Nei giorni scorsi abbiamo
letto insieme Il nuovo nido dei piccoli Marsù, di Benjamin Chaud, Bohem Press
(una casa editrice che amo molto anche per averci regalato, ormai molti anni fa,
le avventure di Lupo Sabbioso).
È un libro davvero originale
e divertente, che, tra le altre cose, permette di verificare facilmente le
grandi capacità attentive di alcuni bambini e bambine, capaci, dopo una sola
lettura, di ricordare senza errori la giusta sequenza degli animali protagonisti.
Certo, la narrazione ad alta
voce permette anche questo: e spero, con quest’affermazione, di non aver fatto
inorridire i sostenitori della gratuità della lettura.
Sono un’insegnante, e come
tutti i miei colleghi ho un incarico che prevede obiettivi pedagogici e didattici.
Mi sembra sempre un nonsense che si contesti l’uso strumentale della lettura a
scuola: io certo non leggo ad alta voce per valutare e verificare, ma prima,
durante e dopo una lettura ad alta voce, posso fare questo e molto altro.
Questo utilizzo della
lettura in classe a scopo didattico (e pedagogico, sempre), toglie forse
qualcosa alle mie bambine e ai miei bambini? Impedisce loro di goderne appieno,
di divertirsi, di riflettere, di condividere pensieri e opinioni?
Io credo di no. Nulla toglie
a loro, e, anzi, molto aggiunge, se l’insegnante è sempre capace di mantenere
la giusta misura negli interventi, nelle domande, nelle sospensioni della voce propria
per dare la possibilità di inserirsi alla voce bambina.
E quindi abbiamo letto, e
ripetuto, e il giorno dopo raccontato a chi non c’era. Intanto, abbiamo
riassunto. E poi abbiamo riflettuto su quel continuo ripetersi di “È mio!”.
Quante volte lo ripetono, i
bambini e le bambine? E quante volte lo pensiamo anche noi adulti?
Ci sono oggetti che davvero
appartengono solo a noi: per i bambini è facile farne un elenco (e poi trovarsi
a riflettere sull’affermazione “La mamma è mia” e sulla necessità, per molti,
di condividerne l’amore con i fratelli e le sorelle). Eppure, è stato
altrettanto facile, e immediato, il passaggio da ciò che appartiene al singolo
a ciò che è condiviso: la nostra scuola, il nostro giardino, i nostri maestri,
il nostro mondo.
È questa la direzione in cui
ci piace andare.
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