Cerco sempre di essere
molto sincera con i miei ragazzi, e quindi non è certo un mistero il fatto che
io non ami Halloween e, con esso, tutte quelle ricorrenze che negli anni si
sono svuotate di significato per assumerne sempre più uno solo: quello commerciale.
Quest’anno, però, il
nostro progetto Dalle radici alla Terra ci ha accompagnato fin dalle prime
settimane alla scoperta di nuovi popoli, delle loro culture e delle
tradizioni.
Così, non mi sono fatta
sfuggire l’occasione di leggere ai ragazzi
Frida e Diego
Una favola messicana
di
Fabian Negrin, Gallucci
(qui l'imperdibile recensione di Elisabetta Cremaschi su Gavroche)
e di riflettere con loro
sui suoi contenuti realistici e fantastici, sulla nostra Festa dei Morti e
sulle consuetudini che la accompagnano.
Naturalmente, abbiamo
parlato di Frida Kahlo e Diego Rivera, in attesa di conoscerli come artisti.
Come incomincia:
Messico,
primo di novembre di un anno qualunque, il Giorno dei Morti è arrivato.
L’incarico
toccato a Frida nei preparativi per la festa è semplice, provvedere alle
calaveritas de azùcar, i dolci a forma di teschio. Senza i teschi di zucchero
che Festa dei Morti sarebbe?
Dentro
il negozio di dolci, Frida incrocia Diego. Il suo fidanzato sta andando via con
le guance gonfie di leccornie. Tra i denti sporge un impertinente teschietto azzurro.
-Ciao,
Diego.
-Mmmmh
– risponde lui.
-Questa
sera vieni anche tu al cimitero?
-Mmmmh.
-Allora
a dopo – saluta lei.
-Mmmmh
– si congeda lui senza smettere di rosicchiare il dolce.
NEGRIN F., Frida e Diego Una favola messicana, Gallucci
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