venerdì 18 gennaio 2019

Dettato: un atto di fede


Credo nel dettato.

Ci credo allo stesso modo in cui credo nell’esercizio che migliora l’automatismo della lettura, nella frequentazione fisica e quotidiani di buoni libri, nel potere inclusivo e democratico della lettura ad alta voce e nella bellezza delle immagini, nella condivisione di abbracci e parole belle.
Credo nel dettato, anche se negli ultimi anni l’ho praticato meno di quanto avrei voluto, proprio per una sorta di istinto di protezione nei confronti di chi, da questa attività, sarebbe stato prepotentemente escluso, o in ogni caso messo in grave difficoltà. Probabilmente avrei dovuto trovare modalità alternative per potenziare l’ortografia che, da vecchia maestra, considero ancora, dove possibile, obiettivo prioritario. Non ci sono riuscita, ed è uno dei crucci che, a volte, mi tengono sveglia.
Nei giorni scorsi bambini e bambine si sono cimentati in un dettato con diversi livelli di complessità: da parole molto semplici (in genere bisillabe) a trisillabe e quadrisillabe, per giungere, alla fine, alle parole più difficili, contenenti consonanti doppie o le cosiddette “lettere ponte”.
Credo che meriti una riflessione a parte la modalità di correzione: ho chiesto ai bambini di scrivere solo sulla colonna di sinistra di pagine piegate a metà. In questo modo, la colonna di destra è rimasta a completa disposizione per la correzione, eseguita collettivamente in classe.
Ho segnato le parole errate con un (discreto) puntino azzurro a margine: tutte le parole sono state poi correttamente riscritte nelle colonne di destra, la cui lettura è stata assegnata come compito per casa.
Mi pare, in questo modo, di poter evitare l’enfatizzazione dell’errore e di permettere a tutti, anche ai bambini maggiormente in difficoltà, di confrontarsi, soprattutto in lettura, con la corretta scrittura di ogni parola.





 

(Le immagini sono tratte da tre quaderni diversi)

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