragazzi, a cui li abbia letti.
Che poi, leggerli. Ma come si fa a leggere un libro senza parole? Una maestra, poi, pagata per parlare, da mattina a sera, e che delle parole, oltre che fonte del proprio sostentamento, ha fatto una passione?
Chi mi conosce lo sa bene. Io e i silent non ci frequentiamo granché. Mi sembra sempre manchi qualcosa. 
Già, mancano le parole.
Eppure, a pensarci bene, le parole ci sono anche là, dove non sono scritte. Sono state nella mente di chi ha pensato la storia (in questo caso, Giovanna Zoboli). E poi, scritte per chi questa storia avrebbe dovuto illustrarla, Mariachiara Di Giorgio. Ancora, le parole sono dentro di noi, di fronte ad ogni immagine, mentre, in silenzio o ad alta voce, la storia ce la raccontiamo, o la raccontiamo ad altri, o da altri ce la facciamo raccontare. E, ad osservar bene, ci sono parole scritte dentro le tavole: il suono della sveglia

la porta che si chiude, i rumori della città che, con linee sinuose, corrono sopra e sotto il cavalcavia.

E poi, le parole delle insegne, dei cartelloni pubblicitari, delle fermate del metrò.

Quante parole ci stanno, dentro un vagone della metropolitana?

E cosa chiederà, il coccodrillo, alla fioraia?
E, se ancora ci mancassero le parole, ce ne sono scritte anche in lingue diverse: in arabo, ad esempio.
Poi, uno slargo. Lì, immagino le parole prendere il volo. Certo, non ne hanno bisogno, almeno per il momento, i due che si baciano sulla panchina. Ma dopo, oh, dopo sì che serviranno. E quante…
Il coccodrillo sembra giunto a destinazione. Il cancello è aperto, e una ragazza fortunata riceverà i suoi fiori.  
A questo punto, davvero le parole non servono più.
Il gran finale è arrivato.

Qui la versione di Scaffale Basso
Qui la versione delle Briciole



Qui, il libro raccontato dalla sua autrice.