lunedì 21 gennaio 2019

Nonni, genere e grammatica


Nei giorni delle vacanze natalizie, ho letto il bel saggio di Marnie Campagnaro e Marco Dallari, Incanto e racconto nel labirinto delle figure Albi illustrati e relazione educativa (Erickson 2014), da troppo tempo sul mio scaffale, e a cui purtroppo non ha giovato la scelta editoriale di una grafica in bianco e nero, con un’appendice a colori delle immagini distribuite tra le pagine.



È stata davvero un’ottima lettura. Vi ho trovato analisi attente e lucide, linee educative condivise, e, tra i molti suggerimenti bibliografici, uno spendibile nell’immediato.

Siamo rientrati dalle vacanze con la N di Natale, e di nascita. Così mi è sembrato bello proseguire con la N di nonni, che con il Natale, e la nascita, hanno molti e strettissimi legami.




L’albo di Chema Heras e Rosa Osuna, Nonni (Kalandraka 2010) narra un amore che fa i conti con gli anni, la fatica, gli acciacchi, ma che non smette di guardare l’altro con tenerezza e poesia.

Nonno Mario vuole a tutti i costi portare nonna Maria al ballo in piazza; e ci riuscirà, nonostante l’iniziale e ripetuta ritrosia di lei, proprio attraverso le parole che trasformano gli effetti della vecchiaia in similitudini capaci di suggestionare anche i più piccoli.

Sei bella come il sole,

con gli occhi tristi come le stelle della notte,

le ciglia corte come erba appena tagliata,

la pelle rugosa come le noci di una torta,

le labbra secche come sabbia del deserto,

i capelli bianchi come nuvole d’estate

e le gambe magre come quelle di una rondine.


Ma sbrigati, per favore, che dobbiamo andare a ballare!


Nonno Mario e nonna Maria, dunque. E sono proprio i bambini ad accorgersi che i due nomi sono uguali.
No, non sono uguali uguali, cambia la finale.
Mario Maria.

L’occasione è davvero troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire: così, in un’attività non programmata, ma che davvero risulta essere una riflessione sulla lingua divertente e significativa, chiedo a ogni bambino/bambina di alzarsi in piedi, dire il proprio nome, se maschile o femminile e provare a cambiarne il genere.

Con alcuni è facile: Christian diventa Cristiana, Martina si trasforma in Martino.

Altri rivelano nomi che per i bambini risultano sconosciuti, ma che noi adulti riveliamo possibili: Tommasina, Lorenza.

Alcuni, come Mattia, sono maschili anche se terminano con A.

E poi ci sono quelli che proprio non si possono trasformare: Eva, Matilde, Matteo, Aurora, Ginevra. I tentativi scatenano l’ilarità generale. E con i bambini che hanno nomi che arrivano da altri paesi? Bisogna chiedere ai genitori.

Nel frattempo, arriva il momento di passare ad una nuova consonante, la R, e mi ricordo di avere, tra gli ultimi acquisti, un albo appena letto che ci permetterà di ritrovare i nonni e scoprire un nuovo, misterioso personaggio: nientemeno che un rinofante…








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