venerdì 30 agosto 2019

Documentare per crescere, e condividere



Non sono mai stata, come quest’estate, lontana dal blog così a lungo: più di due mesi senza scrivere un solo post. E se da un lato è fisiologico (d’estate molti blog chiudono, c’è bisogno di un naturale spazio di sospensione, è necessario tanto a chi scrive quanto a chi legge, almeno per sentirne la mancanza), dall’altro io vivo questi tempi sempre più lunghi tra un post e l’altro con il timore che la disaffezione possa in qualche modo insinuarsi tra le pieghe del “non ho tempo” e “d’estate non ho le bambine e i bambine con me, a colmare i vuoti con le scelte che faccio per loro e con le loro risposte – quelle dette, quelle scritte, quelle manifestate anche solo con un’espressione del viso o un movimento piccolo del corpo”.


Ho paura, insomma; paura di dimenticarmi di Apedario, di quel che è stato per me, di quel che mi ha regalato.


Perché se è vero, come discutevamo ieri in auto con la mia amica Francesca, che siamo certe che molti insegnanti lavorino con i libri a scuola in modo efficace, innovativo e significativo, posso affermare con altrettanta certezza che la fortuna di A scuola con gli albi si è costruita intorno e grazie al blog.


È grazie ad Apedario che il contatto tra i Topipittori e me è iniziato e cresciuto, dando la possibilità al blog di farsi conoscere attraverso lo spazio e le condivisioni che il blog dei Topi e la loro pagina Fb ci hanno regalato.

È grazie ad Apedario che, proprio nei miei editori, si è fatta strada l’idea, per nulla scontata, che io potessi scrivere un libro sulla mia esperienza riguardo la lettura e l’utilizzo degli albi e dei libri a scuola.

È grazie ad Apedario che ho avuto a disposizione, nei mesi della scrittura del saggio, una mole inimmaginabile di materiale, dai pensieri delle bambine e dei bambini alle immagini dei lavori realizzati con loro in questi anni.

È grazie ad Apedario che la rete delle mie relazioni con il mondo, anche quello più lontano da me, si è tanto ampliata e infittita, regalandomi la possibilità di incontri, virtuali ma soprattutto reali, che mai avrei potuto immaginare. Ed è grazie a questa rete di persone vere, che hanno acquistato il libro e l’hanno amato, che A scuola con gli albi è uscito dal mondo piccolo dei miei pensieri e dei miei sogni e si è trovato un posto nel suo mondo.


Nulla di tutto questo sarebbe mai avvenuto se, poco più di sei anni fa, con le poche conoscenze di allora, non avessi sentito, forte, il desiderio di condividere su un blog la passione per la letteratura per l’infanzia e ciò che grazie ad essa avveniva a scuola.


E allora mi viene da sorridere, da ringraziare, e da pensare che alla base di tutto ci sia quell’idea forte del documentare, per la quale sono debitrice, ancora una volta, alla scuola dell’infanzia: nulla di tutto ciò sarebbe mai avvenuto se non avessi pensato che fosse così importante documentare il lavoro in classe.


Lo è stato, lo è, prima di tutto per me; ma poi, moltissimo, lo è per le bambine e i bambini con cui lavoro e vivo, e a cui spesso mostro i post, anche quelli più lontani nel tempo, anche quelli di cui non sono i protagonisti; lo è, oserei dire ancor di più, per le famiglie. Mi sembra sempre, quello del blog, uno spazio vivo e vitale perché anch’esse possano, in qualsiasi momento, entrare nel mondo altrimenti chiuso e spesso misterioso, di un’aula scolastica, per osservare – ospiti invitati e sempre graditi -  come i propri figli vivano il proprio tempo lontano da loro, attraverso quali scelte e quali canali privilegiati apprendano, in che modo si creino quei legami che tanto saranno significativi nella vita. 








venerdì 21 giugno 2019

Leggere ovunque, leggere sempre


I compiti per le vacanze, da sempre, per me significano leggere.

Non sono ancora riuscita a preparare una buona bibliografia per le mie bambine e i miei bambini, così approfitto di chi ha già preparato degli ottimi consigli di lettura.
Un consiglio, però, uno solo, per il momento, già ce l'ho. Ancora una volta, lui: Il Bimboleone e altri bambini, di Gabriele Clima e Jack Agnello Modica, Edizioni Corsare


I consigli di Maria Polita, Scaffale Basso...

quelli di Francesca Tamberlani, Milkbook


giovedì 6 giugno 2019

Consiglieria




Frequentare quotidianamente i libri e la lettura ha molti vantaggi: tra questi, per un insegnante (senza l’apostrofo, che, per quanto pochi, alcuni insegnanti di genere maschile resistono, nella scuola), la possibilità di immaginare, progettare e ricreare partendo da suggestioni offerte dal lavoro altrui.
Perché, più invecchio, più mi accorgo che raramente si inventa: spesso, molto più spesso, il proprio lavoro diventa frutto di una gran quantità di contaminazioni.
Così quello di oggi è una sorta di tributo al lavoro che da anni le scuole dell’infanzia di Reggio Emilia (vi dice nulla Reggio Children?) portano avanti e condividono in Italia e nel mondo.

Alla scuola dell’infanzia devo molto, moltissimo. Ne ho già scritto e non è necessario che lo ripeta. 
In quest’occasione, alle scuole di Reggio devo la realizzazione, con le bambine e i bambini di prima, di uno strumento dedicato ai compagni che a settembre prenderanno il loro posto alla primaria: i grandi della scuola dell’infanzia.
Così, con i pennarelli al tratto, bambine e bambini hanno prima disegnato, poi scritto, i loro consigli per vivere al meglio la scuola primaria. Li abbiamo letti, abbiamo unito le forze e le idee e il risultato è questo libro, che questa mattina, insieme alla lettura de Il bimboleone e altri bambini, consegneremo loro.

Anche questa è continuità.




















mercoledì 29 maggio 2019

Ricordi di un anno di scuola (classe 1^)


Ho sbagliato ma anche imparato.

Condividere è giusto.

Imparate tutto quello che volete.

A scuola si possono imparare le cose difficili.

La scuola è di tutti.

La scuola ha tanti pensieri.

Ho trovato sette amici.

A me non mi piace non andare a scuola.

A scuola nella nostra classe a tutti piace l’intervallo.





Primo giorno

Al primo giorno ero nervoso.
Il primo giorno di scuola ho pianto e non volevo stare lì da solo.
È stato bellissimo come ci avete accolti.
Quando sono appena entrata in questa scuola mi piaceva già.
Mi è piaciuto tantissimo il primo giorno di scuola.


Le maestre

Le maestre ti fanno imparare le sillabe che vi mostro QUI QUA QU CQU.
Vi fanno imparare tutto.
Le maestre ti fanno un prestito.
Le maestre sono gentili.
Le maestre ti coccolano
Le maestre mi hanno dato una mano a imparare.
Le maestre sono generose per gli studenti.
Le maestre ti fanno un prestito.
Le vostre maestre saranno sempre loro.


È tanto bello…

È tanto bello il venerdì perché scegliamo il libro.
È tanto bello quando Antonella ci legge i libri.
È super bello quando lavoriamo a coppie.

È divertente fare motoria.
È divertentissimo giocare con il maestro Luca.


La scuola è…La scuola ha…

La scuola è un desiderio.
La scuola è di tutti.
La scuola per alzare la mano.
La scuola è fantastica.
La scuola è pensierosa.
La scuola ha tanti pensieri.


A scuola…

A scuola si può fare il giro degli abbracci.
A scuola ci sono i bidelli.
A scuola nella nostra classe a tutti piace l’intervallo.

A scuola si fanno i conti.
A scuola ho imparato il suono GN e il suono GLI.
A scuola si possono imparare le cose difficili.
A scuola si può prendere in prestito un libro.
A scuola impari i modi di scrivere.
A scuola posso sognare.
A scuola facciamo l’interballo.
A scuola si sta in silenzio.
A scuola è bello fare il cerchio degli abbracci.
In cerchio ma seduti si fa il cerchio delle parole belle.


In mensa...

In mensa si mangia male, e non mi piace.
In mensa si può mangiare.
La mensa fa del cibo buono.
A mensa si mangia bene.
La mensa è molto rumorosa.
Non mi piace mangiare in mensa.
Mi piace il cibo della mensa.
In mensa si mangia.
La mensa è bella perché si mangia bene.


e in pulmino

Il pulmino porta i bambini a scuola se le mamme hanno un impegno.


Le materie

Matematica è bella.
Matematica per me è la materia preferita.
Italiano è la materia più brutta.
La mia materia preferita è scienze.
Matematica e italiano ci sono ogni giorno e geografia storia arte musica scienze motoria ci sono un giorno.
È divertentissimo giocare con il maestro Luca.
In matematica si fa il punto-linea.
Leggere è bello.
Il mio momento è in giardino.


Gli incarichi

Gli incarichi sono belli perché tutti fanno un lavoro.
Gli incarichi sono belli e si fa il distributore.
Con gli incarichi si fa il disegno corrispondente.


Il corsivo è bello.
Per italiano c’è il quaderno della lentezza.
Colla mia scuola si impara.
Io adoro andare a scuola.
Ho trovato sette amici.
La lavagna è da scrivere.
La Antonella vuole sempre che tutti i bambini alzino (proprio così, col congiuntivo N.d.r.) la mano.
La Lim dice sempre Buongiorno Chiara.





giovedì 16 maggio 2019

Di come le storie diventano nostre



 

“Io copio la mia famiglia, come quando la mia sorella era in pancia”, così mi dice R., dopo aver scelto il suo piccolo ritaglio, che ora tiene felicemente in mano, da ricopiare.



È così – penso - che le storie degli altri (pensate, scritte, illustrate, raccontate, vissute dagli altri), diventano la nostra storia. In questo modo ci sfiorano, ci toccano, si intersecano con le nostre, entrano dentro di noi.



Il generale orco. Qualcuno lo chiama così, il generale Alcazar, protagonista, ahimè disarcionato, del magnifico Di qui non si passa!, di Isabel Minhós Martins e Bernardo P. Carvalho, Topipittori . “Perché ha il naso lungo”


“Ma perché ha i denti azzurri?”
“Tutti i personaggi hanno dei denti colorati”
“Forse si sono messi dello smalto”
“Ma è impossibile…quanto mastichi e è ancora fresco, viene via!”

Dialoghi spesso surreali, quelli tra i bambini. Peccato che dimentichiamo di ascoltarli.
E invece io mi sento spesso una privilegiata, qui, in questo angolino di classe, da cui li osservo, li ascolto, scrivo, cercando di intervenire il meno possibile.

È un libro sulla libertà, questo. Ed è il mio obiettivo più grande, crescerli liberi.
Passa anche attraverso la risposta alla loro domanda: “Posso? Possiamo?”
Rispondo sempre: “Potete fare tutto quello che volete, è il vostro lavoro. Basta che lo facciate con cura”.
Intanto, senza nemmeno accorgersene, leggono: leggono i nomi dei personaggi, ne osservano le posture diverse nelle risguardie in apertura e in chiusura, si interrogano sull’opportunità di usare i pennarelli a punta fine o a punta grossa; di fare, prima, il disegno a matita; di disegnare col pennarello nero e poi colorare, o di lasciare il proprio lavoro in bianco e nero.







Decidono, scelgono, si confrontano.

“Come si chiama il cavallo?”
“Nitrito Tonante”
“Tonante vuol dire forte…”
“…come il tono!”

E intanto crescono.


Da Fate a pezzi i risguardi,  A scuola con gli albi:

[…] troviamo una guardia incaricata di proteggere lo spazio bianco della pagina destra.

Via via, nella pagina di sinistra, giungono e si affollano nuovi personaggi, tutti impegnati in diverse attività, e tutti allo stesso modo stupiti da quella che è un’incomprensibile limitazione della libertà propria e di tutti. Finché, dopo ben 7 pagine in cui la pagina destra rimane immacolata, si arriva al punto di rottura, di non ritorno: una semplice, piccola palla rossa, sfuggita al controllo di piede di due ragazzini, Simone e Cristiano. Nulla di voluto, certo: ce lo dice quell’UPS! che sfugge a uno dei due, o forse a entrambi. La palla fa cinque rimbalzi, fino a rimanere, ferma e immobile, al centro della parte inferiore della pagina destra.

La palla non rimarrà sola per molto: i due ragazzini, naturalmente dopo aver chiesto il permesso alla guardia, si precipitano a recuperarla.

La diga ormai si è rotta, e la guardia, prima custode della pagina bianca, viene trasportata in un tripudio di braccia dalla folla festante. A nulla varranno le proteste del generale, che, sconfitto, esclama: «Che gente infantile!! E guarda in che stato hanno lasciato queste pagine. Impressionante... Me ne vado da questa storia, ho deciso. Dopotutto, chi vuole essere l'eroe di una storia per bambini?»

Se è vera la frase attribuita a Picasso: «A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino», credo di poter affermare che la forza dell’illustrazione di Carvalho in quest’albo sia proprio l’aver disegnato come un bambino, instaurando in questo modo una comunicazione immediata ed empatica con i lettori.

I miei alunni sono abituati a riprodurre graficamente molti dei libri che leggiamo in classe, e mi chiedono spesso di poter far passare tra i banchi ogni albo per poterne copiare le illustrazioni originali. Mi pare questo un modo davvero semplice e stimolante per abituarli a tecniche e stili diversi, permettendo loro di trovare il proprio.

Così, per favorire questa attività, ho pensato di fotocopiare a colori su cartoncino bianco le risguardie, per poi portarle in classe e metterle a disposizione dei ragazzi. Nelle risguardie l’illustratore ha riportato tutti i personaggi della storia, un po’ come avviene nei testi teatrali, in cui, all’inizio della pièce, si trovano presentati i personaggi.

Riflettendo insieme ai bambini, abbiamo poi deciso di ritagliare i diversi personaggi, mettendoli a disposizione di tutti, in modo che ognuno potesse via via scegliere il preferito.

A questo punto, a tutti è stato possibile ricopiare in tranquillità i personaggi preferiti, per ricomporre fedelmente le illustrazioni del libro o crearne di nuove.


domenica 12 maggio 2019

La fatica di tenere insieme tutte le cose



Credo che una delle più grandi fatiche degli uomini e delle donne del nostro presente sia tenere insieme tutte le cose; dare un senso alle innumerevoli azioni che compiamo durante il giorno, e che sia un senso frutto di un pensiero, di una volontà, di un’idea di vita.

Non riesco a fare a meno di pensarlo proprio, e ancor di più, in questi giorni, in cui è appena iniziato l’ultimo mese vero di scuola - che il tempo senza i bambini e le bambine è sì un tempo scuola, ma in modo altro; in questi giorni in cui è quasi necessario festeggiare la mamma.

Non m’importa, qui, ragionare sulla vera, reale, effettiva necessità che lo faccia la scuola. Non m’importa farlo qui, e ora, intanto e in primo luogo perché le mie bambine e i miei bambini hanno, tutti, una mamma, qui e ora – e non sempre, non per tutti è così. Ma, soprattutto, perché quest’anno ho le più piccole e i più piccoli della scuola primaria, bambine e bambini che hanno da poco imparato a leggere e soprattutto a scrivere: e così mi sembra bello, e significativo, che in questo giorno sia proprio la loro scrittura a lasciare un segno.

La fatica di tenere insieme tutte le cose riguarda ognuno di noi, e mi pare riguardi in particolar modo gli insegnanti: perché a noi è affidata l’infanzia, in tutte le sue molteplici sfaccettature, e perché per noi è ancora più essenziale dare senso a ciò che facciamo attraverso il pensiero, la volontà, l’idea di vita che passa nella nostra professione.






Proprio per questo, come regalo per le mamme abbiamo provato a tenere insieme la C di cuore e la Q di quadro, appena imparate, attraverso la lettura di Nel mio piccolo grande cuore, di Jo Witek e Christine Roussey, Gallucci, e la produzione scritta, individuale e/o collettiva, con le frasi di ciascuno scritte alla Lim e la possibilità, per tutti, di ricopiare le preferite; e, ancora, il lavoro di religione, in cui bambine e bambini hanno osservato la maternità nell’arte, e presentato ai compagni e alle insegnanti la propria immagine di figli, ovvero una fotografia tra le braccia della mamma. E per finire la rielaborazione grafica, con la possibilità di ricopiare la propria immagine fotografica o di prendere spunto dall’ambientazione di quelle dei compagni. 







mercoledì 24 aprile 2019

Harold, i bambini e le loro matite

Molto accomuna Harold, le bambine e i bambini: e sta tutto in quel tratto di pastello che, solo, genera infinite storie ed avventure.
Nato dalla fervida immaginazione di Crockett Johnson, (qui un interessante articolo di Beniamino Sidoti su Libri Calzelunghe), Harold dà corpo e segno all’infanzia tutta, che con un solo tratto costruisce il mondo intorno a sé.
Una sera, dopo averci pensato sopra un bel po’, Harold decise di fare una passeggiata al chiaro di luna.
Ma la luna non c’era, e senza luna non si può passeggiare al chiaro di luna.







Come fare una passeggiata al chiaro di luna se la luna non c’è? Potrebbe, questo, essere forse un problema per noi adulti. Ma non lo è certo per Harold – e come lui molti bambini, capaci di immaginare, e rendere in tal modo vero, tutto ciò che è loro necessario, e anche quel che non lo è.

Harold prosegue la sua passeggiata, in cui, per non perdersi, basta una foresta piccola piccola, con un albero solo.

Ma se quell’albero di mele produce frutti deliziosi, forse sarà necessario mettergli a guardia un drago così feroce da far addirittura tremare la mano di chi l’ha creato. E una mano tremante fa presto a trasformare una via dritta in un’onda dell’oceano, in cui rischiare di affondare.

Di avventura in avventura, Harold accompagna i suoi piccoli e grandi lettori alla scoperta delle infinite potenzialità dell’immaginazione. E chi ha a che fare ogni giorno con i più piccoli sa bene quanto essa sia potente.






Così, chiedo alle bambine e ai bambini di lavorare su due pagine affiancate: su quella di sinistra potranno disegnare e raccontare un breve tratto dell’avventura di Harold; in quella di destra, saranno liberi di immaginare la propria.
E se c’è chi fa propria la storia di Harold, entrandovi da co-protagonista, c’è anche chi rivendica una totale autonomia, in cui diventare regista indiscusso delle proprie avventure.









Come incomincia Passeggiata al chiaro di luna:

Una sera, dopo averci pensato sopra un bel po’, Harold decise di fare una passeggiata al chiaro di luna.

Ma la luna non c’era, e senza luna non si può passeggiare al chiaro di luna.

Harold aveva anche bisogno di un luogo adatto dove fare la passeggiata.

Fece una strada lunga e dritta, così lunga e dritta che era impossibile perdersi.

Poi cominciò a camminare sulla strada, tenendo in mano la matita viola.

JOHNSON C., Harold e la matita viola, Einaudi Ragazzi