martedì 31 ottobre 2017

Valore
















Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello
che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.

Erri De Luca

Il rischio, con poesie note e ab-usate come questa, è scadere nella banalità; vale per qualsiasi commento se ne faccia, e ancor più vale quando si osa proporne il ricalco, in un’attività di utilizzo dello schema originale per dire qualcosa di nuovo, e di sé.
Mi sembra però di poter affermare che con i ragazzi il rischio è tanto più basso quanto la loro mente è meno conformata, meno adeguata, più libera dagli schemi, interni e esterni, di quella degli adulti.

Intanto, cosa significa, a dieci anni, la parola valore?



Valore è quando pensi a qualcosa che ti piace molto.
Una cosa che ti piace anche se vale poco.
È una cosa che tu hai e che secondo te è importante.
Un oggetto o un pensiero a cui tieni a cuore.
Significa… cioè…valore è la cosa che ti piace, a cui tieni di più.
Valore vuol dire per gli uomini essere qualcuno senza avere troppi paragoni.
Valore significa una cosa che te ritieni importante, e che gli altri magari no.
È qualcosa a cui tieni tanto, e il significato di valore è qualcosa… 
Secondo me valore è qualcosa che ci tieni tanto, però è anche qualcosa che ami come il nostro pianeta e tutto il resto, tutto quello che ci circonda.
Valore è qualcosa che completi da tanto tempo, che ad esempio volevi fare qualcosa da tanto ma non riuscivi a finirla, per te valore è quando la finisci, poi valore è come una cosa che esiste ma non la compri, come la famiglia e tante altre cose.
Secondo me valore vuol dire quando puoi avere quello che desideravi da molto tempo.
Secondo me è formata da due parole che sono: tenere a una cosa che tu non vuoi lasciare e non vuoi dare a qualcun altro.
Per me il valore è una cosa preziosa per te, che non dev’essere solo materiale.
Valore significa una cosa di importante che rappresenta qualcosa e poi la cosa che rappresenta è qualcosa d’importante.
Valore significa avere importanza.
Per me valore è quando hai una cosa che la puoi comprare con i soldi ma allo stesso tempo non ha valore per i soldi.
Valore significa qualcosa a cui tieni, che non costa, per esempio io che faccio la collezione di sassi, e mia mamma cerca di buttarmeli ma io me li riprendo perché ci tengo.



E così, dopo aver riflettuto insieme, è possibile leggere frasi come queste:


Considero valore la verità per quanto sia difficile ammetterlo.

Considero valore ogni fatica fatta.

Considero valore l’importanza del perdono.

Considero valore l’onore di rialzarsi contro ogni difficoltà.

Considero valore anche un solo euro perché c’è chi non ne ha proprio.


Considero valore la cenere dei morti.

Considero valore un addio.

Considero valore il rumore della natura.

Considero valore il mondo, la qualità la grazia di vivere.

Considero valore gli amici, l'idea di sperare, la morte, gli incroci.

Considero valore le persone che vengono assunte al lavoro.

Considero valore la sconfitta, il pianto di qualcuno.


Considero valore una macchia sul quaderno.


























venerdì 27 ottobre 2017

Il titolo nascosto

Nei giorni scorsi ho preso in prestito e letto Il maestro nuovo è tornato, seguito di Il maestro nuovo. Ho deciso però che non lo leggerò in classe, né lo consiglierò ai ragazzi;  durante la lettura, ho pensato spesso a Rob Buyea come ad uno che stia tentando di inerpicarsi su un pendio molto sdrucciolevole, e continui a ruzzolare verso il basso.


Devo però riconoscere a questo libro almeno un merito: avermi regalato un’idea da sviluppare, seppur in modo diverso dall’originale.

Mr. Terupt propone una nuova sfida ai suoi ragazzi: trovare per primi la soluzione di un caso contenuto nel giallo The Westing Game, di Ellen Raskin. 


“Non appena pensate di aver capito scrivete la vostra ipotesi con una spiegazione di come ci siete arrivati. Mettete la soluzione in una busta chiusa, che resterà sigillata finché non avremo finito di leggere il libro. Leggeremo gli ultimi capitoli insieme in classe, e poi apriremo tutte le vostre soluzioni per vedere chi è riuscito a capire o chi ci è arrivato più vicino. E sarà una cerimonia speciale. […] Non appena pensate di sapere la risposta, potrete scrivere la vostra soluzione e darmela. Se ci arrivano in due, vince chi ha consegnato la soluzione per primo. Quindi non dimenticate di mettere la data.”
BUYEA R., Il maestro nuovo è tornato, Rizzoli



Ho letto un libro molto bello, nei giorni scorsi. E ho pensato che fosse il momento giusto per proporlo in classe. Ho anche pensato, però, che il titolo svelasse troppo di ciò che è il senso pieno e profondo della storia, che mi pare invece importante i ragazzi possano cogliere a poco a poco, ascoltandone la lettura.

Proprio per questo, non volevo che i ragazzi ne conoscessero fin da subito il titolo. Così, ho ricoperto il libro con una bella carta da parati, e ho pensato che il gioco proposto da Mr. Terupt ai suoi potesse facilmente essere adattato a quel che stavo per proporre.



Dopo la lettura dei primi due capitoli, ho dato quindi ai ragazzi questa regola: una sola occasione, da qui alla fine della lettura ad alta voce, per indovinare il titolo, da scrivere su un biglietto con la data e il nome del ragazzo, o avvicinarsi ad esso quanto più possibile. .

Alcuni hanno depositato i propri bigliettini già questa mattina: altri, ne sono certa, aspetteranno la parola fine. E anche questo la dice lunga sulle diverse personalità.

giovedì 26 ottobre 2017

La sindrome di Spiderman, ovvero L'altra faccia del potere


-Anto, ci leggi anche Il maestro nuovo è tornato?
-Mhh… non credo. Prima comunque lo devo leggere io, poi caso mai ve lo presto. Ho intenzione di leggervi altro. Anzi, a giudicare dai quaderni che ho corretto oggi, forse sarebbe meglio che vi leggessi un po’ meno e facessimo un po’ di ortografia in più.
Una voce a  metà classe: -Eh, lo dice anche mia mamma.


Non era una boutade, la mia, e neppure una ricerca di consenso. Semplicemente una riflessione ad alta voce, come tante altre fatte con i ragazzi. Una riflessione che, certi giorni, mi toglie tranquillità e un po’ di sonno, e appesantisce quel senso di responsabilità che è l’altra faccia del potere. E il fatto che lo dica anche la mamma di X, e chissà quante altre, certo non mi tranquillizza.

Ci penso spesso, a quanto tempo sottraggo, con la lettura, le riflessioni ad alta voce, le conversazioni, il tentativo di orientare la produzione scritta in una direzione personale, originale, efficace, a quel che è il lavoro canonicamente scolastico.

Sicuramente tanto. Forse troppo. E il pensiero di sbagliare, di percorrere una strada che non sia la migliore, la più adatta per i ragazzi di cui ti prendi cura, a volte può far mancare il fiato. Credo lo sappiano bene molti insegnanti.

Ti chiedi se il tentativo di imboccare sentieri nuovi non sia semplicemente presunzione; se tutto il gran parlare che si fa ogni giorno in classe stia davvero servendo a qualcosa; se le centinaia di libri letti in questi quattro e più anni abbiano lasciato dei segni buoni, dei semi che vadano oltre quel che si può scorgere tra le righe di un quaderno. Ti chiedi se, quando fra qualche mese li lascerai, saranno pronti per il “grande salto”. E se non lo fossero, quanta responsabilità sarebbe tua.

Per natura, per carattere, educazione e formazione, mi rispondo sempre: tanta, se non tutta.

Poi, penso a quanto di bello e buono abbiamo costruito in questi anni. E mi auguro che, sull’altro piatto della bilancia, ci sia anche questo.

Una voce, dalla parte opposta della classe:
-Anto, era meglio se oggi non correggevi.

mercoledì 25 ottobre 2017

Poteri belli, e buoni. Come delle magie.




Penso spesso al grande potere – e alle enormi responsabilità – degli insegnanti. 
Spesso il peso della responsabilità prende il sopravvento sulla bellezza del potere. 
Ci sono poteri belli, e buoni. Come delle magie.
Uno è la lettura ad alta voce.
È il mio potere. Ci credo fortemente. I fatti lo dimostrano, e ne dimostrano la forza.


Da qualche settimana leggo in classe Il maestro nuovo, di Rob Buyea, Rizzoli.


Non è una nuova uscita, tanto che l’ho già letto ai miei alunni di quinta del ciclo precedente.
Ma è sempre perfetto per parlare di punti di vista, stereotipi, pregiudizi, responsabilità individuale e collettiva.

Ieri ne ho terminato la lettura in una classe. E ho detto ai ragazzi che avrebbero avuto 20 minuti per scrivere, del libro e della lettura, ciò che volevano. I minuti sono poi diventati 25, e infine 30. Qualcuno avrebbe voluto continuare. Tutti i testi sono stati scritti di getto, senza traccia, senza prima copia.
Lo so, ci sono ancora degli errori ortografici. E la sintassi non è sempre perfetta. Ma molti non sono riusciti neppure a rileggere, tanto meno a correggere. Io, intanto, ho sbirciato e fotografato. Ne valeva la pena.






























venerdì 20 ottobre 2017

A caccia dell'orso, ovvero Storie di maestr*


Continuano i doni di Sandra Minciotti ad Apedario e ai suoi lettori,  con un intervento che segna la seconda puntata di una rubrica, Storie di maestr*, che mi piacerebbe proseguisse nel tempo, dando spazio e voce a tutti coloro che vorranno regalarci i propri pensieri.
Questa volta seguiremo un orso, fin dentro la sua profondissima tana:

Mi viene in mente Vasco quando dice “Voglio una vita di quelle che non si sa mai”, e non credo si riferisse alla vita di una maestra. E invece si.
Avevo trascorso una buona parte del pomeriggio a progettare per il giorno successivo alcune attività sulla consapevolezza fonologica.
Arrivata a scuola, dopo i saluti e i racconti di rito sul compleanno del nonno e l’acquisto di un QUAD, sfodero la mia agenda e mi appresto a raccontare una storia inventata lì per lì sul Mago dei suoni, responsabile di avere rubato tutti i suoni della scuola (a volte non guasterebbe).
Mi si avvicina M. e mi dice : “Maestra, ti ho portato un libro.”
Lo guardo e ho un immediato reset di tutto il lavoro che avevo in mente.





“A caccia dell’orso” è un albo preziosissimo, non lo ricordavo, ma con uno di quei flash spazio-temporali che sicuramente tutti conosciamo ci ho visto innumerevoli percorsi di scrittura, di geo-storia, di arte, di educazione fisica.
Infatti siamo andati in palestra e, cantando la canzone, i bambini hanno superato piccoli ostacoli, sono scivolati sotto corde tese dai compagni, hanno fatto lo slalom tra clavette per arrivare alla tana dell’orso : c’è stato chi è scappato, chi lo ha sfidato, ma ci sono stati anche degli abbracci.
Nel fare ciò abbiamo ripetuto varie volte i suoni dell’erba, dell’acqua, della melma, del bosco, della tempesta di neve.
Una volta tornati in classe, ho chiesto ai bambini di disegnare una parte della storia e di scrivere il suono corrispondente, come erano capaci.













L’attività è proseguita nel laboratorio di arte …





 … e nel quaderno di geografia




In storia lavoreremo sulle sequenze.




Ed ecco i cartelloni pronti per essere illustrati all'assemblea con i genitori...







Storie di maestr*, "di quell* che non si sa mai".