Uno
come Antonio, di Susanna Mattiangeli e Maria Chiara Di
Giorgio, Il castoro, è uno di quei libri che ho letto tantissimo – oserei dire
sempre – negli ultimi mesi, nelle occasioni di incontro con i colleghi, gli
studenti di Scienze della Formazione, gli appassionati di albi illustrati: chi c’era
lo sa.
Lo amo
tanto, da tempo; tanto da averne scritto, a poche settimane dall’uscita,
proprio qui, sul blog. È stato, credo, l’ultimo Mercoledì al cubo con le
Briciole di Passpartu e Maria Polita, di Scaffale Basso. E forse non avremmo
potuto concludere meglio quell’avventura insieme.
Mi
accorgo, nella lettura agli adulti, di leggerlo con un trasporto particolare,
soprattutto nella sua pagina per me più impegnativa:
Però
basta voltare pagina
ed ecco
Antonio che ascolta la lezione.
A
scuola è un alunno e deve stare attento
deve
stare attento e più ci pensa e meno sta attento.
Se
si distrae troppo diventa un viaggiatore dello spazio
che vede
dall’alto la sua città, la sua scuola
la sua
classe e anche se stesso,
un
piccolo terrestre che viene sgridato dalla maestra
perché
non ascolta la lezione sui primi abitanti
del
suo pianeta.
Come
si può restare indifferenti a un passaggio come questo?
Come
può un insegnante (con o senza apostrofo, naturalmente) non interrogarsi sugli almeno
due o tre nomi che potrebbe agevolmente sostituire – e l’ha già fatto, col
pensiero – ad Antonio, mentre legge?
Come
può non rammaricarsi di quelli che quotidianamente perde, per pochi o molti
minuti, o che non è riuscita a catturare, per gli svariati, infiniti motivi di
cui è colma la mente di un bambino?
Leggo
sempre agli adulti Uno come Antonio insieme a Stavo pensando…di
Sandol Stoddard e Igor Chermayeff, nella magnifica traduzione di Bruno
Tognolini per Topipittori. Mi sembra che insieme siano insuperabili.
E
invece ieri ho letto Uno come Antonio per la prima volta a dei bambini e a
delle bambine.
Ai miei
bambini e alle mie bambine.
E in
entrambe le classi, me l’hanno subito richiesto, un’altra volta.
E
poi l’ho letto una terza. Mentre disegnavano, e scrivevano.
Perché
il più scaltro, quello che ormai anticipa ogni mia mossa (Mi leggi nella
mente, gli ho detto oggi. E lui rideva felice) l’aveva già capito: A
sinistra facciamo Uno come Antonio, e a destra Uno come… e mettiamo il nostro
nome).
Ah,
i bambini e le bambine!
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