Anne Herbauts ci ha da tempo
abituati a libri inconsueti, spiazzanti, che lasciano ampio spazio
all’immaginario. Ci si sente liberi, leggendo
i suoi libri: così liberi che, a volte, può capitare di sentire la mancanza di
una mano salda che accompagni e di una voce autorevole che spieghi.
Una mano grande come quella che
dà il titolo all’albo
Una storia grande come la
mano
di
Anne Herbauts, Gallucci
Come incomincia:
“Una
storia grande come la mano,
allora
sono cinque storie!”
esclamò
il bambino, mostrando le dita.
“Chissà,
chissà,
dipende
tutto da come le conti”
disse
Tigre.
E qui, fin da subito, il
primo dei tanti richiami avvertiti fin dalla lettura iniziale: una tigre, anzi,
una Tigre con la maiuscola, come quella piccola Tigre di Janosch che accompagna
piccolo Orso nelle sue avventure quotidiane, in Oh, com’è bella Panama!, Kalandraka. O come la tigre di Calvin e Hobbes, viva e pensante nella vita a
due con il piccolo protagonista, e improvvisamente inanimata all’apparire
dell’adulto. E, ancora, Una tigre all’ora
del tè, di Judith Kerr, Mondadori. Quante tigri benevole, nella letteratura
per l’infanzia.
Il bambino, invece, “aveva la fortuna di avere un nome che
cominciava con una Y.
Y.
Come un ramo.
Un
ramo nel nome. Lo chiamavano anche Piccolo Ramo.
Forse
perché abitava sul limitare della foresta?”
È una strana foresta, quella
di cui si parla: perché da essa, ogni notte, una marea risale e poi si ritrae, svaporando con un gusto di spuma, che
par di sentir sulle labbra.
Un mattino, il dono portato
dalla marea è un paio di stivali rossi. Perfetti per addormentarcisi, e sognare
di camminare.
Mentre leggo, un nuovo
richiamo: a Un grande giorno di niente, di
Beatrice Alemagna, Topipittori, alle sue pozzanghere, ai suoi verdi, al suo
fango. Alle sue tragedie. Le piccole e quelle più grandi.
E il girovagare di Piccolo
Ramo e Tigre mi ricorda il viaggio apparentemente senza meta de L’orso che non c’era, di Oren Lavie, e
Wolf Elrbruch, edizioni e/o.
Piccolo
Ramo sale sulle spalle di una canzone che gli ritorna in mente per frammenti […].
Tigre
pensa che sia ridicolo viaggiare a cavallo di una canzone.
Forse ridicolo come per un
orso viaggiare a cavallo di una tartaruga?
L’immagine dietro un vetro
della casa di Nonna Corteccia mi fa pensare agli acquerelli di Marina Marcolin.
E, finalmente, dopo un
graffio di Gatto sulla mano, e la cura della ferita, e le tisane amare, e le torte
deliziose, una storia, una storia grande come la mano (“Allora sono cinque storie!”), può incominciare.
Una storia per crescere
Una storia piccina picciò
Una storia a dieci dita
Una storia silenziosa
La storia di una mano
E poi, al mattino,
La
marea si ritirerà, tra gli alberi, in un frusciare di foglie.
I
tronchi saranno neri e immobili. Il vento cadrà. Sarà il mattino.
La
foresta si scrollerà di dosso i canti degli uccelli.
[…]
Qui la versione delle BricioleQui la versione di Scaffale Basso
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