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lunedì 23 novembre 2015

Libri PIPPI: Il cavaliere Panciaterra

Se c'è una cosa che mi piace, è scrivere di un libro mentre lo apro per la prima volta:


Il cavaliere Panciaterra



di Gilles Bachelet, Il castoro

si presenta, nonostante il nome, ritto e fiero nella sua armatura, con l'elmo poggiato al petto e nella mano destra un cestino rosa per la merenda. A fargli da guardie, due denti di leone, quello di sinistra aperto, quello di destra ancora in boccio. Sopra le antenne, svetta il vessillo verde e rosa.
Le risguardie, su fondo anch'esso rosa, mostrano 48 modelli di elmo: tutti muniti di antenne, borchiati, piumati, con ali di farfalla o orecchie d'elefante. Fossi un bambino, ci passerei il pomeriggio.

Il cavaliere Panciaterra si sveglia con un unico pensiero nella mente, nonostante la mano carezzevole della lumachina sdraiata accanto a lui: 

 

“Non c'è un minuto da perdere! Non c'è un minuto da perdere!” La sua aiuola di fragole è stata invasa dall'esercito del suo nemico giurato, il cavaliere Cornomolle, e la questione deve essere risolta con una battaglia sanguinosa e senza pietà.
Così, dopo una colazione frugale (un banchetto degno di un re), qualche esercizio di ginnastica (mentre legge Le Figargo), una toeletta veloce (nella vasca da bagno con le paperelle e il grattaschiena), salta nell'armatura e infila l'elmo. È pronto.

E già non vediamo l'ora di girar pagina per scoprire cosa farà.

In realtà non è del tutto pronto: c'è ancora qualche messaggio da spedire 


Oh. Stava andando via senza salutare i suoi bambini.

 


Questa volta è davvero pronto.
Se ne va. Sparito.


Solo un ultimo bacio a sua moglie... e poi un ultimissimo.



E poi, forse, come prosegue questa splendida storia un po' potete immaginarlo: ma non del tutto, e bisogna per forza leggerlo. Leggerlo con uno o due bambini accoccolati tra le braccia, sorridere con loro di questa battaglia, dove i corpi sono stesi a terra semplicemente perché hanno mangiato troppo. E ridere con loro di questa storia divertente e di queste immagini colme di piccoli, imperdibili particolari. E intanto, ripensare a quel che avviene quotidianamente, in molti angoli del mondo, e augurarci, credendoci come un bambino, che possa arrivare un tempo in cui non ci sia più tempo per farsi la guerra.




E se volete sfogliare il libro, potete farlo qui 


P.s. 
Sulle risguardie finali, 48 nuovi elmi. Non perdeteveli.

sabato 21 dicembre 2013

L come lumaca, L come lentezza

Sono davvero felice di tornare a parlare di questo libro,
 
 
suggeritomi da Francesca, insegnante di mia figlia e persona che stimo profondamente, dopo che ieri Giovanna Zoboli (Topipittori) e Alicia Baladan (illustratrice de “La leggerezza perduta” e di molti altri splendidi albi) hanno condiviso su fb questo consiglio di lettura.
 
Scrivevo qualche mese fa, proprio su questo blog:

 
"Cinque anni fa, ai tempi della mia prima prima, i miei bambini avevano il quaderno della lentezza: copertina azzurra, quadretto da mezzo centimetro, serviva per imparare a scrivere in stampato minuscolo e corsivo. L’imperativo era andare piano, lentamente.
I bambini si stupivano di questa richiesta, tanto più in quanto abituati, in altri ambiti, anche scolastici, a dover lavorare velocemente.

Ci ripensavo nei giorni scorsi, leggendo le prime pagine di un affascinante libro suggeritomi da Francesca, collega delle medie, "La pedagogia della lumaca. Per una scuola lenta e non violenta", del compianto Gianfranco Zavalloni, Ed. EMI.

Quanto è controcorrente, in un mondo come il nostro, chiedere ai bambini di andare lentamente? Quanta fatica facciamo, noi adulti per primi, a cambiare dei ritmi imposti da una vita che spesso rischia di non appartenerci e fatichiamo a riconoscere? E poi, questo riconoscimento, questa riscoperta di tempi diversi, più distesi e rispettosi, non rischiano forse di creare dei piccoli disadattati, in un mondo che chiede sempre di più e sempre più in fretta?

Non ho risposte certe e definitive, ma come sempre più spesso mi accade, domande aperte; io so solo che non considero una perdita di tempo utilizzare parte delle ore scolastiche a chiedere ripetutamente ai bambini di rimettere a posto banchi e sedie quando ci spostiamo, di raccogliere le carte da terra, di spegnere le luci quando non servono. Non considero una perdita di tempo accogliere uno a uno all’ingresso salutando ciascuno col proprio nome, né aspettare che il rumore si quieti per riprendere a parlare. Non considero una perdita di tempo interrompere l’attività a tavolino per fare un gioco in cerchio che ci aiuti a conoscerci meglio; non considero una perdita di tempo le ore passate in giardino a giocare con i coetanei o i compagni più grandi...

Quest’anno non abbiamo ancora il quaderno della lentezza, ma spero che molto del nostro stare insieme sia caratterizzato dalla possibilità di regalare, a noi stessi e agli altri, il tempo necessario per ciascuno…"



Rileggevo queste parole, e mi chiedevo: quanto sono riuscita a mettere davvero in pratica ciò che ho scritto solo tre mesi fa? È vero, il tempo dell’inserimento è finito, ma mi capita sempre più raramente di portare i bambini a fare un gioco libero in palestra, o di permettere a tutti, ma proprio a tutti, di parlare liberamente e spontaneamente (che non vuol dire “senza rispettare il proprio turno”). Mi sono lasciata prendere dalla fretta, dalle tante cose da fare, nonostante sia profondamente convinta della necessità, per i bambini ma anche per tutti gli adulti che con loro vivono, di rallentare, di fermarsi, di riflettere, di respirare profondamente…

È come se vivessimo sempre, tutti, con l’affanno. E allora, con questo libro che finalmente mi sono regalata tra le mani, mi riprometto che proverò a fermarmi, ogni tanto, ad ascoltare, a guardare, a respirare. Mi sembra davvero un bel regalo di Natale!

 

lunedì 16 settembre 2013

La pedagogia della lumaca


Otto anni anni fa, ai tempi della mia prima prima, i miei bambini avevano il quaderno della lentezza: copertina azzurra, quadretto da mezzo centimetro, serviva per imparare a scrivere in stampato minuscolo e corsivo. L’imperativo era andare piano, lentamente.
I bambini si stupivano di questa richiesta, tanto più in quanto abituati, in altri ambiti, anche scolastici, a dover lavorare velocemente.

Ci ho ripensato spesso, leggendo le prime pagine di un affascinante libro suggeritomi da Francesca, collega delle medie,




del compianto Gianfranco Zavalloni, Ed. EMI.

Quanto è controcorrente, in un mondo come il nostro, chiedere ai bambini di andare lentamente? Quanta fatica facciamo, noi adulti per primi, a cambiare dei ritmi imposti da una vita che spesso rischia di non appartenerci e fatichiamo a riconoscere? E poi, questo riconoscimento, questa riscoperta di tempi diversi, più distesi e rispettosi, non rischiano forse di creare dei piccoli disadattati, in un mondo che chiede sempre di più e sempre più in fretta?

Non ho risposte certe e definitive, ma come sempre più spesso mi accade, domande aperte; io so solo che non considero una perdita di tempo utilizzare parte delle ore scolastiche a chiedere ripetutamente ai bambini di rimettere a posto banchi e sedie quando ci spostiamo, di raccogliere le carte da terra, di spegnere le luci quando non servono. Non considero una perdita di tempo accogliere uno a uno all’ingresso salutando ciascuno col proprio nome, né aspettare che il rumore si quieti per riprendere a parlare. Non considero una perdita di tempo interrompere l’attività a tavolino per fare un gioco in cerchio che ci aiuti a conoscerci meglio; non considero una perdita di tempo le ore passate in giardino a giocare con i coetanei o i compagni più grandi...

Non abbiamo più avuto il quaderno della lentezza, ma spero che molto del nostro stare insieme sia ancora caratterizzato dalla possibilità di regalare, a noi stessi e agli altri, il tempo necessario per ciascuno…

 
E a proposito di lumache



In una calda giornata d’estate Lumaca uscì dalla sua tana e cominciò a correre.
“Guarda Lumaca che sole grande che c’è oggi!”
E Lumaca rispose: “Non posso, non posso, devo andare!”
“Ciao Lumaca, senti che aria frizzante! Pizzica tutto il muso!”
“Sì, sì, ma non ho tempo, devo andare!”
Attraversò il ruscello sopra un ponte.
E correva. Sì, Lumaca andava così veloce che sembrava che corresse…
MONARI M., La corsa della lumaca, Zoolibri




Tre racconti di Guido Quarzo in cui l'autore, con estrema levità accompagnata dall'usuale sorridente ironia, tocca il tema assai delicato del "diverso" o, se vogliamo, dell'handicap. I tre bambini protagonisti dei racconti parlano un linguaggio proprio, in cui gli adulti, i "barbuti", c'entrano poco o niente e in cui invece, con grande maestria, si dà voce all"'interlocutore interno", quello che non giudica ma ascolta, non pone domande imbarazzanti ma lascia vivere a ognuno i propri ritmi e sogni, non fa della competizione un valore ma piuttosto una ridicola quanto assurda fissazione.

QUARZO G., Talpa Lumaca Pesciolino, Mottajunior