Mi
chiedo spesso quanto la mia insistenza su alcuni temi educativamente forti (o
che, quantomeno, lo sono per me) sia motivata e ragionevolmente giustificata.
Mi
chiedo altrettanto spesso se, forse, non farei meglio a tirare dritto, ad andar
via veloce, a macinare parole, frasi, dettati, regole e letture.
Me
lo chiedo, insistentemente. Poi, continuo a fare di testa mia.
Abbiamo
tre bambini neoarrivati, quest’anno, in classe.
Ho
voglia di darmi e darci il tempo per conoscerci meglio. Lo trovo necessario.
Così,
invece di riproporre, come cinque anni fa, L’alfabeto delle vacanze, mi collego
alle letture dei primi giorni, alle cose più importanti.
Ancora
una volta, chiedo loro di scrivere su un foglietto le loro “cose importanti”,
quelle assolutamente personali, e insindacabili.
Poi,
però, chiedo loro uno sforzo, ulteriore e grande: perché il lavoro sul quaderno
sarà collettivo. E mi pare, questa, la sua dimensione più interessante, e
significativa.
Perché
sul foglietto puoi scrivere la tua squadra del cuore, o il nome di tua sorella,
o del tuo migliore amico: ma poi, quando insieme dovremo scegliere cosa
scrivere e a cosa rinunciare (perché per ogni lettera c’è una sola riga, e
tocca fare delle scelte), allora dovremo trovare un accordo: e se scrivessimo
Milan, poi dovremmo scrivere anche Juve, o Sassuolo o Palermo.
E se
scrivessimo olfatto, dovremmo aggiungere gli altri sensi.
Così
ci troviamo a ragionare sulla necessità di scrivere VOTI (decidiamo di
preferire VOLTI, VITA, VENTO). Escludiamo anche VAR (e ZANZARE, ISTRICI,
ELEFANTI).
Non scriviamo
i nomi dei cibi, tranne PANE, che almeno quello dovrebbe esserci per tutti, e
lo eleggiamo a simbolo.
Con
la R ci vengono in mente dei verbi: e io esulto, sentendo RACCONTARE, e RIDERE.
Uno
dei bimbi nuovi dice FANTASIA, e IMMAGINARE. Sorrido, pensando che faremo di
tutto per tutelare queste sue parole.
Con
la L, mi guardano, e in coro urlano: LIBRI.
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