"Una
delle forze della rete e dei social è la possibilità di mettere in contatto le
persone: persone reali che in un mondo pre-facebook probabilmente non si
sarebbero mai conosciute. Poi c’è la freschezza di alcune persone che
organizzano e si vedono, si incontrano per davvero in un bar, ad un museo, ad
un incontro, in un’aula e si piacciono. Gli interessi comuni spesso sono un
buon punto di partenza, ma il ritrovarsi nel medesimo concetto di comunicazione
e il decidere di collaborare sono cose diverse. Non ci si aspetta una cosa del
genere. Spesso pur nel clima ricco e multiforme della comunicazione digitale
l’idea di collaborazione e di creazione di reti ideali e reali rimane una
chimera.
Eppure
quando con Antonella http://apedario.blogspot.it/ , Barbara e Ilaria http://bricioledipollicino.blogspot.it/ ci
siamo incontrate sul web e quando poi qualche mese fa ci siamo conosciute di
persona lì è nato un seme che le Pollicine hanno custodito e che oggi spunta
tentennante.
Noi
oggi proviamo a mostrarvi come il rapporto tra blogger sia occasione di
arricchimento, come ascoltare voci differenti non sia tradire, ma capire. Oggi
lanciamo un Mercoledì al cubo, una rubrica a scadenza mensile (il primo di ogni
mese!) in cui Scaffalebasso in rete con Apedario e le Briciole di Pollicino,
proverà a esprimere il proprio particolare parere a riguardo di un libro:
ognuno mostrerà il suo approccio, la sua lettura, il suo pensiero. Un circolo
virtuoso di arricchimento reciproco e speriamo anche dei nostri lettori. "
Maria Polita, http://www.scaffalebasso.it/
Qui http://www.scaffalebasso.it/post/101796156271/un-mercoledi-al-cubo-non-sarai-mica-arrabbiato
il post di Scaffale basso
Qui http://bricioledipollicino.blogspot.it/2014/11/mercoledi-al-cubo-1-non-sarai-mica.html
il post di Briciole di Pollicino
La rabbia dei bambini spaventa a volte più di quella dei grandi: per questo genitori, insegnanti e educatori si trovano spesso disarmati di fronte alle sue manifestazioni, che appaiono tanto diverse e imprevedibili. Può darsi che ciò accada perché siamo stati abituati a non dare cittadinanza ai sentimenti negativi che proviamo, a negarli, a nasconderli nell'angolino più recondito di noi stessi. Purtroppo, però, sappiamo bene che è meglio affrontare ciò che ci spaventa, piuttosto che nasconderlo, persino ( e soprattutto) a noi stessi.
Il
geniale Toon Tellegen, autore dei capolavori Lettere dal bosco, Donzelli
Lettere dello
scoiattolo alla formica e
Il compleanno dello scoiattolo
editi
da Feltrinelli Kids, torna con Non sarai mica
arrabbiato?, edito da Rizzoli e illustrato da Marc Boutavant.
L'irace,
l'elefante, il lombrico e lo scarabeo, l'oritteropo, il topo, il riccio, il
toporagno, l'ippopotamo e il rinoceronte, lo scoiattolo e la formica, il rospo,
lo scarabeo e il grillo, mettono in scena altrettante rappresentazioni,
quantomai realistiche, di come la rabbia condizioni la vita di ognuno di noi,
attraverso i meccanismi che la scatenano, e che risultano facilmente
riconoscibili: la delusione, la mancanza di fiducia in se stessi e nelle
proprie capacità, la competitività, la cocciutaggine, l'abbandono, la
solitudine...
E
così l'elefante ingaggia un litigio furibondo con se stesso, nel disperato
tentativo di arrampicarsi sul pioppo; lo scarabeo e il lombrico fanno a gara a
chi è più arrabbiato; l'oritteropo è costretto a stare a testa in giù per
evitare d'arrabbiarsi; il riccio scopre e manifesta la rabbia solo attraverso
la scrittura; la formica cerca di scoprire quanto lo scoiattolo tenga a lei
rischiando di perderlo per sempre; lo scarabeo spiega al grillo come fare ad
arrabbiarsi. Finché, alla fine, la rabbia scompare: e questo è un problema
serio, tanto da far mormorare alla formica: “Temo il peggio”.
Non
ho ancora utilizzato il libro in classe. Mi sono chiesta, però, se
all'occasione l'avrei letto tutto, capitolo per capitolo, o se avrei scelto di
volta in volta i brani più adatti ai contesti reali: penso ad esempio ai
bambini “provocatori”, a cui mi ha fatto pensare il toporagno, che tenta in
ogni modo di costringere lo scoiattolo a confessare la propria rabbia; oppure
ai cocciuti, ippopotamo e rinoceronte, che arrivano ad improvvisare una danza
pur di non cedere il passo l'uno all'altro; a quelli che faticano ad accettare
ciò che continuamente avviene, indipendentemente dai nostri desideri e dalla nostra
volontà, come l'irace, furioso col sole che si ostina a tramontare ogni
sera.
E
penso soprattutto ai colori della rabbia, e ai suoi differenti nomi
(l'irritazione, rosso chiaro, un'irritazione grigia e rugosa, una collera rosso
scarlatto, una rabbia verdastra e un furore tutto bianco...e la malinconia
azzurra, quasi trasparente), che il gambero mostra al topo. E ancora, a tutto
ciò che si può fare con la rabbia, come suggerisce la formica al rospo:
sotterrarla e ricoprirla con un sasso, dimenticarla o costruirle un muro
attorno, mangiarla, nasconderla, farla andare alla deriva e cullarla con la
risacca, lasciarla seccare fino a non vederla più, e anche cantarla, regalarla
a qualcuno che sogna di essere, prima o poi, molto arrabbiato, ridere di lei, appallottolarla,
darle un calcio o danzare con lei, accarezzarla, lasciarla sciogliere e farla
evaporare, darle la caccia e, infine, buttarla via.
Penso
a quanto sia sano, salutare, un simile percorso di riconoscimento, accettazione
e superamento: perché, se la rabbia bisogna gettarla via, la contentezza,
secondo la formica, va presa, e tenuta, così com'è.
Come incomincia Il rospo:
“Il
rospo è arrabbiato e la formica gli spiega che cosa deve fare con la sua
rabbia. Per esempio, la può soffiare via, come si soffia la polvere. La formica
soffia via dalla sua spalla una rabbia immaginaria. La può anche fare a pezzi e
poi spargerla in giro. La può sotterrare e ricoprire con un sasso.
-Un
sasso?- domanda il rospo. –Dove ne trovo uno? E poi dovrei sollevarlo, e non è
il mio forte.
-Basta
un sasso piccolo, allora- dice la formica.
-Molto
piccolo, allora- brontola il rospo.
-Puoi
anche dimenticarla la rabbia- continua la formica. –O costruirle un muro
attorno. Un bel muro alto e impossibile da tirare giù.
-O
da scavalcare- dice il rospo.
-O
da scavalcare- ripete la formica.”
TELLEGEN T., Non sarai mica arrabbiato?, Rizzoli
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