Da tempo non scrivo di un albo
per il puro gusto di farlo. Per dire, semplicemente: “Questo libro è bellissimo,
non potete farne a meno, compratelo.”
Perché, la maggior parte delle
volte, io i libri li leggo anche per utilizzarli in classe. E spesso c’è questa
sorta di retropensiero, che potrebbe farmi perdere la strada. O, meglio, al
contrario, costringermi su una strada fin troppo nota, e impedirmi di perdermi.
Che, a volte, perdersi è necessario.
E insomma, c’è un libro che
mi ha fatto tornare prepotente il desiderio di scriverne solo per scriverne.
Non so nemmeno se lo sto facendo per chi ne leggerà, o se lo faccio principalmente
per me, perché scrivere mi piace, e scrivere di una cosa bella è un lusso, una
forza, una beatitudine.
Non uso a caso questa
parola: ogni volta che apro, sfoglio, leggo
Gatto Felice
di Giovanna Zoboli e Simona
Mulazzani, Topipittori
è proprio il senso di
beatitudine a impadronirsi di me. Proprio come fanno certi gatti (e anche certi
cani).
Non so perché ciò avvenga, e
per certi versi ho una sorta di pudore a tentare di raccontarlo: perché
Giovanna è il mio editore, nonché il mio editor, e tutto quel che rischia anche
solo vagamente di passare per piaggeria mi allontana, mi trattiene.
Eppure, Gatto Felice.
Mi chiama. È così. Ogni
tanto - non c’entra nulla - mi viene in mente. E sorrido.
Mi immagino mentre lo leggo
ai miei ragazzi. Che ho proprio voglia di farlo. Ma dev’essere il momento
giusto. E non è detto che debba essere un regalo. Potrebbe invece essere una
riconciliazione, la risposta a un momento di conflitto, di fatica, di disagio. A
volte, di delusione. Ce ne sono, in classe. Eccome se ce ne sono.
E allora lo metto in borsa.
E aspetto. Aspetto che quel momento arrivi. E, prima, ancora una volta, me lo
gusto da sola.
Che poi, io le recensioni
mica le so scrivere. So scrivere di quel che faccio in classe coi ragazzi. Questo
faccio.
Però, come si fa a non scrivere
di questo gattone, amico, fra l’altro, di un cuscino e due libri, con un gilet
nero e un paio di pantofole a forma di zampe di gatto, e con i croccantini a
forma di cuore nella ciotola gialla? Gialla come la luna che occhieggia dalla
finestra.
Perché Gatto Felice, è
chiaro, è amico anche della notte e, naturalmente, della luna.
E poi, in una notte estiva
di gran caldo, Gatto Felice
“[…]
siccome delle sue sette vite ormai gliene sono rimaste due, decide che è venuto
il momento di partire.
Così
parte come partono i gatti quando vogliono fare il giro del mondo.
In
silenzio, da una porticina che c’è nel buio.”
Forse, ho pensato, Gatto
Felice mi piace tanto perché è tutto il contrario di me: audace, viaggiatore,
silenzioso. E vive le stesse avventure che vorrei vivere io, se ne avessi il coraggio.
E chissà se anch’io sarò
capace, quando mi rimarranno solo due vite, di decidere che è venuto il momento
di partire. In silenzio, da una porticina che c’è nel buio.
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