giovedì 18 ottobre 2018

Un orco goloso di O



Tra le più significative opportunità che lavorare con i bambini e le bambine offre, c’è sicuramente la possibilità di riflettere sulla costruzione del linguaggio e del pensiero. Ogni bambino giunge a scuola con il proprio patrimonio lessicale e linguistico, di cui non conosciamo l’origine e il percorso, ma che è compito della scuola favorire e stimolare, anche e soprattutto attraverso la riflessione, personale e condivisa, sui processi.



La lettura di L’orco che mangiava i bambini, di Fausto Gilberti, Corraini, ci ha di nuovo accompagnato nel mondo delle parole, della loro forma, del loro significato.

Nella grande pancia dell’orco, riprodotto sul cartellone (La pancia è come una O – Anche gli occhi) abbiamo inserito tutto ciò che le bambine e i bambini hanno disegnato con il pennarello al tratto: oggetti, animali, persone il cui nome iniziasse con O. E così, insieme agli immancabili ORSO, ORCO, OROLOGIO, si possono trovare ORTOPEDICO (“Sai cosa vuol dire?” “Sì, è quello che fa le vaccinazioni” “Quello è l’ortomedico!” “Orsomedico?!”) ORNITORINCO, OFFESO, OTTO, ORTO, ORLANDO, OLAF…




Come comincia:
C’era una volta un Orco brutto e cattivo. Non si lavava mai e quindi era sporco e puzzolente. Aveva molti difetti e nessun pregio.
Come tutti gli orchi famosi mangiava i bambini.
L’Orco aveva delle preferenze: gli piacevano solo i bambini golosi, golosi di zucchero, caramelle, patatine, bibite gassate, eccetera eccetera.
GILBERTI F., L’Orco che mangiava i bambini, Corraini 2012



Dal capitolo Giochiamo la grammatica, A scuola con gli albi, Topipittori 2018


Così descrive questa nostra attività Maria Polita, studiosa di letteratura per l’infanzia, blogger di Scaffale Basso e responsabile dei laboratori di Scrittura all’Università Cattolica di Brescia e Piacenza, nell’articolo L’insegnamento grammaticale nella scuola primaria attraverso l’albo illustrato, in Italiano LinguaDue,

http://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/viewFile/7581/7354, rivista internazionale di linguistica italiana e educazione linguistica:



[…] A partire da una lettura ad alta voce, la maestra procede inizialmente con una riflessione fonetica, esortando i bambini a trovare parole che incomincino con il medesimo suono. Questa attività permette l’esercizio anche di abilità quali la creazione di insiemi e associazioni linguisticamente corrette. Secondariamente la maestra fa riflettere sul grafema, sempre in associazione con la storia, associandola al disegno, abbattendo la distinzione tra scrittura e disegno. “Chiediamo quindi agli alunni di disegnare l’orco il più possibile simile al protagonista della storia. Poniamo particolare attenzione agli occhi, enormi e accostati: due O con una piccolissima pupilla al centro.”

L’attività del disegno, proposta dall’insegnante, è supportata dall’illustrazione e guida al raggiungimento dell’obiettivo: le immagini in bianco e nero tratteggiano in modo originale la storia e danno la possibilità all’insegnante di proporre agli studenti la riproduzione di un’inusuale illustrazione in bianco e nero, molto affine alla scrittura. La riflessione grammaticale si approfondisce sempre nel legame iconografico, poiché come gli occhi anche la parola orco mostra due “occhi a forma di o”. Con naturalezza questa constatazione diventa occasione per ritornare ad un livello grammaticale: “Riflettiamo su una particolarità della parola ORCO: la vocale O è sia iniziale che finale. Chissà se qualche bambino saprà trovare altre parole simili: ORSO, ORTO, ORRENDO, ORNITORINCO, ORITTEROTOPO…”. In seguito la o diventerà la pancia dell’orco che contiene le diverse parole: ancora una volta il disegno si trasforma da attività marginale a strumento essenziale per la comprensione e la rielaborazione fonetica. Il rinforzo grammaticale diventa, coerentemente con la storia, uno sviluppo narrativo e i bambini sono chiamati a produrre un menù per l’orco e un proprio menù, coinvolgendo quindi anche l’abilità di produzione del testo.

Qui il post di cinque anni fa.


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