In questi giorni di valutazioni, mi piace riproporre la
lettera scritta un anno fa ai miei ragazzi.
15 febbraio 2016
Il suo nome moderno è
“Documento di valutazione”, ma per molti, genitori, bambini, gli
insegnanti stessi, è rimasta la pagella.
Giovedì pomeriggio, mentre i
miei bambini leggevano e commentavano la propria con le rispettive famiglie, ho fatto il compito.
Pagelle
Poche ore fa vi abbiamo
consegnato le pagelle, chiuse dentro la cartelletta, chiedendovi di non
sbirciare, ma di leggerle a casa, con la vostra famiglia, in tutta
tranquillità.
Questa mattina qualcuno ha
esclamato, sussurrato, confidato, ripetuto: “Sono agitato” “Sono emozionato” “Ho paura”.
Non riesco a smettere di
immaginare le vostre facce mentre leggete i voti, ma soprattutto il giudizio.
Mi chiedo chi di voi sarà felice, chi deluso, se ci sarà qualcuno triste o arrabbiato.
Mi raccomando, leggete con
attenzione il giudizio. Sapete bene, spero (perché l’abbiamo ripetuto molte
volte) che per le maestre, ma anche per voi e per i vostri genitori, è il
giudizio a contare di più: perché è proprio nel giudizio, più che nei voti, che
scriviamo quel che ci sembra di aver capito di voi, di come state a scuola, di
come imparate, se la scuola per voi è ancora qualche volta una fatica, oppure
se potreste impegnarvi di più, o se fate tutto con impegno e vi sforzate di
migliorare dove è meno facile.
È difficile, per gli
insegnanti, pensare e scrivere un giudizio. Perché dentro poche righe bisogna
cercare di dire le cose vere, e bisogna farlo con lo scopo di aiutare chi è in
difficoltà, di spronare all’impegno chi sembra avere meno interesse, e soprattutto di evitare
che i bambini con i voti più alti smettano di impegnarsi o pensino di essere i migliori.
Non è sempre così, credo che
lo sappiate anche voi. Ci sono bambini che magari fanno fatica in qualche
materia, ma sono degli ottimi amici, sinceri e leali, oppure sono sempre
attenti ad aiutare chi è in difficoltà, o disponibili a prestare il proprio materiale o a dividere la merenda, o sono bravissimi a disegnare, a danzare, a cantare, a sciare, a pescare,
a giocare a calcio. (Io, quando ero un po’ più grande di voi, a scuola ero
brava, ma qualche volta avrei dato un bel voto in cambio della capacità di
giocare bene a pallavolo: non mi facevano mai entrare in squadra …)
Quel che più conta nella
vita, secondo noi, è proprio questo: essere delle belle persone, rispettare gli
altri e ciò che ci circonda, essere attenti e disponibili ai bisogni altrui,
essere onesti, sinceri, leali.
Poi, certo, i maestri devono
insegnare, e valutare, che significa dare i voti ad ogni bambino. E neppure
questo è molto facile: perché i voti sono pochi, e i bambini sono molti, e lo
stesso voto, dato a bambini diversi, spesso ha significati molto diversi (Se
faccio fatica in una materia, il mio voto è più sudato di quello di un bambino
che non fa fatica per nulla, ma non s’impegna. Magari abbiamo meritato tutti e
due 8, ma come sono diversi quegli 8!).
E poi, lo sappiamo tutti,
anche i maestri sbagliano; e magari quel bambino, che a scuola faceva ancora un
po’ di errori ortografici, sembrava non disegnasse bene o non sapeva le
tabelline, diventerà un bravissimo scrittore, un acclamato pittore o un famoso
matematico (lo sapete, vero che Einstein, uno degli scienziati più famosi della
storia, a scuola era considerato un asino?).
E allora, al di là dei voti,
o del giudizio sulla pagella, credo che la cosa più importante sia che ognuno
di noi possa dire, alla fine di ogni giornata, di aver fatto del suo meglio. Se
è così, se possiamo essere soddisfatti di noi stessi, del nostro impegno, del
nostro comportamento nei confronti degli altri e dell’ambiente che ci circonda,
allora possiamo essere felici.
E so che lo saremo.
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