Tra le più significative
opportunità che lavorare con i bambini e le bambine offre, c’è sicuramente la
possibilità di riflettere sulla costruzione del linguaggio e del pensiero. Ogni
bambino giunge a scuola con il proprio patrimonio lessicale e linguistico, di
cui non conosciamo l’origine e il percorso, ma che è compito della scuola favorire
e stimolare, anche e soprattutto attraverso la riflessione, personale e
condivisa, sui processi.
La lettura di L’orco
che mangiava i bambini, di Fausto Gilberti, Corraini, ci ha di nuovo accompagnato
nel mondo delle parole, della loro forma, del loro significato.
Nella grande pancia dell’orco, riprodotto sul cartellone (La pancia è come una O – Anche gli occhi) abbiamo
inserito tutto ciò che le bambine e i
bambini hanno disegnato con il pennarello al tratto: oggetti, animali, persone
il cui nome iniziasse con O. E così, insieme agli immancabili ORSO, ORCO,
OROLOGIO, si possono trovare ORTOPEDICO (“Sai cosa vuol dire?” “Sì, è quello che fa le
vaccinazioni” “Quello è l’ortomedico!” “Orsomedico?!”) ORNITORINCO, OFFESO, OTTO, ORTO,
ORLANDO, OLAF…
Come comincia:
C’era una volta un Orco brutto e cattivo. Non si
lavava mai e quindi era sporco e puzzolente. Aveva molti difetti e nessun
pregio.
Come tutti gli orchi famosi mangiava i bambini.
L’Orco aveva delle preferenze: gli piacevano solo i
bambini golosi, golosi di zucchero, caramelle, patatine, bibite gassate,
eccetera eccetera.
GILBERTI F., L’Orco che
mangiava i bambini, Corraini 2012
Dal capitolo Giochiamo
la grammatica, A scuola con gli albi, Topipittori 2018
Così descrive questa nostra attività Maria Polita, studiosa
di letteratura per l’infanzia, blogger di Scaffale Basso e responsabile dei
laboratori di Scrittura all’Università Cattolica di Brescia e Piacenza, nell’articolo
L’insegnamento
grammaticale nella scuola primaria attraverso l’albo illustrato, in Italiano LinguaDue,
http://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/viewFile/7581/7354, rivista internazionale di linguistica italiana e educazione linguistica:
[…] A partire da una lettura ad alta voce, la maestra procede inizialmente
con una riflessione fonetica, esortando i bambini a trovare parole che
incomincino con il medesimo suono. Questa attività permette l’esercizio anche
di abilità quali la creazione di insiemi e associazioni linguisticamente
corrette. Secondariamente la maestra fa riflettere sul grafema, sempre in
associazione con la storia, associandola al disegno, abbattendo la distinzione
tra scrittura e disegno. “Chiediamo quindi agli alunni di disegnare l’orco il
più possibile simile al protagonista della storia. Poniamo particolare
attenzione agli occhi, enormi e accostati: due O con una piccolissima pupilla
al centro.”
L’attività del disegno, proposta dall’insegnante, è supportata
dall’illustrazione e guida al raggiungimento dell’obiettivo: le immagini in
bianco e nero tratteggiano in modo originale la storia e danno la possibilità
all’insegnante di proporre agli studenti la riproduzione di un’inusuale
illustrazione in bianco e nero, molto affine alla scrittura. La riflessione
grammaticale si approfondisce sempre nel legame iconografico, poiché come gli
occhi anche la parola orco mostra due “occhi a forma di o”. Con naturalezza
questa constatazione diventa occasione per ritornare ad un livello
grammaticale: “Riflettiamo su una particolarità della parola ORCO: la vocale O
è sia iniziale che finale. Chissà se qualche bambino saprà trovare altre parole
simili: ORSO, ORTO, ORRENDO, ORNITORINCO, ORITTEROTOPO…”. In seguito la o
diventerà la pancia dell’orco che contiene le diverse parole: ancora una volta
il disegno si trasforma da attività marginale a strumento essenziale per la
comprensione e la rielaborazione fonetica. Il rinforzo grammaticale diventa,
coerentemente con la storia, uno sviluppo narrativo e i bambini sono chiamati a
produrre un menù per l’orco e un proprio menù, coinvolgendo quindi anche
l’abilità di produzione del testo.
Qui il post di cinque anni fa.
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