In questi giorni sto
riflettendo con i bambini sulla loro crescita, sulle conquiste dei due anni
trascorsi insieme, su ciò che ci attende e a cui dobbiamo prepararci.
Un argomento non semplice,
ma che è necessario affrontare, è quello delle verifiche.
Ci sono bambini che, al
solo sentirle nominare, mostrano segni di disagio; altri per cui la verifica è
l’occasione per manifestare le proprie competenze. Lì in mezzo, la
maggior parte dei bambini, che certo non le amano, ma le vivono come una sorta
di medicina necessaria.
Per i primi due anni, sono
stata molto cauta nell’uso del termine e, soprattutto, di una valutazione
numerica negativa: ho preferito chiedere ai bambini di rileggere e correggere,
a casa o a scuola, se necessario con l’aiuto dell’adulto. Certo, sul registro
mi è capitato di dover segnare qualche cinque (pochissimi, e naturalmente
nessun voto più basso) in caso di non raggiungimento, neppure parziale, degli
obiettivi.
Da quest’anno, però,
vorrei che i bambini cominciassero a confrontarsi con le proprie difficoltà,
per imparare a riconoscerle e a superarle: ci sono situazioni oggettive ed
obiettive che pregiudicano alcune “prestazioni” (penso all’ortografia o alla
lettura per un dislessico, o alle tabelline per un discalculico), ma ci sono
anche bambini che dimenticano di fare i pochissimi compiti assegnati, che
consistono quasi sempre nella lettura e correzione del lavoro svolto in classe,
o che affrontano l’impegno scolastico con superficialità, convinti, dal mondo
in cui vivono e da buona parte degli adulti, che nella vita occorra evitare a
tutti i costi quel che costa fatica.
Ieri ho detto ai bambini
che da quest’anno, il nostro modo di prepararci alle verifiche sarà pressoché
costante: chiederò ai bambini quanto si sentano sicuri rispetto ad una
determinata competenza da acquisire e formeremo le coppie di lavoro in vista
della verifica affiancando a chi si sente in difficoltà un compagno più sicuro.
Certo, è un rischio:
durante il primo tentativo, anche alcuni bambini che affermavano di sentirsi sicuri
hanno mostrato difficoltà. Ma compito dell’insegnante credo sia aiutare
ognuno a prendere consapevolezza, senza drammi e senza enfatizzazioni, delle
proprie capacità e dei propri limiti. E pazienza se questo comporterà qualche
estemporaneo scivolone…
Nessun commento:
Posta un commento