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lunedì 12 novembre 2018

La mia, la nostra magia

Quando finisce la fiducia nel pensiero magico?

Sappiamo che […] La modalità di pensiero del bambino nei suoi primi sette anni di vita è in buona misura contrapposta alla modalità logica degli adulti, ed è caratterizzata dall’incapacità di distinguere i propri pensieri, desideri, emozioni da quelli degli altri esseri umani; inoltre, questo tipo di pensiero è permeato di animismo, attribuisce cioè sentimenti, volontà, possibilità di azione a tutti gli altri esseri del mondo, anche a quelli inanimati.”   (da Uppa).

Primi sette anni di vita: i miei bambini e le mie bambine si trovano quindi in quella delicata fase di passaggio tra la fine del pensiero magico e la consapevolezza della naturale, e realistica corrispondenza causa-effetto nel manifestarsi degli eventi della propria vita.

Eppure, chi può dire quando davvero si esaurisca il pensiero magico? Cosa sono, se non manifestazioni della sua persistenza, le superstizioni, i riti propiziatori o scaramantici, i gesti ripetuti che ritornano “ogni volta che il pensiero logico non riesce a essere rassicurante di fronte a eventi paurosi o di fronte al desiderio di veder realizzato un desiderio”?





Così, la lettura di La mia magia, su testo di Gaia Guasti e illustrazioni di Simona Mulazzani, Camelozampa, stimola nei bambini riflessioni su se stessi e sugli altri (La tua magia è venire a scuola, mi dice uno. E l’altra, di rimando: La tua magia è raccontare le storie ai bambini).

E se l’esempio più lampante di questo momento di passaggio dal pensiero magico ad un pensiero logico mi pare quello che permette ad A. di affermare: “La mia magia è quando sono vicina al passaggio a livello, io dico una parola e lui si apre (a volte succede, a volte no).”, altri si trasformano in supereroi, leggono libri  di incantesimi o fanno trucchi con carte e foulard. Per qualcuno, magia è cantare; per qualcun altro, non far arrabbiare mamma e papà. 

















Ma quale sarà la nostra magia, quella che possiamo realizzare insieme, come classe?
Sono curiosa di chiederlo ai bambini. 

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P.s. aggiunto alle 14.00

La nostra magia è:


leggere i libri insieme

giocare nel giardino della scuola

aiutarci a vicenda

pitturare insieme

fare lavori di squadra, fare dei lavori insieme

usare la lim insieme, con la maestra

il silenzio che si crea in alcuni momenti speciali

quando tutti noi insieme facciamo la pace

quando la maestra ci legge le storie

la scuola

abbracciarsi, quando facciamo il cerchio degli abbracci

dire le parole belle del sabato e della domenica

volerci bene



fare il giro degli abbracci

essere amici

leggere i libri

giocare tutti insieme

essere amici tutti

imparare nuove cose

andare in palestra

fare i bravi

scrivere

condividere le cose con i compagni

ascoltare la maestra

rispettare le maestre e i compagni e volergli bene

salutare tutti i nostri amici



Come incomincia:

Tutto quello che esiste sulla terra, e anche la terra, la luna e ogni pianeta fino ai confini del mondo, è la mia magia.
La mattina il sole sorge per scaldarmi.
La mucca fa il mio latte. Il fornaio cuoce il pane per me.
Le mie nuvole corrono in cielo.
Il gatto mi fa le fusa.

Gaia Guasti – Simona Mulazzani, La mia Magia, Camelozampa

venerdì 9 novembre 2018

Ciò che è mio, quel che è nostro

Seppur siano passati cinque anni, siano cambiati i bambini e sia cambiata io, ci sono attività che non posso evitare di riproporre, perché mi sembra che siano tanto significative da dover essere realizzate e documentate sul quaderno, perché sia i bambini che i genitori ne possano mantenere più facilmente vivo il ricordo.


Nei giorni scorsi abbiamo letto insieme Il nuovo nido dei piccoli Marsù, di Benjamin Chaud, Bohem Press (una casa editrice che amo molto anche per averci regalato, ormai molti anni fa, le avventure di Lupo Sabbioso).

È un libro davvero originale e divertente, che, tra le altre cose, permette di verificare facilmente le grandi capacità attentive di alcuni bambini e bambine, capaci, dopo una sola lettura, di ricordare senza errori la giusta sequenza degli animali protagonisti.
Certo, la narrazione ad alta voce permette anche questo: e spero, con quest’affermazione, di non aver fatto inorridire i sostenitori della gratuità della lettura.
Sono un’insegnante, e come tutti i miei colleghi ho un incarico che prevede obiettivi pedagogici e didattici. Mi sembra sempre un nonsense che si contesti l’uso strumentale della lettura a scuola: io certo non leggo ad alta voce per valutare e verificare, ma prima, durante e dopo una lettura ad alta voce, posso fare questo e molto altro.
Questo utilizzo della lettura in classe a scopo didattico (e pedagogico, sempre), toglie forse qualcosa alle mie bambine e ai miei bambini? Impedisce loro di goderne appieno, di divertirsi, di riflettere, di condividere pensieri e opinioni?
Io credo di no. Nulla toglie a loro, e, anzi, molto aggiunge, se l’insegnante è sempre capace di mantenere la giusta misura negli interventi, nelle domande, nelle sospensioni della voce propria per dare la possibilità di inserirsi alla voce bambina.
E quindi abbiamo letto, e ripetuto, e il giorno dopo raccontato a chi non c’era. Intanto, abbiamo riassunto. E poi abbiamo riflettuto su quel continuo ripetersi di  “È mio!”.
Quante volte lo ripetono, i bambini e le bambine? E quante volte lo pensiamo anche noi adulti?
Ci sono oggetti che davvero appartengono solo a noi: per i bambini è facile farne un elenco (e poi trovarsi a riflettere sull’affermazione “La mamma è mia” e sulla necessità, per molti, di condividerne l’amore con i fratelli e le sorelle). Eppure, è stato altrettanto facile, e immediato, il passaggio da ciò che appartiene al singolo a ciò che è condiviso: la nostra scuola, il nostro giardino, i nostri maestri, il nostro mondo.




È questa la direzione in cui ci piace andare.


martedì 6 novembre 2018

I cinque malfatti, ovvero "La prima ti dona"

C’è una frase che, da sabato, continua a ronzarmi nella mente.

“La prima ti dona”, ha esclamato un’insegnante, rivolta alla collega che ce lo ha raccontato.

Sarà vero che la prima ci dona? È così per tutti? E perché?

So bene che non esistono risposte universalmente valide; però, da sabato, sto provando a mettere ordine tra le mie.

Forse la prima ci dona perché ci permette di tornare a una dimensione in cui la relazione ha un ruolo imprescindibile nel processo di crescita e di apprendimento (io credo fortemente sia così anche ai livelli più alti dell’istruzione, ma sono altrettanto convinta che sia tanto più necessario quanto più i bambini e le bambine che ci vengono affidati sono piccoli; per noi, loro insegnanti, l’attenzione e la disposizione a creare una relazione positiva, equilibrata ed empatica diventa doverosa, oserei dire obbligatoria).

Forse la prima ci dona perché la richiesta della prestazione non si è ancora nettamente configurata, la necessità di verificare e valutare appare meno pressante e le capacità e le competenze di ognuno hanno ancora una dimensione molto liquida, che le rende non necessariamente imputabili a disturbi e difficoltà specifiche, ma spesso ascrivibili ai diversi ritmi di crescita e sviluppo.

Forse la prima ci dona perché la dimensione del gioco è ancora fortemente presente, l’accoglienza quotidiana un rito condiviso, la ricreazione un tempo che inizia prima e dura ben oltre il suono della campanella.

Forse la prima ci dona perché godiamo di un privilegio raro: vivere dall’interno, così da vicino da esserne parte, e parte attiva, il processo – che, dopo tutti questi anni, a volte mi appare ancora quasi magico – di apprendimento della lettura e della scrittura, in tutte le sue fasi e le sue concettualizzazioni.

Forse la prima ci dona perché possiamo tuffarci nelle profondità del pensiero bambino, che si esprime in tanti e diversi modi: attraverso la condivisione orale delle riflessioni di ognuno/a, la prima produzione scritta, la rappresentazione grafica.



 

Così, I cinque malfatti, di Beatrice Alemagna, Topipittori, ancora una volta ci fanno sorridere, ridere e pensare: perché lo sbagliato è diventato una patata nera?



Perché "il capovolto" è stato cancellato ed è diventato “la capovolta”?



Perché i malfatti sono diventati “manufatti”?


Poco importa: ciò che conta è che sono tutti divertenti e tutti diversi. Proprio come noi.


venerdì 2 novembre 2018

Il mostro peloso, ovvero Ancora sul potere delle parole

Nel bel mezzo di una foresta fitta fitta, in una caverna umida e buia, viveva un mostro peloso.

Era assolutamente ripugnante: la sua testa era  enorme, e da essa uscivano direttamente due piedini piccolissimi. Per questo motivo non riusciva  quasi a camminare e stava sempre nella sua caverna. Aveva una bocca molto grande, due occhietti azzurrognoli e due braccia lunghissime e sottili che uscivano dalle orecchie, con le quali catturava facilmente i topi. Aveva peli dappertutto: sul naso, sui piedi, sulla schiena, sui denti, sugli occhi e anche in altri posti.”

Ci sono storie, e libri, che ci accompagnano per lunga parte della nostra vita: le loro parole ,e le loro immagini,  nel caso degli albi, hanno il potere di suscitare un numero consistente di ricordi.





Il mostro peloso, di Bichonnier – Pef, Emme edizioni, è per me, per i miei figli, per i miei alunni, uno tra questi: da più di un quarto di secolo è presente negli scaffali della mia libreria e nelle mie letture ad alta voce.
È sufficiente leggerne l’incipit perché tutte le esperienze di lettura ad alta voce compiute negli anni tornino vividamente nella memoria: è il libro che mio figlio maggiore a poco più di quattro anni aveva imparato a memoria, e raccontava agli increduli ascoltatori mentre ne sfogliavo le pagine. È il racconto più volte narrato e messo in scena alla scuola dell’infanzia, e letto in ogni prima da che insegno alla scuola primaria. È il libro che, nel ciclo scorso, ha segnato il primo lavoro poetico di cui il quaderno dei miei alunni recasse traccia.


Mi fa sempre sorridere pensare che, nonostante la frequentazione assidua, fin dall’inizio della prima, con i più grandi poeti italiani per l’infanzia - Munari, Scialoja, Piumini, Tognolini - il primo lavoro poetico scritto di cui il quaderno dei miei bambini rechi traccia sia seguìto alla lettura de Il mostro peloso, di Bichionnier – Pef, (E.Elle 1985), un libro scanzonato e divertente in cui la piccola Lucilla, impertinente protagonista, si fa beffe di un orribile mostro proprio attraverso un serratissimo dialogo tutto giocato sulle rime.

“-Haha! gridò il mostro, ora ti faccio la festa!

-Peli sulla testa, disse Lucilla.

[…]

-Ah, mi prendi in giro, piccola insolente?

-Peli sul dente.

[…]

-Ora basta, facciamola finita!

-Peli sulle dita.

-Smettila, cosa credi?

-Peli sui piedi.

-Io li mangio, i marmocchi!

-Peli sugli occhi.

-Preferisci che ti sbrani?

-Peli sulle mani.

-Se credi di farmi pena…

-Peli sulla schiena.

-Ma guarda che ragazzaccia!

-Peli sulle braccia.

-Bada, non avrò pietà!

-Peli a volontà!”



BICHONNIER H. – PEF, Il mostro peloso, EL 1985


(da A scuola con gli albi Insegnare con la bellezza delle parole e delle immagini, Topipittori 2018)


Anche per i miei nuovi, piccoli alunni, Il mostro peloso ha mantenuto intatto il suo fascino. Pochissimi lo conoscevano; tutti, ancora una volta sono stati avvinti dalla magia del racconto.

Un racconto dissacrante, contro ogni stereotipo, a partire dal re pusillanime che, per aver salva la vita, promette al mostro un bambino morbido e cicciottello. La sua bassezza è ancora più evidente quando, incontrata la figlia, la piccola Lucilla, deroga al suo ruolo di padre, adulto, responsabile e difensore dei più piccoli e la depone ai piedi del mostro peloso, per poi filarsela a gambe levate.

Ed eccola, Lucilla, in tutto il suo splendore: capace, a suon di rime, di abbattere le difese del mostro e provocarne l’esplosione, in un tripudio di farfalle. Chi altri, e in quale altro modo, avrebbe potuto liberare il giovane principino da un incantamento – peli sul mento – di un malvagio folletto – peli sul petto?

A questo punto, resi ancor fiduciosi nel potere delle parole, anche noi giochiamo con le vocali e la prima consonante, proprio la M di mostro, cercando oralmente, e poi disegnando,  parole che inizino con A, E, I, O, U e con MA, ME, MI, MO, MU.





lunedì 1 febbraio 2016

Libri PIPPI - I classici: Nel paese dei mostri selvaggi, ovvero Omaggio all'Enrico di Ferro

Oggi inauguro una nuova rubrica collegata ai Libri PIPPI - I classici, per documentare l'utilizzo in classe dei più grandi capolavori della letteratura per l'infanzia. Il libro di oggi mi serve anche, e  soprattutto,  a ricordare che a due anni fa, di questi tempi, risale la conoscenza di un gruppo di amiche che sarebbero diventate speciali, e da cui sarebbe nata una nuova fase della mia vita.

Questo post è dedicato alle Enrichette.

4 febbraio 2014

 
In questi giorni ho avuto il privilegio di essere circondata da persone che amano gli albi illustrati per l’infanzia, e che da questa passione traggono la stessa intensa soddisfazione che provo io. Abbiamo potuto ammirare libri sconosciuti, in lingue diverse dall’italiano, di autori  e illustratori  noti in particolare all’estero o famosissimi anche da noi. Tra questi, uno dei miei preferiti in assoluto, Maurice Sendak, di cui ho scoperto due piccoli (ma immensi per la forza immaginifica) splendidi albi in inglese: 

A hole is to dig 


e How little Lori visited Times Square




È stato quindi ancora più entusiasmante ieri mattina, nel presentare la consonante M ai miei bambini, poter regalare loro la lettura e la visione delle splendide immagini di “Nel paese dei mostri selvaggi”, il mio albo preferito di sempre



Come non immedesimarsi in Max, che, travestito da lupo, ne combina di tutti i colori, minacciando addirittura di sbranare la mamma, per finire dritto in camera sua, senza cena? 
Ma ecco che in quella stessa camera cresce una foresta sempre più fitta, e si forma persino un mare, che porta Max fin nel paese dei mostri selvaggi; ed essi "ruggirono terribilmente, digrignarono terribilmente i denti, rotearono tremendamente gli occhi e mostrarono gli artigli orrendi..", per poi proclamare che "... lui era il più mostro selvaggio di tutti"...
Ma cosa succederà quando Max comincerà a sentire un "buon profumo che viene da lontano"? Riuscirà a resistere alla nostalgia di casa? E cosa troverà ad aspettarlo?


Come incomincia:

“Quella sera Max si mise il costume da lupo e ne combinò di tutti i colori e anche peggio.

La mamma gli gridò: -MOSTRO SELVAGGIO!- e lui le rispose: - E IO TI SBRANO-.

Così fu mandato a letto senza cena.”


SENDAK M., Nel paese dei mostri selvaggi, Babalibri Milano1999









Ma quando i bambini vorrebbero trasformarsi in mostri selvaggi? Attenzione, ce n’è per tutti!











 
5 febbraio 2014
I mostri selvaggi di Sendak sono davvero splendidi: dietro corna arcuate, artigli affilatissimi e denti appuntiti, si svelano sorrisi ed espressioni tenere e buffe, che impediscono di provarne paura. E allora, un mostro ad ogni bambino, e via, all’opera per produrre la propria personalissima tavola del nuovo “Nel paese dei mostri selvaggi” (o sarebbe meglio scrivere “nostri selvaggi”, come ha fatto ieri una bambina?)…