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martedì 10 aprile 2018

Non solo albi, ovvero Io sono, io sono, io sono


Il taccuino di X mi interroga, e mi chiama in causa.

“Faccio fatica a controllarmi quando mi dicono di scrivere di più, ma se nella mia testa ho solo quello, cosa posso farci?”

Quel “mi dicono” in realtà è una terza persona singolare, e ha un soggetto preciso, benché sottinteso. Quel soggetto è lei, e sono io.

Sono io che le chiedo, quasi ogni volta, prima semplicemente a voce, da qualche tempo anche scrivendole, di mettere sulla carta tutto quel che pensa, o sente, perché ci tengo davvero a conoscerlo. Sono io che insisto, perché intravvedo, dietro alle altre sue competenze, anche una ricchezza che lei ancora non sa, o non vuole svelare.

Anche Y scrive:

“Non riesco a controllarmi quando sono arrabbiato, a scuola quando mi arrabbio inizio a fare i commenti per fare arrabbiare la maestra.”




È vero: Y spesso mi provoca con i suoi continui commenti. Interviene di frequente senza alzare la mano, nonostante continui a ricordargli che sono in 28, e se tutti facessero come lui sarebbe davvero il caos. Lo fa di proposito. Non lo dico io. Lo dice quel per che ha usato, credo in modo assolutamente consapevole. Lo fa di proposito, anche se riconosce da parte sua una mancanza di controllo.

E anche qui, mi chiedo, perché mi fa arrabbiare, se so che è solo, da parte sua, una richiesta di attenzione, di ascolto? Un modo per dirmi “Ci sono, dammi tempo, dammi spazio”?


Ancora una volta, è la letteratura a permettere alle ragazze e ai ragazzi di usare la scrittura in modo personale, autentico, critico, nei confronti di se stessi e degli altri. 
Questa volta, però, è un brano da un libro per grandi, uno tra quelli che ho letto durante le vacanze e che scelgo di leggere loro, ad alta voce, per riconoscere insieme a loro che a volte è proprio difficile, se non impossibile, mantenere il controllo.

“È ancora una bambina difficile?” chiedevano i parenti con aria diffidente. Mezz’ora in mia compagnia e avevano la risposta.
“Non la provocate” raccomandavano i miei genitori alle mie sorelle, e a me dicevano: “Devi imparare a controllarti”.
Ci provavo. Ricordo di averci provato. Ricordo di aver pensato che non dovevo innervosirmi, non dovevo perdere la calma, dovevo soprattutto mantenere il controllo. Mi guardavo allo specchio e atteggiavo il viso a un sorriso pacato ripetendo la parola docile tra me e me. Dovevo averla letta in un libro. Era così che volevo essere, che sapevo di dover essere. Era così che erano i bravi bambini, docili. Poi, però, mi dicevano di mettermi un certo maglione di un oltraggioso color senape, con il collo che pizzicava e mi faceva prudere la pelle in modo insopportabile, e per cena c’erano di nuovo patate lesse, quanto odiavo l’esterno farinoso e l’interno duro e pieno di amido. Un bicchiere di latte mi aspettava al mio posto ed ero terrorizzata all’idea di berlo, con quella consistenza viscida e sinistra che mi foderava l’esofago, le spirali di schiuma giallastra in superficie, le bollicine perlacee sul bordo. Mentre pensavo a tutte queste cose, magari succedeva un fatto trascurabile, innocuo – un commento o uno sguardo di mia sorella, un piede che urtava il mio mentre cercavo di leggere, una pagina di compiti di matematica che sembrava infinita, incomprensibile e soporifera – e scattavo. Sentivo esplodere qualcosa nel petto, mi affluiva un gran calore alla testa, strillavo all’improvviso, forse pestavo i piedi. Controllo perso. Altro che docile.

Maggie O’Farrell, Io sono, io sono, io sono, Guanda




“Io non riesco a controllarmi quando cresco, perché sento che il mio carattere cambia e divento più cattiva”
“Non riesco a controllarmi quando mi arrabbia, non si nota ma se mi arrabbio spaccherei il banco”



 





Com'è difficile, a volte, l'infanzia. Com'è faticosa, per alcuni, con le richieste adulte, a volte incomprensibili, spesso impossibili.

Mi chiedo, ancora una volta, perché io sia così attratta da questo periodo della vita. Non può essere solo per il lavoro che faccio.

Perché, dei libri che leggo, spesso mi rimane impresso ciò che all'infanzia appartiene, e pertiene, ciò di cui le siamo debitori, o creditori?

Come sempre, sono ferma alle domande. Le risposte, chissà se arriveranno.
Una cosa, però, penso di saperla: la scrittura, spesso, è la cura.


martedì 31 ottobre 2017

Valore
















Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello
che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.

Erri De Luca

Il rischio, con poesie note e ab-usate come questa, è scadere nella banalità; vale per qualsiasi commento se ne faccia, e ancor più vale quando si osa proporne il ricalco, in un’attività di utilizzo dello schema originale per dire qualcosa di nuovo, e di sé.
Mi sembra però di poter affermare che con i ragazzi il rischio è tanto più basso quanto la loro mente è meno conformata, meno adeguata, più libera dagli schemi, interni e esterni, di quella degli adulti.

Intanto, cosa significa, a dieci anni, la parola valore?



Valore è quando pensi a qualcosa che ti piace molto.
Una cosa che ti piace anche se vale poco.
È una cosa che tu hai e che secondo te è importante.
Un oggetto o un pensiero a cui tieni a cuore.
Significa… cioè…valore è la cosa che ti piace, a cui tieni di più.
Valore vuol dire per gli uomini essere qualcuno senza avere troppi paragoni.
Valore significa una cosa che te ritieni importante, e che gli altri magari no.
È qualcosa a cui tieni tanto, e il significato di valore è qualcosa… 
Secondo me valore è qualcosa che ci tieni tanto, però è anche qualcosa che ami come il nostro pianeta e tutto il resto, tutto quello che ci circonda.
Valore è qualcosa che completi da tanto tempo, che ad esempio volevi fare qualcosa da tanto ma non riuscivi a finirla, per te valore è quando la finisci, poi valore è come una cosa che esiste ma non la compri, come la famiglia e tante altre cose.
Secondo me valore vuol dire quando puoi avere quello che desideravi da molto tempo.
Secondo me è formata da due parole che sono: tenere a una cosa che tu non vuoi lasciare e non vuoi dare a qualcun altro.
Per me il valore è una cosa preziosa per te, che non dev’essere solo materiale.
Valore significa una cosa di importante che rappresenta qualcosa e poi la cosa che rappresenta è qualcosa d’importante.
Valore significa avere importanza.
Per me valore è quando hai una cosa che la puoi comprare con i soldi ma allo stesso tempo non ha valore per i soldi.
Valore significa qualcosa a cui tieni, che non costa, per esempio io che faccio la collezione di sassi, e mia mamma cerca di buttarmeli ma io me li riprendo perché ci tengo.



E così, dopo aver riflettuto insieme, è possibile leggere frasi come queste:


Considero valore la verità per quanto sia difficile ammetterlo.

Considero valore ogni fatica fatta.

Considero valore l’importanza del perdono.

Considero valore l’onore di rialzarsi contro ogni difficoltà.

Considero valore anche un solo euro perché c’è chi non ne ha proprio.


Considero valore la cenere dei morti.

Considero valore un addio.

Considero valore il rumore della natura.

Considero valore il mondo, la qualità la grazia di vivere.

Considero valore gli amici, l'idea di sperare, la morte, gli incroci.

Considero valore le persone che vengono assunte al lavoro.

Considero valore la sconfitta, il pianto di qualcuno.


Considero valore una macchia sul quaderno.