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venerdì 1 giugno 2018

Osservare gli altri, capire il mondo


“Io ho scelto di descrivere lei perché tutti si aspettano che lei sia in un certo modo, ma in realtà è proprio il contrario e vorrei che lei facesse uscire la persona straordinaria che è, invece di nascondersi.”




È un’umanità così profondamente vera -e, devo dire, bella, al di là di quanto l’amore, l’amicizia o i vincoli familiari la possano patinare- quella descritta dalle ragazze e dai ragazzi in questi loro ultimi testi, che mi chiedo dov’è che ci perdiamo, poi, soprattutto noi adulti. Forse uscendo da quel mondo quasi magico -la famiglia- in cui i padri giocano a calcio in casa con i figli (distruggendo peraltro vasi in vetro soffiato, dono di matrimonio) e hanno come unico interesse che i propri figli crescano, e bene; dove le madri paiono vivere solo per i figli, e aver fatto, di essi, passione esclusiva e totalizzante; dove i fratelli, seppur adolescenti rompiscatole con repentini e inspiegabili sbalzi d’umore, che talvolta “si credono fighi anche se lo sono poco”, sono comunque considerati, sempre, per sempre e con reciprocità, “la cosa più importante della mia vita” e scelti come oggetto di descrizione perché “lo conosco come le mie tasche”; lo stesso mondo dove le sorelle minori fanno una vita in cui “per ora si rilassa e vive in un ambiente di fantasia, con i suoi personaggi preferiti ome Masha e Orso, Peppa Pig, Dora e Topo Tip”.  

Un mondo davvero magico, dove bisnonne novantatreenni fanno vita attivissima, con passeggiate mattutine e rivisitazioni dei "4 ristoranti" insieme a coetanee altrettanto arzille, e paiono non aver carattere, perché “ovunque tu la metti lei si adatta”; epperò non sopportano i calzini spaiati e le persone che si annoiano. Dove gli amici si somigliano, in caratteristiche fisiche, abitudini e passioni -oppure no, perché anche le amicizie, come gli amori, appaiono talvolta inspiegabili; dove i compagni sono come fratelli, e non contano i km che da qualche mese li separano. 

Così mi chiedo, ancora: dov’è che perdiamo -noi adulti, dico- quella tolleranza, quella pazienza, quell’amore, o affetto, che trasformano anche i peggiori difetti in particolari significativi e sopportabilissimi, addirittura amabili, perché rendono le persone per noi uniche e speciali? Dove perdiamo quello sguardo presbite, che paradossalmente solo i bambini hanno, in cui più siamo vicini, tanto meno nitidamente vediamo i piccoli/grandi difetti dell'altro, per percepirne solo l’intima e profonda sostanza, e amarle a prescindere?





“La mia bisnonna si chiama C. e ha 93 anni. Nella vita non fa niente di particolare, la mattina si sveglia e fa colazione con il latte e i biscotti poi va a fare una passeggiata, quando torna le sue vicine di casa sono sedute a parlare, prende la sedia e parla con loro.
Ha i capelli neri e ricci, gli occhi color metallo arrugginito, ha un naso morbido e la bocca grande.
È alta e robusta, ha le orecchie a punta e il collo lungo.
La mia bisnonna non ha un carattere, è una persona che ovunque tu la metti lei si adatta.
Le sue abitudini sono: la mattina si alza alle 07:00 in punto, fa colazione e alle 08:30 va a fare una passeggiata, alle 10:00 è a casa allora prende quattro sedie e le mette davanti a casa sua e aspetta che le sue vicine vengano a parlare della sua passione: la cucina.
Scendono e si scambiano le ricette poi alle 11:30 vanno tutte a casa sua e fanno un gioco che somiglia ai 4 ristoranti.
Alle 14:00 fanno un riposino fino alle 16:30 poi fanno le pulizie fino alle 18:00, si lavano e iniziano a cucinare.
Mangiano alle 19:30 e alle 20:00 guardano un film. Quando il film è finito vanno tutte a casa e dormono.
Non le piace vedere la gente che si annoia tutto il giorno ma proprio non sopporta vedere i calzini uno diverso dall’altro.
Ho scelto di descrivere questa persona perché è sempre molto gentile con me.”


“[Io e mio papà] stavamo giocando a calcio in salotto con la palla di spugna e lui ad un certo punto mi dice: -Adesso ti faccio vedere un rigore da maestro- e poi dice -Lionel Messi sul dischetto- e invece di sentire l’esultazione di mio papà ho sentito il vaso in vetro soffiato che cadeva: gliel’avevano regalato per il matrimonio.”



“La sua passione è il canto, ma lei pensa che non è brava, perciò il suo sogno piano piano svanisce.”

sabato 10 marzo 2018

Belle e belli forti, ovvero Una fotografia immaginata




L’8 marzo è passato e noi, fedeli allo spirito di giungere sempre un po’ in ritardo, ne discutiamo, il giorno dopo, a modo nostro. Proprio il pomeriggio del giorno tradizionalmente dedicato alla festa della donna, ho acquistato nella mia libreria una novità di cui ho già letto e che non vedo l'ora di poter sfogliare:

Belle forti Ragazze che vogliono essere se stesse

di Kate T. Parker, il Castoro


L’ho sfogliato e letto subito, pensando che sarebbe stato un ottimo spunto di riflessione in classe, nel tentativo, sempre difficile ma necessario, di sfuggire alla banalità e alla retorica. Penso alle mie ragazze, e ai miei ragazzi: mi sembra un libro importante per la nostra biblioteca scolastica. E intanto (non posso farne a meno), incomincio a pensare a come utilizzarlo: quali spunti per la discussione, e la conseguente produzione, collettiva o individuale?

Il giorno successivo entro in classe, con il mio volume nella borsa, e intanto penso che dobbiamo disporci in un modo diverso: non posso semplicemente mostrare i ritratti fotografici alla classe da lontano. Bisogna poter guardare da vicino, cogliere gli sguardi, le espressioni del volto, i muscoli tesi, i capelli spettinati, le pose del corpo, perché la relazione tra parole e immagini sia davvero significativa. Così, come facevamo spesso quando erano più piccoli, ci sediamo a terra, loro disposti a semicerchio intorno a me, o meglio, intorno al libro. E poi, semplicemente, giro le pagine e leggo. Non leggo tutto, ma neppure ho scelto prima: mi soffermo dove noto che i loro sguardi sono più attratti, dove mi pare di cogliere delle convergenze tra le protagoniste del libro e le ragazze, o i ragazzi. Mi pare proprio di poter dire: non importa se maschi o femmine.

Lascio che parlino, mentre leggo. Che mi fermino, che chiedano, che commentino. (Non sempre è così. Loro sanno bene che, la maggior parte delle volte, la lettura è un momento quasi sacro: si aspetta la fine, o la rilettura, per poterne discutere. Prima, no. Prima c’è spazio solo per le parole del libro, e, se ce ne sono, per le immagini.)


Ci sono ragazze di tutti i popoli.

Ci sono solo ragazze.

Per me, nelle frasi, quando leggevi e vedevi l’immagine accanto, lo sfondo e la posizione in cui si mettevano le ragazze aveva molto senso.

Ogni ragazza è diversa da tutte le altre.

Tutte le cose che sono scritte sono vere.

Per me questo libro ti insegna ad essere se stessi e a non giudicare gli altri

Questo libro racconta anche di ragazze che fanno sport da maschi, e quindi di non dare pregiudizi a nessuno sport.

Questo libro ti fa capire che tutti gli sport sono per tutti, non la danza per le femmine e il calcio per i maschi.

Tutte le ragazze del libro pensano solo a divertirsi.

Secondo me le persone di questo libro erano competitive sullo sport che facevano

Gli altri non devono dire che i maschi son più forti delle donne, perché le donne sono forti quanto gli uomini

Per me ‘sto libro mi dà la sensazione che tutti possono essere liberi di fare quello che vogliono e non ci sono differenze

Secondo me, le persone di questo libro credono in se stesse e cercano di diventare quello che vogliono

Questo libro mi fa pensare che: primo che le donne si fanno strada per farsi il loro futuro, e poi che, questa è un’ipotesi, che quando finisce il libro si pensa migliore e trascura gli altri

Per me questo libro l’hai preso primo perché ieri era la giornata sulle donne…no, no, no, la giornata delle donne…no? Si chiama così? (La festa delle donne) e poi perché questo libro parla dei pregiudizi che i maschi hanno sulle donne

Questo libro è simile a Storie della buonanotte per bambine ribelli, solo che qua è più corta la descrizione e ci sono delle foto, invece nell’altro ci sono i disegni

A me questo libro mi fa pensare a mia cugina, perché lei non ha paura di far niente e quando le vietano qualcosa vuol sempre farlo, e non le piace sentire che è una femmina, vuol essere un maschio

Secondo me questo libro voleva un po’ far capire che, visto che comunque ci sono queste bambine e ragazze che fanno alcuni sport che di solito fanno i ragazzi, si voleva intendere che anche le ragazze possono farli tranquillamente senza paura del giudizio degli altri

Le ragazze possono fare tutti gli sport che vogliono, senza che nessuno le sottovaluti…

Mi intrometto: "Secondo te, vale solo per gli sport?"

No, vale anche per altre cose



Chiedo loro, ancora: "Perché in questo libro ci sono solo ragazze?"

Per la festa delle donne.

Per i diritti delle donne.

Perché nell’antichità e ancora in altri paesi le donne sono inferiori agli uomini.

Per far capire che tutti gli sport non sono per maschi o femmine

Perché alcune volte le donne vengono un po’ escluse

Per dimostrare che le femmine sono uguali ai maschi

Per dimostrare che tra uomini e donne non c’è nessuna differenza, perché per esempio, a volte, nell’antichità, le donne venivano considerate minori agli uomini, invece adesso gli fanno fare lavori diversi da quelli che gli facevano fare nell’antichità

Per dimostrare che le femmine possono fare anche cose “da maschi”

Per far capire a chi pensa ancora che le donne siano inferiori agli uomini, che anche se le donne sono donne, siamo comunque esseri umani

Per far capire che le donne, anche tutt’ora, hanno gli stessi diritti degli uomini

Bisogna considerare l’uomo uguale alla donna

Perché agli uomini danno sempre più importanza… la gente dà sempre più importanza

Perché alcuni maschi dicono che alcuni sport non siano proprio per femmine, invece lo possono essere

Siccome tutti dicono che le donne in generale non hanno tanto…cioè, non gli danno tanta importanza, cioè, alcuni, non tutti, l’autrice di questo libro ha deciso di porre fine a questa ingiustizia facendo un libro solo e soltanto su donne

Ci sono solo donne in questo libro per far capire che le donne possono essere come gli uomini

Dico anch'io come la penso. Il libro mi piace; ma mi piacerebbe di più se non ce ne fosse bisogno, o, meglio ancora... Lascio in sospeso la frase; aspetto che siano loro a completarla. In entrambe le classi, qualcuno lo fa. Sanno, e lo dicono, che preferirei che fosse un libro fotografico di bambine e bambini, ragazze e ragazzi insieme, che insieme rivendicano il diritto ad essere se stessi. Senza distinzioni di genere, di etnia, di cultura. Senza neppure, forse, il richiamo del titolo alla forza; che, se serve in un libro dedicato al genere femminile -“sesso debole” era l’espressione, neppure tanto lontana, con cui veniva designato il genere femminile fino a pochi anni fa-, non dovrebbe invece più essere necessario nel momento in cui la forza non sia una discriminante.



E poi penso che non può finire così. Che mi piacerebbe essere brava come Kate Parker, e fotografarli, così da cogliere la loro più intima essenza. Ma non so, non posso farlo.


Possiamo però, ognuno può, immaginare la propria foto, quella che vorrebbe in un libro come questa. Ognuna, ognuno può scegliere il dove, il quando, con cosa o con chi, la situazione, l’espressione del viso, la posizione del corpo. E poi, per concludere, può scegliere la didascalia che accompagni questa foto immaginata. 






E molte di queste didascalie, vi assicuro, fotografano chi le ha scritte quanto una splendida immagine.






























sabato 13 maggio 2017

Tante mamme




Ha quasi 40 anni, ma per me è sempre giovane.
Ha … anni e non le piace che noi lo diciamo.
La mia mamma è bella, simpatica e attenta, e ha i capelli marroni mischiati col rosso e il biondo.
È alta, bionda e simpatica.
È abbastanza alta, però rispetto a mio papà è più bassa.
È cicciottella in viso, però non è né magra né grassa.
Nelle guance ha dei puntini marroncini.
Ha gli occhi verdi, il naso a scivolo, ha i capelli castani con delle sfumature rosse naturali.
Non ha il naso a patata.
Il suo naso è molto delicato, la bocca fine.
Ha gli occhi marroni e il naso a punta.
Ha gli occhi marroni e i capelli neri, ha la pelle liscia e chiara.
È un po’ robusta ma a me non interessa.
A volte si fa la coda, viene un po’ corta ma viene.
L’abbigliamento che mette spesso è un vestito arancione che le piace tanto
Non è una che mette tutti i giorni i tacchi.
È molto precisa nelle cose che fa
Né troppo calma ma nemmeno forte
È molto vivace però con poca pazienza e si commuove molto facilmente.
È molto buona anche se la faccio disperare
È simpatica, non sopporta le battute di mio papà, le piace il blu.
Mia mamma di carattere è gentile, ma delle colte quando devo fare i compiti non è per niente gentile.
È gentile con tutti, non si arrabbia quasi mai, qualche volta però sì.
È gentile ma quando si arrabbia non è piacevole sentirla.
Lei è gentile e ha tanta pazienza, ma quando la perde non c’è niente da fare
Le piace preparare i dolci, ballare, andare al mare, il caffè, esprimere le sue opinioni
Le piace la trippa, il cavolfiore, le fragole
Lei ama il gelato al bacio, le coccole e il mare
Le piace il silenzio ma anche un po’ di rumore.
Le piace uscire con le sue amiche.
Le piace il cibo siciliano, che fa mio nonno.
Le piace suonare l’organo, cantare e le piacciono i gatti.
Ama molto cucinare, sia dolce che salato.
Ama il mare. Starebbe in mare per anni.
Ama le scimmie. Quando siamo andati alle Cornelle non si voleva staccare dalla loro gabbia.
Non detesta quasi nulla
Detesta far gli addominali, mettere la gonna, correre e la montagna
Detesta quando la svegliamo mentre dorme e quando la spaventiamo.
Detesta andare al lavoro, fare la spesa e la televisione.
Detesta le persone che stanno male con i tatuaggi e quando la Juve vince o segna.
Lei odia quando io e mio fratello litighiamo.
A volte prova tristezza perché la sua mamma è morta.
Non le piace la pera, mettere i tacchi.
Non beve il caffè.
Detesta i ragni, cucinare, pulire.
Detesta trovare le cimici ogni secondo che passa.
Detesta litigare con suo marito, lavare, stirare, portare fuori il cane quando piove
Insieme cuciniamo, litighiamo, giochiamo a calcio.
Insieme giochiamo, cantiamo, ci abbracciamo e sogniamo.
Quando andiamo al mare giochiamo insieme a racchettoni, anche se io sono scarso.
La mia mamma sa sempre cosa fare
È come il sole che mi accoglie ogni giorno.
È come un guardiano, un combattente.
È un sole che splende e io sono i suoi raggi,
lei è un astuccio e io le sue penne,
lei è un orologio e io le sue lancette,
lei è il disegno e io la coloritura.
La mia mamma è come una farfalla un po’ triste che gira a caccia di avventure da fare con la propria famiglia.
La mia mamma è come una nuvola morbida che quando ti abbracci sprofondi in mezzo a lei.
La mia mamma è un pinguino in mezzo al mare che si gusta un bel gelato.
È come un dipinto sulla tela oppure un affresco.
Non si emoziona facilmente, devi proprio arrivare alle stelle per farla emozionare.
La mia mamma è come un vulcano, sta tranquilla ma quando la faccio dannare lascia la sua lava bollente. Meno male che non succede quasi mai.
La mia mamma è come un angelo che canta col cuore.
La mia mamma è stata la mia casa per nove mesi.
La mia mamma è come un angelo che sa volare nella fantasia.


mercoledì 3 maggio 2017

La nostra classe, ovvero un cielo che ti accoglie



Martedì 2 maggio

Mi attende un pomeriggio di correzioni, e so già che col trascorrere delle ore mi toccheranno molte emozioni diverse: la soddisfazione, il divertimento, che a tratti potrebbe sconfinare nell'allegria, a volte la preoccupazione, l’ansia, lo scoramento.

Guardo i quaderni, così diversi tra loro per calligrafia, ortografia, sintassi, contenuti. Mi riassale, come spesso accade, il timore di non aver fatto abbastanza, di non aver dato il meglio.
Che non tutti i ragazzi arrivino a piena maturazione, che in questo caso significa una competenza sicura e disinvolta nella produzione scritta, mi pare sempre più demerito mio che la risultanza di altri, molteplici fattori.

E mentre leggo, m’interrogo su alcuni passaggi: ad esempio perché nella descrizione oggettiva di gruppo, questi abbiano scritto “Abbiamo molte prese elettriche e due bambini sono mancini (mi sfugge il nesso). Cinque bambini non sono italiani ma quattro sono di colore”.

Mi interrogo sì, perché sono certa che in classe non abbiamo mai usato l’espressione di colore – siamo naturalmente tutti di colore, chi più chi meno chiaro o scuro, caso mai. Mi chiedo da chi sia uscita, e come mai, e come mai gli altri non l’abbiano messa in discussione.

“La nostra classe è composta da ventisei alunni, tra cui undici ragazze e cuindici (sic! Cuindici…) ragazzi. Alla maggior parte di bambini non piace la scuola, ad alcuni invece sì” (Avranno fatto un mini sondaggio, prima di scrivere, si saranno basati sulla composizione del loro gruppo di quattro o rappresentano un campione percentualmente valido della classe?)

nonostante sia già passato, abbiamo ancora decorazioni di Halloween (che sia ora di toglierle?).

Scopro che ci sono raccoglitori d’anelli, che c’è una discrepanza sul numero di maschi e femmine – un gruppo ha scritto quattordici maschi e dodici femmine -, che ci sono dubbi, peraltro legittimi, sull’ortografia di beige (scritto beash).

In un gruppo si sono presi la briga di misurare i lati delle piastrelle, e il loro numero (sbagliando, perché hanno scritto 114, mentre i due lati sono 20 x 25, e intanto abbiamo fatto matematica e, contestando l’affermazione che la classe fosse quadrata, pure geometria). Non soddisfatti, han misurato pure il piano dei banchi, 44 x 69,5 cm.

Scopro che per qualcuno “La nostra classe è molto grande e piena di sorprese inaspettate e colori che ti scioccano.”

Per altri “La nostra classe è molto grande, disordinata, lucente e colorata. Ci sono molti libri, molti cartelloni, molti bambini, una lavagna. Siamo in 28 e siamo molto confusionari.”

Scopro neologismi su cui, con sommo dispiacere, dovrò intervenire: “La nostra classe è bianca e verde, è molto arredata e le arredazioni le abbiamo fatte noi per il tema dell’anno. […] Appese ai muri ci sono carte geografiche per tutte le convenienze.”





Continuo a leggere, e a correggere, e tra le descrizioni soggettive, quelle con cui ognuno ha completato in autonomia il testo, scopro nuove frasi su cui riflettere:

La nostra classe è molto grande e spaziosa come un cielo che ti accoglie e accetta persone di tutti i tipi.


La nostra classe è molto bella e mi fa emozionare ogni volta che arrivo a scuola: io mi siedo e la classe mi accoglie.

La nostra classe è chiassosa, e io alcune volte vorrei che non fosse così. […] La nostra classe la vorrei più calma, con un insegnante maschio e con un campo da calcio. Vorrei anche che alcune volte ci portate a pescare e in gita.

Però questa classe mi dà una forza così forte quando le voci sono basse; quando sono forti invece sento come l’impressione di essere solo, tutti parlano forte, nessuno invece parla con me, o se parla con me non è di sicuro sottovoce.

Vorrei tutto di inglese perché mi piace non offenderti Anto anche le tue materie sono belle.

Questa classe non è grande ma è bella. Esprime un po' di noia e poca felicità.


C'è ancora tanto da lavorare...