“La prima ti dona”, ha esclamato un’insegnante, rivolta alla
collega che ce lo ha raccontato.
Sarà vero che la prima ci dona? È così per tutti? E perché?
So bene che non esistono risposte universalmente valide;
però, da sabato, sto provando a mettere ordine tra le mie.
Forse la prima ci dona perché
ci permette di tornare a una dimensione in cui la relazione ha un ruolo
imprescindibile nel processo di crescita e di apprendimento (io credo fortemente
sia così anche ai livelli più alti dell’istruzione, ma sono altrettanto
convinta che sia tanto più necessario quanto più i bambini e le bambine che ci
vengono affidati sono piccoli; per noi, loro insegnanti, l’attenzione e la
disposizione a creare una relazione positiva, equilibrata ed empatica diventa doverosa,
oserei dire obbligatoria).
Forse la prima ci dona perché
la richiesta della prestazione non si è ancora nettamente configurata, la necessità
di verificare e valutare appare meno pressante e le capacità e le competenze di
ognuno hanno ancora una dimensione molto liquida, che le rende non necessariamente
imputabili a disturbi e difficoltà specifiche, ma spesso ascrivibili ai diversi
ritmi di crescita e sviluppo.
Forse la prima ci dona perché
la dimensione del gioco è ancora fortemente presente, l’accoglienza quotidiana
un rito condiviso, la ricreazione un tempo che inizia prima e dura ben oltre il
suono della campanella.
Forse la prima ci dona
perché godiamo di un privilegio raro: vivere dall’interno, così da vicino da
esserne parte, e parte attiva, il processo – che, dopo tutti questi anni, a volte mi appare ancora quasi magico
– di apprendimento della lettura e della scrittura, in tutte le sue fasi e le
sue concettualizzazioni.
Forse la prima ci dona
perché possiamo tuffarci nelle profondità del pensiero bambino, che si esprime
in tanti e diversi modi: attraverso la condivisione orale delle riflessioni di
ognuno/a, la prima produzione scritta, la rappresentazione grafica.
Così, I cinque malfatti, di Beatrice
Alemagna, Topipittori, ancora una volta ci fanno sorridere, ridere e pensare:
perché lo sbagliato è diventato una patata nera?
Perché "il capovolto" è stato
cancellato ed è diventato “la capovolta”?
Perché i malfatti sono diventati
“manufatti”?
Poco importa: ciò che conta è che sono tutti divertenti e tutti diversi. Proprio come noi.
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