Sono davvero felice di
tornare a parlare di questo libro,
suggeritomi da Francesca, insegnante di mia
figlia e persona che stimo profondamente, dopo che ieri Giovanna Zoboli
(Topipittori) e Alicia Baladan (illustratrice de “La leggerezza perduta” e di
molti altri splendidi albi) hanno condiviso su fb questo consiglio di lettura.
Scrivevo qualche mese fa,
proprio su questo blog:
"Cinque anni fa, ai tempi della mia prima prima, i miei bambini avevano il quaderno della lentezza: copertina azzurra, quadretto da mezzo centimetro, serviva per imparare a scrivere in stampato minuscolo e corsivo. L’imperativo era andare piano, lentamente.
I bambini si stupivano di questa richiesta, tanto più in quanto abituati, in altri ambiti, anche scolastici, a dover lavorare velocemente.
Ci ripensavo nei giorni scorsi, leggendo le prime pagine di un affascinante libro suggeritomi da Francesca, collega delle medie, "La pedagogia della lumaca. Per una scuola lenta e non violenta", del compianto Gianfranco Zavalloni, Ed. EMI.
Quanto è controcorrente, in un mondo come il nostro, chiedere ai bambini di andare lentamente? Quanta fatica facciamo, noi adulti per primi, a cambiare dei ritmi imposti da una vita che spesso rischia di non appartenerci e fatichiamo a riconoscere? E poi, questo riconoscimento, questa riscoperta di tempi diversi, più distesi e rispettosi, non rischiano forse di creare dei piccoli disadattati, in un mondo che chiede sempre di più e sempre più in fretta?
Non ho risposte certe e definitive, ma come sempre più spesso mi accade, domande aperte; io so solo che non considero una perdita di tempo utilizzare parte delle ore scolastiche a chiedere ripetutamente ai bambini di rimettere a posto banchi e sedie quando ci spostiamo, di raccogliere le carte da terra, di spegnere le luci quando non servono. Non considero una perdita di tempo accogliere uno a uno all’ingresso salutando ciascuno col proprio nome, né aspettare che il rumore si quieti per riprendere a parlare. Non considero una perdita di tempo interrompere l’attività a tavolino per fare un gioco in cerchio che ci aiuti a conoscerci meglio; non considero una perdita di tempo le ore passate in giardino a giocare con i coetanei o i compagni più grandi...
Quest’anno non abbiamo ancora il quaderno della lentezza, ma spero che molto del nostro stare insieme sia caratterizzato dalla possibilità di regalare, a noi stessi e agli altri, il tempo necessario per ciascuno…"
Rileggevo queste parole, e
mi chiedevo: quanto sono riuscita a mettere davvero in pratica ciò che ho scritto solo
tre mesi fa? È vero, il tempo dell’inserimento è finito, ma mi capita sempre
più raramente di portare i bambini a fare un gioco libero in palestra, o di
permettere a tutti, ma proprio a tutti, di parlare liberamente e spontaneamente
(che non vuol dire “senza rispettare il proprio turno”). Mi sono lasciata
prendere dalla fretta, dalle tante cose da fare, nonostante sia profondamente
convinta della necessità, per i bambini ma anche per tutti gli adulti che con
loro vivono, di rallentare, di fermarsi, di riflettere, di respirare
profondamente…
È come se vivessimo
sempre, tutti, con l’affanno. E allora, con questo libro che finalmente mi sono
regalata tra le mani, mi riprometto che proverò a fermarmi, ogni tanto, ad
ascoltare, a guardare, a respirare. Mi sembra davvero un bel regalo di Natale!
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