Era assolutamente
ripugnante: la sua testa era enorme, e da essa uscivano direttamente due piedini
piccolissimi. Per questo motivo non riusciva quasi a camminare e stava sempre nella
sua caverna. Aveva una bocca molto grande, due occhietti azzurrognoli e due
braccia lunghissime e sottili che uscivano dalle orecchie, con le quali
catturava facilmente i topi. Aveva peli dappertutto: sul naso, sui piedi, sulla
schiena, sui denti, sugli occhi e anche in altri posti.”
Ci sono storie, e libri, che ci accompagnano per lunga
parte della nostra vita: le loro parole ,e le loro immagini, nel caso degli albi, hanno il potere di suscitare un numero consistente
di ricordi.
Il
mostro peloso, di Bichonnier – Pef, Emme edizioni, è per me, per
i miei figli, per i miei alunni, uno tra questi: da più di un quarto di secolo
è presente negli scaffali della mia libreria e nelle mie letture ad alta voce.
È sufficiente leggerne l’incipit perché tutte le
esperienze di lettura ad alta voce compiute negli anni tornino vividamente
nella memoria: è il libro che mio figlio maggiore a poco più di quattro anni
aveva imparato a memoria, e raccontava agli increduli ascoltatori mentre ne sfogliavo
le pagine. È il racconto più volte narrato e messo in scena alla scuola dell’infanzia,
e letto in ogni prima da che insegno alla scuola primaria. È il libro che, nel
ciclo scorso, ha segnato il primo lavoro poetico di cui il quaderno dei miei
alunni recasse traccia.
Mi fa sempre sorridere pensare che, nonostante
la frequentazione assidua, fin dall’inizio della prima, con i più grandi poeti
italiani per l’infanzia - Munari, Scialoja, Piumini, Tognolini - il primo
lavoro poetico scritto di cui il quaderno dei miei bambini rechi traccia sia seguìto
alla lettura de Il mostro peloso, di
Bichionnier – Pef, (E.Elle 1985), un libro scanzonato e divertente in cui la
piccola Lucilla, impertinente protagonista, si fa beffe di un orribile mostro
proprio attraverso un serratissimo dialogo tutto giocato sulle rime.
“-Haha!
gridò il mostro, ora ti faccio la festa!
-Peli sulla testa, disse Lucilla.
[…]
-Ah,
mi prendi in giro, piccola insolente?
-Peli sul dente.
[…]
-Ora
basta, facciamola finita!
-Peli sulle dita.
-Smettila,
cosa credi?
-Peli sui piedi.
-Io
li mangio, i marmocchi!
-Peli sugli occhi.
-Preferisci
che ti sbrani?
-Peli sulle mani.
-Se
credi di farmi pena…
-Peli sulla schiena.
-Ma
guarda che ragazzaccia!
-Peli sulle braccia.
-Bada,
non avrò pietà!
-Peli a volontà!”
BICHONNIER
H. – PEF, Il mostro peloso, EL 1985
(da
A scuola con gli albi Insegnare con la
bellezza delle parole e delle immagini, Topipittori 2018)
Anche per i miei nuovi, piccoli alunni, Il
mostro peloso ha mantenuto intatto il suo fascino. Pochissimi lo conoscevano; tutti, ancora una volta sono stati avvinti dalla magia del racconto.
Un racconto dissacrante, contro ogni
stereotipo, a partire dal re pusillanime che, per aver salva la vita, promette
al mostro un bambino morbido e cicciottello. La sua bassezza è ancora più
evidente quando, incontrata la figlia, la piccola Lucilla, deroga al suo ruolo
di padre, adulto, responsabile e difensore dei più piccoli e la depone ai piedi
del mostro peloso, per poi filarsela a gambe levate.
Ed eccola, Lucilla, in tutto il suo splendore:
capace, a suon di rime, di abbattere le difese del mostro e provocarne l’esplosione,
in un tripudio di farfalle. Chi altri, e in quale altro modo, avrebbe potuto
liberare il giovane principino da un
incantamento – peli sul mento – di un malvagio folletto – peli sul petto?
A questo punto, resi ancor fiduciosi nel potere delle parole, anche
noi giochiamo con le vocali e la prima consonante, proprio la M di mostro,
cercando oralmente, e poi disegnando, parole che inizino con A, E, I, O, U e con MA, ME, MI, MO, MU.
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