Otto anni anni fa, ai tempi della mia prima prima, i miei bambini avevano il quaderno
della lentezza: copertina azzurra, quadretto da mezzo centimetro,
serviva per imparare a scrivere in stampato minuscolo e corsivo. L’imperativo
era andare
piano, lentamente.
I bambini si stupivano di questa richiesta, tanto
più in quanto abituati, in altri ambiti, anche scolastici, a dover lavorare
velocemente.
Ci ho ripensato spesso, leggendo le prime pagine di un affascinante libro
suggeritomi da Francesca, collega delle medie,
del
compianto Gianfranco Zavalloni, Ed. EMI.
Quanto
è controcorrente, in un mondo come il nostro, chiedere ai bambini di andare lentamente?
Quanta fatica facciamo, noi adulti per primi, a cambiare dei ritmi imposti da
una vita che spesso rischia di non appartenerci e fatichiamo a riconoscere? E
poi, questo riconoscimento, questa riscoperta di tempi diversi, più distesi e
rispettosi, non rischiano forse di creare dei piccoli disadattati, in un mondo
che chiede sempre di più e sempre più in fretta?
Non
ho risposte certe e definitive, ma come sempre più spesso mi accade, domande
aperte; io so solo che non considero una perdita di tempo utilizzare parte
delle ore scolastiche a chiedere ripetutamente ai bambini di rimettere a posto
banchi e sedie quando ci spostiamo, di raccogliere le carte da terra, di
spegnere le luci quando non servono. Non considero una perdita di tempo
accogliere uno a uno all’ingresso salutando ciascuno col proprio nome, né aspettare
che il rumore si quieti per riprendere a parlare. Non considero una perdita di
tempo interrompere l’attività a tavolino per fare un gioco in cerchio che ci
aiuti a conoscerci meglio; non considero una perdita di tempo le ore passate in
giardino a giocare con i coetanei o i compagni più grandi...
Non abbiamo più avuto il quaderno della lentezza, ma spero che molto del nostro stare insieme
sia ancora caratterizzato dalla possibilità di regalare, a noi stessi e agli altri, il
tempo necessario per ciascuno…
E a proposito di lumache
In una calda giornata d’estate Lumaca uscì
dalla sua tana e cominciò a correre.
“Guarda Lumaca che sole grande che c’è oggi!”
“Guarda Lumaca che sole grande che c’è oggi!”
E Lumaca rispose: “Non posso, non posso,
devo andare!”
“Ciao Lumaca, senti che aria frizzante!
Pizzica tutto il muso!”
“Sì, sì, ma non ho tempo, devo andare!”
Attraversò il ruscello sopra un ponte.
E correva. Sì, Lumaca andava così veloce
che sembrava che corresse…
MONARI M., La corsa della lumaca, Zoolibri
Tre
racconti di Guido Quarzo in cui l'autore, con estrema levità accompagnata
dall'usuale sorridente ironia, tocca il tema assai delicato del
"diverso" o, se vogliamo, dell'handicap. I tre bambini protagonisti
dei racconti parlano un linguaggio proprio, in cui gli adulti, i
"barbuti", c'entrano poco o niente e in cui invece, con grande
maestria, si dà voce all"'interlocutore interno", quello che non
giudica ma ascolta, non pone domande imbarazzanti ma lascia vivere a ognuno i
propri ritmi e sogni, non fa della competizione un valore ma piuttosto una
ridicola quanto assurda fissazione.
QUARZO
G., Talpa Lumaca Pesciolino, Mottajunior
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