martedì 9 ottobre 2018

C'è un Elmer per ogni bambino

Presento la E, ancora una volta, anche con Elmer.

E, ancora una volta, mi stupisco di fronte alla varietà degli stili grafici e delle scelte delle bambine e dei bambini che scelgono quale e quanto spazio utilizzare (o che sia altro a scegliere per loro?), come e cosa disegnare, e come colorare, se aggiungere o no del testo…

Mi verrebbe da dire che c’è un Elmer per ognuno, ognuna di loro.

C’è un Elmer che riempie tutta la pagina, tanto da sconfinare ben oltre i margini

uno perfettamente colorato e ben ancorato a terra, nonostante la zampa mancante

un terzo che pare preferire la dimensione aerea

un altro che non può fare a meno della pozzanghera a cui abbeverarsi, 



e uno che sa già usare la parola scritta…

Avrei potuto aggiungerne almeno altri trenta; questo è l’originale


Come incomincia:

C’era una volta un branco di elefanti.
Elefanti giovani, vecchi, alti, grassi o magri.
Elefanti come questo, quello o quell’altro,
tutti differenti e felici e dello stesso colore.
Tutti all’infuori di Elmer.

Elmer era diverso.
Elmer era multicolore.
Elmer era giallo, arancione,
rosso, rosa, viola, blu,
verde, bianco e nero.
Elmer non era
color elefante.

McKEE D., Elmer l’elefante variopinto, Mondadori

lunedì 8 ottobre 2018

Piccola Biblioteca Portatile (nel prato)

Quanti libri abbiamo letto in classe dall’inizio della scuola fino ad ora?
Un po’.
Però, fino a venerdì scorso, avevo letto solo io, ad alta voce, alle bambine e ai bambini.
E, invece, nella lettura conta anche essere protagonisti.
Così, lo scorso venerdì pomeriggio ho portato le bambine, i bambini e buona parte dei libri letti (due erano rimasti a casa) in giardino.
Ho posato i libri sull’erba, e ci siamo seduti intorno.



Poi ho chiesto al primo bambino di scegliere il libro che avrebbe voluto leggere, e a chi desiderava lo stesso libro di accompagnarlo in un posto quieto dove sedersi.
Via via, quasi tutti i libri hanno trovato i loro lettori, ed è iniziato, per loro, un tempo privilegiato. Un tempo all’aperto, fin quando la stagione ce lo concederà; un tempo condiviso, in due, tre, con un libro; un tempo in cui non conta saper già leggere, perché forse, a volte, è meglio guardare le figure, ricordare o divertirsi a inventare storie.











Abbiamo iniziato a leggere il libro di Boris e Amos e ci divertivamo tanto a inventarlo, qualche volta
Ci siamo divertite a leggere il libro… del bambino e la bambina, che la bambina non vuole andare a scuola. Dopo ci siamo divertite a scambiare il libro
Quando abbiamo letto Alfredo Quasitutto ci siamo divertiti perché non trovavamo più le formiche andate fuori dal formicaio
Poi non sappiamo leggere, ma lei sapeva il colore dei corni per ogni giorno
Ci siamo divertiti a inventare le parole


giovedì 4 ottobre 2018

E, nell'erba, con l'erba

Quando mi fermo a rifletterci, mi dico sempre che internet, e i social, non hanno cambiato tanto il (mio) modo di fare scuola – certo, ci sono colleghi che invece con le nuove tecnologie lavorano benissimo – quanto, piuttosto, la possibilità di condividere attività, riflessioni, dubbi, stili: perché è senza dubbio questo che fa la differenza, nel mio approccio alla didattica degli ultimi anni.
Così, un’attività tutto sommato semplice e davvero fattibile da chiunque, a cui però, negli anni non avevo mai pensato, si è dimostrata estremamente efficace e significativa per tutti, grazie alla corrispondenza privata e pubblica dei mesi scorsi con Alice Mingardi.

Ci siamo incontrate per la prima volta all’incontro organizzato da Alessandra Falconi per il Centro Studi Alberto Manzi a novembre, a Bologna. Di nuovo, e con gioia, ci siamo casualmente incrociate, sempre a Bologna, in Fiera a marzo.

Qualche mese fa, Alice mi ha inviato alcune immagini di un’attività realizzata con i suoi alunni in prima, anche a seguito della lettura di un volume di Lucia Maria Collerone, Le parole ai bambini, Il Melograno editore.







Quelle fotografie, e quel che Alice mi scriveva, mi hanno profondamente colpito: si poteva fare, e, soprattutto, si poteva fare utilizzando davvero i cinque sensi, il corpo, il movimento, l’esperienza, oltre alla lettura e agli amati albi.

Così, a inizio scuola, dopo aver incontrato diversi personaggi, e diversi libri, che ci hanno accompagnato nella scoperta della vocale A, abbiamo scelto insieme la tecnica dell’acquerello e i colori azzurro e arancione per colorarla, e identificarla.

Ieri, quando si è trattato di trovare qualcosa per riempire la nostra E, la risposta è stata ancor più facile, e immediata: l’erba del giardino. Così, con l’aiuto di tre validissime assistenti più grandi, siamo usciti e ognuno ha potuto cogliere e incollare l’erba necessaria a realizzare la nostra seconda vocale.


















Del tempo buono, pieno, a misura di bambina e bambino; del tempo occupato a imparare anche fuori dal banco e dall’aula.

Si può fare, ed è più facile di quanto sembri.

martedì 2 ottobre 2018

Quel che il quaderno non racconta


Ci sono molte cose che il quaderno non racconta…

Il quaderno non racconta l’ora in cerchio del lunedì mattina, quando, appena arrivati a scuola, ci raccontiamo le parole belle del fine settimana, rispettando il turno e imparando ad ascoltare chi sta parlando così come gli altri hanno ascoltato noi.

Il quaderno non racconta il cerchio degli abbracci, quando c’è bisogno di un’attenzione in più, o, semplicemente, di stare più vicini, e ognuno a turno fa il giro abbracciando ogni compagno e compagna, e la maestra, imparando a dosare la stretta, ad avvicinarsi a tutti, ad accogliere tutti, e a tornare, alla fine, al proprio posto nel cerchio.

Il quaderno non racconta la ragnatela dell’amicizia, il gomitolo lanciato verso un compagno o una compagna tenendone ben saldo un capo, a formare un complicato reticolo che dice il nostro essere amici.

Il quaderno non sempre racconta il tempo delle storie, gli occhi e le orecchie attenti, le risate, gli interventi, le domande e le risposte.

Il quaderno non racconta le teste a volte poggiate sul banco o la fatica di stare seduti, l’attesa dell’intervallo, della merenda o della mensa, l’espressione corrucciata o triste quando il desiderio di casa, di mamma o papà si fa più intenso.

Il quaderno non racconta gli scambi di merende, il biscotto morsicato offerto alla maestra, i disegni regalati, le carte dei Pokemon, i giochi sottobanco.

Il quaderno non racconta il tempo del bagno, le svariate pipì, le mani lavate a lungo, il sapone che finisce troppo in fretta, le molte salviette necessarie per asciugarle, il ritorno in classe.

Il quaderno non racconta il tempo lungo del giardino, dove si può calciare o lanciarsi un pallone, chiamare a gran voce i passanti per farsi restituire quello uscito dalla cancellata, rincorrersi al sole o costruire piccoli rifugi per insetti, camminare attaccati a una lunga sciarpa o sedersi sulla panchina a chiacchierare con un amico.

Ci sono molte altre cose che il quaderno non racconta…




lunedì 1 ottobre 2018

Immagini di voci bambine

Se qualcosa è cambiato, dalla nascita di Apedario a oggi, è sicuramente il numero di post settimanali -allora erano quasi quotidiani, oggi sono solitamente due a settimana. A volte mi chiedo come facessi, allora. Non credo dipenda tanto e solo da una difficoltà di gestione del tempo, che con gli anni si acuisce, quanto piuttosto dal tentativo di porre un’attenzione maggiore ai contenuti e alla forma dei post. E credo che questo sia in gran parte conseguenza del lavoro che ha portato alla pubblicazione di A scuola con gli albi Insegnare con la bellezza delle parole e delle immagini, edito da Topipittori.

Ho bisogno di più tempo, ora, per dare forma quel che desidero scrivere; e anche per selezionare le immagini -cosa in cui, se possibile, faccio ancor più fatica. Ogni volta, vorrei postarle tutte, perché ognuna mi sembra parlare la lingua della bambina o del bambino che le ha realizzate. E come si fa, a scegliere a chi dare voce, e a chi no?
Non è facile: così provo a selezionarle, ancora una volta, sulla base di contenuti e stili che si differenziano: e mi sembra, questo, un tratto importante del lavoro svolto fin qui. Provare a dar voce a tutti, con un’attenzione particolare a quelle dissonanti, divergenti. Così, se la tecnica condivisa è la coloritura ad acquerello azzurro o arancione della A e la rappresentazione grafica di parole che con essa iniziano, mi rendo conto che fin da subito ogni lavoro ha davvero voce propria, unica e inconfondibile. E, in alcuni casi, potrei attribuire i disegni alle autrici o agli autori senza neppure girare il foglio per leggere la firma. C'è chi disegna api e alberi, dentro un sentiero ben tracciato nei giorni precedenti; chi si appassiona agli arcobaleni, riempiendo ogni spazio disponibile; chi, ancora, disegna angeli e astronauti, ennesima dimostrazione del potere del cielo.


Non avrei immaginato, mesi fa, di riuscire a realizzare, nel nostro primo pomeriggio insieme, un lavoro così strutturato: il riconoscimento della lettera, la condivisione, ancora una volta, di parole con l’iniziale A, e poi il lavoro individuale, di rappresentazione grafica con il pennarello nero al tratto di cose, animali, persone, parole con questa iniziale. Ancora, la coloritura ad acquerello, in azzurro o arancione, della vocale A, e a pastello delle immagini. Tutto questo in poco più di un’ora, per ogni classe con i suoi 18 bambini.

Ripenso al ciclo scorso, con le sue prime da 26 e 29. E mi dico che il numero di alunni per classe davvero può fare la differenza.