Credo nel dettato.
Ci credo allo stesso modo in cui credo nell’esercizio che
migliora l’automatismo della lettura, nella frequentazione fisica e quotidiani
di buoni libri, nel potere inclusivo e democratico della lettura ad alta voce e nella bellezza delle immagini, nella condivisione di abbracci e parole belle.
Credo nel dettato, anche se negli ultimi anni l’ho
praticato meno di quanto avrei voluto, proprio per una sorta di istinto di protezione nei confronti di chi, da questa
attività, sarebbe stato prepotentemente escluso, o in ogni caso messo in grave
difficoltà. Probabilmente avrei dovuto trovare modalità alternative per
potenziare l’ortografia che, da vecchia maestra, considero ancora, dove
possibile, obiettivo prioritario. Non ci sono riuscita, ed è uno dei crucci che,
a volte, mi tengono sveglia.
Nei giorni scorsi bambini e bambine si sono cimentati in
un dettato con diversi livelli di complessità: da parole molto semplici (in
genere bisillabe) a trisillabe e quadrisillabe, per giungere, alla fine, alle
parole più difficili, contenenti consonanti doppie o le cosiddette “lettere ponte”.
Credo che meriti una riflessione a parte la modalità di
correzione: ho chiesto ai bambini di scrivere solo sulla colonna di sinistra di
pagine piegate a metà. In questo modo, la colonna di destra è rimasta a
completa disposizione per la correzione, eseguita collettivamente in classe.
Ho segnato le parole errate con un (discreto) puntino
azzurro a margine: tutte le parole sono state poi correttamente riscritte nelle
colonne di destra, la cui lettura è stata assegnata come compito per casa.
Mi pare, in questo modo, di poter evitare l’enfatizzazione
dell’errore e di permettere a tutti, anche ai bambini maggiormente in difficoltà,
di confrontarsi, soprattutto in lettura, con la corretta scrittura di ogni
parola.
(Le immagini sono tratte da tre quaderni diversi)
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