mercoledì 5 agosto 2015

Letture estive (18): Le parole scappate

Le parole scappate


di Arianna Papini, Coccole e Caccole


Il racconto a due voci di un legame tanto stretto quanto sottoposto ai tradimenti delle parole: quelle della nonna, che la memoria si ostina a nascondere, come i ricordi, e quelle scritte, che il protagonista bambino fatica a leggere e interpretare.


Come incomincia:

La solitudine del cuore

Non so chi sono. Ma sono viva.
Ho molti anni, credo. Le persone di questa famiglia mi pare di conoscerle a volte. Ci sono una donna e un uomo, lui tanto bello non è. Lei invece mi è più familiare, mi ricorda qualcosa.
Quando chiedo: -Chi siete?
Mi rispondono: -Dai, nonna falla finita!
Se la faccio finita non ci sono più.
Sono persa, non trovo la mia storia da nessuna parte.
Vado d'accordo col gatto. Lui siede sulle mie gambe stanche e fa il pane con le unghie, mi sembra un gatto maschio.
Mi sveglia dal torpore. Queste parole che penso non so quasi mai dirle, mentre le immagino se ne vanno.
Non so i nomi di queste persone.
C'è un bambino. Quello sì, lui mi dà gioia. Siede al tavolo di cucina e beve il latte con dentro dei biscottini marroni. Quell'odore mi porta a una cosa che non so cos'è. Come tutti gli altri odori. Vorrei ricordare, ma resto nel silenzio profondo senza immagini e senza memoria.


Da quando è iniziata la scuola, tre anni fa, la mia vita è parecchio difficile. Sono diverso dagli altri bambini, forse.
Sto sempre fuori dal gruppo.
Le maestre all'inizio mi sgridavano perché le cose fatte un momento prima se ne andavano dalla testa, come se non fossero esistite mai.
Poi è stato peggio.
Pensano che non posso capire, che non ce la faccio, Eppure le parole le vedo, una alla volta. Non so metterle insieme, mi si confondono negli occhi, mi spariscono nella testa e alla fine non le trovo più. E allora balbetto oppure mi prende la solitudine del cuore.
Nelle pagine, lì le parole sono nere, fredde e sconosciute. Mi fanno paura, sono cattive e misteriose.

PAPINI A., Le parole scappate, Edizioni Coccole e caccole




Mi soffermo sulle parole del bambino. Mi feriscono, dalla prima all'ultima.

Da quando è iniziata la scuola, tre anni fa, la mia vita è parecchio difficile. Sono diverso dagli altri bambini, forse.
Sto sempre fuori dal gruppo.

Quante volte la scuola rende la vita difficile a un bambino?
Perché un luogo che dovrebbe essere di crescita serena diventa problematico, denso di insidie e difficoltà?

Le maestre all'inizio mi sgridavano perché le cose fatte un momento prima se ne andavano dalla testa, come se non fossero esistite mai.

Capita, credo a tutti:
-L'ho appena spiegato, sta' più attento!”
-Come puoi già essertene dimenticato?
-Ma è facile, l'abbiamo detto/fatto tante volte!

Poi è stato peggio.
Pensano che non posso capire, che non ce la faccio.

Eccolo, il rischio peggiore: dare per scontato che un bambino non capisca, che non possa farcela. Sgombrargli il campo da ogni seppur minima difficoltà, dagli ostacoli che, superati, permettono di progredire. Sostituirsi al bambino, mettersi al suo posto, per far prima e meglio.

Eppure le parole le vedo, una alla volta. Non so metterle insieme, mi si confondono negli occhi, mi spariscono nella testa e alla fine non le trovo più. E allora balbetto oppure mi prende la solitudine del cuore.
Nelle pagine, lì le parole sono nere, fredde e sconosciute. Mi fanno paura, sono cattive e misteriose.

Un libro per ricostruire l'amicizia con le parole, dette e scritte. Perché non siano più fredde e sconosciute, ma amiche fedeli per tutta la vita.


Qui l'intensa recensione di Marina Petruzio.

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