La fine della terza e della
quinta rappresentano sempre una bella opportunità: è il momento di scegliere il
libro di testo che ci accompagnerà per i due o tre anni successivi.
Per un insegnante il libro
di testo è LO strumento più efficace per lavorare in classe: dalla sua scelta
dipende gran parte dell’attività successiva.
È però vero anche il
contrario: il libro deve essere giusto per l’insegnante, per il suo stile
educativo e didattico, per l’idea che egli ha di scuola. Per questo non esiste
Il miglior libro di testo. Credo però che esistano degli imprescindibili
criteri per la scelta.
Tra i libri visionati in
queste settimane, la parola che mi colpisce maggiormente, spesso strillata in
copertina, come nella peggiore stampa, è facilitazione,
che rischia di diventare il paradigma attraverso cui misurare la bontà del testo:
e se è vero che per alcuni bambini la facilitazione può essere a volte (e
sottolineo a volte) necessaria, il criterio di ridurre e semplificare tutto, non
credo sia sempre efficace, soprattutto da un punto di vista educativo.
Dico spesso ai bambini, e ci
credo davvero, che siamo nati per fare cose difficili: se l’uomo si fosse
fermato alle cose facili, saremmo ancora alla preistoria, senza il fuoco, la ruota e la
scrittura.
Non si può vivere ricercando
il minor sforzo possibile: e se questo è vero in generale, credo debba valere
anche, caso per caso e valutando attentamente ogni attività, per i bambini con
difficoltà specifiche. Quindi, ben vengano le possibilità di facilitazione, ma
non indiscriminate, e soprattutto lasciate sempre alla scelta libera e attenta dell’insegnante.
Sfoglio con attenzione i
libri: e a volte è davvero deludente trovare testi di poche righe, una
paginetta al massimo, proposti a bambini di 10/11 anni, che ormai dovrebbero
padroneggiare la lettura, affrontandone anche stili e temi più complessi.
Mi si dirà: e i bambini con
DSA? E i bambini con BES? È qui che servono i testi facilitati, quindi con la
possibilità di ingrandirne i caratteri, di passare dallo stampato minuscolo al
maiuscolo o di tradurne i contenuti nelle lingue delle etnie maggiormente
presenti in Italia. Questo si può già fare con gli strumenti on line, ed è bene
che ogni possibilità di inclusione venga potenziata: ma ciò non vuol certo dire
ridurre, semplificare, banalizzare tutto per tutti. Ed è un rischio che mi
sembra stiamo correndo.
Sfoglio i libri, e trovo
ancora la divisione in tipologie testuali. Mi chiedo: serve davvero, questo, ai
nostri ragazzi? O piuttosto servono testi che aiutino a riflettere, discutere,
comprendere, condividere, la complessità del mondo moderno, passando attraverso
la storia, la geografia, l’educazione alla convivenza, la poesia, la
grammatica, la sintassi, il lessico? E allora, al di là della differenza tra
mito e leggenda, fiaba e favola, testo descrittivo o argomentativo, proponiamo
libri di testo fertili, ricchi di collegamenti interdisciplinari, di spunti di
riflessione, di punti di vista diversi, di proposte di lettura diverse.
Sfoglio i libri, e molti mi
sembrano, se non fratelli, almeno cugini: stesse letture (a volte proprio gli
stessi brani), stessi autori di riferimento, stesse poesie (in uno ho trovato
ancora La fontana malata… ma c’è dell’altro, nel mondo, ormai, anche in
poesia!)
Sfoglio i libri, e purtroppo
di tutti mi colpisce l’assoluta sciatteria della grafica. Mi chiedo se non sia
ora che gli insegnanti ricordino agli editori che tocca proprio alla scuola, soprattutto
laddove non lo fa la famiglia, condurre i bambini attraverso una ricerca di
bellezza e di senso, che certo non è veicolata dalle immagini sciatte e banali
utilizzate per accompagnare i testi. Vogliamo, per favore, chiedere agli editori di
aiutarci davvero a fare il nostro lavoro, con attenzione e rispetto,
educando alla cura e al bello?
E allora vi lascio con Una modesta proposta
Cara Antonella, ho trovato scritto nel tuo articolo il mio pensiero un po' meglio di come lo potrei esprimere io. Ti ringrazio, non commento mai ma sei una delle mie più grandi fonti di ispirazione. Grazie, davvero!
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