mercoledì 29 maggio 2019

Ricordi di un anno di scuola (classe 1^)


Ho sbagliato ma anche imparato.

Condividere è giusto.

Imparate tutto quello che volete.

A scuola si possono imparare le cose difficili.

La scuola è di tutti.

La scuola ha tanti pensieri.

Ho trovato sette amici.

A me non mi piace non andare a scuola.

A scuola nella nostra classe a tutti piace l’intervallo.





Primo giorno

Al primo giorno ero nervoso.
Il primo giorno di scuola ho pianto e non volevo stare lì da solo.
È stato bellissimo come ci avete accolti.
Quando sono appena entrata in questa scuola mi piaceva già.
Mi è piaciuto tantissimo il primo giorno di scuola.


Le maestre

Le maestre ti fanno imparare le sillabe che vi mostro QUI QUA QU CQU.
Vi fanno imparare tutto.
Le maestre ti fanno un prestito.
Le maestre sono gentili.
Le maestre ti coccolano
Le maestre mi hanno dato una mano a imparare.
Le maestre sono generose per gli studenti.
Le maestre ti fanno un prestito.
Le vostre maestre saranno sempre loro.


È tanto bello…

È tanto bello il venerdì perché scegliamo il libro.
È tanto bello quando Antonella ci legge i libri.
È super bello quando lavoriamo a coppie.

È divertente fare motoria.
È divertentissimo giocare con il maestro Luca.


La scuola è…La scuola ha…

La scuola è un desiderio.
La scuola è di tutti.
La scuola per alzare la mano.
La scuola è fantastica.
La scuola è pensierosa.
La scuola ha tanti pensieri.


A scuola…

A scuola si può fare il giro degli abbracci.
A scuola ci sono i bidelli.
A scuola nella nostra classe a tutti piace l’intervallo.

A scuola si fanno i conti.
A scuola ho imparato il suono GN e il suono GLI.
A scuola si possono imparare le cose difficili.
A scuola si può prendere in prestito un libro.
A scuola impari i modi di scrivere.
A scuola posso sognare.
A scuola facciamo l’interballo.
A scuola si sta in silenzio.
A scuola è bello fare il cerchio degli abbracci.
In cerchio ma seduti si fa il cerchio delle parole belle.


In mensa...

In mensa si mangia male, e non mi piace.
In mensa si può mangiare.
La mensa fa del cibo buono.
A mensa si mangia bene.
La mensa è molto rumorosa.
Non mi piace mangiare in mensa.
Mi piace il cibo della mensa.
In mensa si mangia.
La mensa è bella perché si mangia bene.


e in pulmino

Il pulmino porta i bambini a scuola se le mamme hanno un impegno.


Le materie

Matematica è bella.
Matematica per me è la materia preferita.
Italiano è la materia più brutta.
La mia materia preferita è scienze.
Matematica e italiano ci sono ogni giorno e geografia storia arte musica scienze motoria ci sono un giorno.
È divertentissimo giocare con il maestro Luca.
In matematica si fa il punto-linea.
Leggere è bello.
Il mio momento è in giardino.


Gli incarichi

Gli incarichi sono belli perché tutti fanno un lavoro.
Gli incarichi sono belli e si fa il distributore.
Con gli incarichi si fa il disegno corrispondente.


Il corsivo è bello.
Per italiano c’è il quaderno della lentezza.
Colla mia scuola si impara.
Io adoro andare a scuola.
Ho trovato sette amici.
La lavagna è da scrivere.
La Antonella vuole sempre che tutti i bambini alzino (proprio così, col congiuntivo N.d.r.) la mano.
La Lim dice sempre Buongiorno Chiara.





giovedì 16 maggio 2019

Di come le storie diventano nostre



 

“Io copio la mia famiglia, come quando la mia sorella era in pancia”, così mi dice R., dopo aver scelto il suo piccolo ritaglio, che ora tiene felicemente in mano, da ricopiare.



È così – penso - che le storie degli altri (pensate, scritte, illustrate, raccontate, vissute dagli altri), diventano la nostra storia. In questo modo ci sfiorano, ci toccano, si intersecano con le nostre, entrano dentro di noi.



Il generale orco. Qualcuno lo chiama così, il generale Alcazar, protagonista, ahimè disarcionato, del magnifico Di qui non si passa!, di Isabel Minhós Martins e Bernardo P. Carvalho, Topipittori . “Perché ha il naso lungo”


“Ma perché ha i denti azzurri?”
“Tutti i personaggi hanno dei denti colorati”
“Forse si sono messi dello smalto”
“Ma è impossibile…quanto mastichi e è ancora fresco, viene via!”

Dialoghi spesso surreali, quelli tra i bambini. Peccato che dimentichiamo di ascoltarli.
E invece io mi sento spesso una privilegiata, qui, in questo angolino di classe, da cui li osservo, li ascolto, scrivo, cercando di intervenire il meno possibile.

È un libro sulla libertà, questo. Ed è il mio obiettivo più grande, crescerli liberi.
Passa anche attraverso la risposta alla loro domanda: “Posso? Possiamo?”
Rispondo sempre: “Potete fare tutto quello che volete, è il vostro lavoro. Basta che lo facciate con cura”.
Intanto, senza nemmeno accorgersene, leggono: leggono i nomi dei personaggi, ne osservano le posture diverse nelle risguardie in apertura e in chiusura, si interrogano sull’opportunità di usare i pennarelli a punta fine o a punta grossa; di fare, prima, il disegno a matita; di disegnare col pennarello nero e poi colorare, o di lasciare il proprio lavoro in bianco e nero.







Decidono, scelgono, si confrontano.

“Come si chiama il cavallo?”
“Nitrito Tonante”
“Tonante vuol dire forte…”
“…come il tono!”

E intanto crescono.


Da Fate a pezzi i risguardi,  A scuola con gli albi:

[…] troviamo una guardia incaricata di proteggere lo spazio bianco della pagina destra.

Via via, nella pagina di sinistra, giungono e si affollano nuovi personaggi, tutti impegnati in diverse attività, e tutti allo stesso modo stupiti da quella che è un’incomprensibile limitazione della libertà propria e di tutti. Finché, dopo ben 7 pagine in cui la pagina destra rimane immacolata, si arriva al punto di rottura, di non ritorno: una semplice, piccola palla rossa, sfuggita al controllo di piede di due ragazzini, Simone e Cristiano. Nulla di voluto, certo: ce lo dice quell’UPS! che sfugge a uno dei due, o forse a entrambi. La palla fa cinque rimbalzi, fino a rimanere, ferma e immobile, al centro della parte inferiore della pagina destra.

La palla non rimarrà sola per molto: i due ragazzini, naturalmente dopo aver chiesto il permesso alla guardia, si precipitano a recuperarla.

La diga ormai si è rotta, e la guardia, prima custode della pagina bianca, viene trasportata in un tripudio di braccia dalla folla festante. A nulla varranno le proteste del generale, che, sconfitto, esclama: «Che gente infantile!! E guarda in che stato hanno lasciato queste pagine. Impressionante... Me ne vado da questa storia, ho deciso. Dopotutto, chi vuole essere l'eroe di una storia per bambini?»

Se è vera la frase attribuita a Picasso: «A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino», credo di poter affermare che la forza dell’illustrazione di Carvalho in quest’albo sia proprio l’aver disegnato come un bambino, instaurando in questo modo una comunicazione immediata ed empatica con i lettori.

I miei alunni sono abituati a riprodurre graficamente molti dei libri che leggiamo in classe, e mi chiedono spesso di poter far passare tra i banchi ogni albo per poterne copiare le illustrazioni originali. Mi pare questo un modo davvero semplice e stimolante per abituarli a tecniche e stili diversi, permettendo loro di trovare il proprio.

Così, per favorire questa attività, ho pensato di fotocopiare a colori su cartoncino bianco le risguardie, per poi portarle in classe e metterle a disposizione dei ragazzi. Nelle risguardie l’illustratore ha riportato tutti i personaggi della storia, un po’ come avviene nei testi teatrali, in cui, all’inizio della pièce, si trovano presentati i personaggi.

Riflettendo insieme ai bambini, abbiamo poi deciso di ritagliare i diversi personaggi, mettendoli a disposizione di tutti, in modo che ognuno potesse via via scegliere il preferito.

A questo punto, a tutti è stato possibile ricopiare in tranquillità i personaggi preferiti, per ricomporre fedelmente le illustrazioni del libro o crearne di nuove.


domenica 12 maggio 2019

La fatica di tenere insieme tutte le cose



Credo che una delle più grandi fatiche degli uomini e delle donne del nostro presente sia tenere insieme tutte le cose; dare un senso alle innumerevoli azioni che compiamo durante il giorno, e che sia un senso frutto di un pensiero, di una volontà, di un’idea di vita.

Non riesco a fare a meno di pensarlo proprio, e ancor di più, in questi giorni, in cui è appena iniziato l’ultimo mese vero di scuola - che il tempo senza i bambini e le bambine è sì un tempo scuola, ma in modo altro; in questi giorni in cui è quasi necessario festeggiare la mamma.

Non m’importa, qui, ragionare sulla vera, reale, effettiva necessità che lo faccia la scuola. Non m’importa farlo qui, e ora, intanto e in primo luogo perché le mie bambine e i miei bambini hanno, tutti, una mamma, qui e ora – e non sempre, non per tutti è così. Ma, soprattutto, perché quest’anno ho le più piccole e i più piccoli della scuola primaria, bambine e bambini che hanno da poco imparato a leggere e soprattutto a scrivere: e così mi sembra bello, e significativo, che in questo giorno sia proprio la loro scrittura a lasciare un segno.

La fatica di tenere insieme tutte le cose riguarda ognuno di noi, e mi pare riguardi in particolar modo gli insegnanti: perché a noi è affidata l’infanzia, in tutte le sue molteplici sfaccettature, e perché per noi è ancora più essenziale dare senso a ciò che facciamo attraverso il pensiero, la volontà, l’idea di vita che passa nella nostra professione.






Proprio per questo, come regalo per le mamme abbiamo provato a tenere insieme la C di cuore e la Q di quadro, appena imparate, attraverso la lettura di Nel mio piccolo grande cuore, di Jo Witek e Christine Roussey, Gallucci, e la produzione scritta, individuale e/o collettiva, con le frasi di ciascuno scritte alla Lim e la possibilità, per tutti, di ricopiare le preferite; e, ancora, il lavoro di religione, in cui bambine e bambini hanno osservato la maternità nell’arte, e presentato ai compagni e alle insegnanti la propria immagine di figli, ovvero una fotografia tra le braccia della mamma. E per finire la rielaborazione grafica, con la possibilità di ricopiare la propria immagine fotografica o di prendere spunto dall’ambientazione di quelle dei compagni.