Forse è un problema dovuto
solo alla mia forma mentis anarchica, ma trovo piuttosto inefficace presentare
ai bambini le diverse tipologie testuali divise a compartimenti stagni; qui la
fiaba, là il testo descrittivo, poi quello informativo, e a Natale, Pasqua e
primavera, la poesia.
Leggo fiabe –fiabe vere,
le edizioni integrali e originali dei Grimm, Andersen o Calvino- fin dalla
prima, scegliendole a seconda dell’età dei bambini e dell'argomento.
L’anno scorso, complice
una programmazione iniziale su frutta e ortaggi, ci divertimmo moltissimo con
Padron di ceci e fave
La principessa sul pisello
Jack e il fagiolo magico
L'alfabeto delle fiabe
Padron di ceci e fave
La principessa sul pisello
Jack e il fagiolo magico
L'alfabeto delle fiabe
Quest’anno, meditando sul
tema dell’attesa, ho pensato a quale fiaba potesse essere adatta: e invece
della fiaba, è stata la poesia a sussurrarmi le parole giuste nell’orecchio. Prima
ancora di prendere il libro tra le mani, sapevo che sarebbe stata perfetta.
Una
torre non è un brutto posto
per
aspettare
per
guardare cosa succede
spingere
lo sguardo fin dove si vede
contare
le cime degli alberi
cercare
un fiume
dai
versi dal volo dal colore delle piume
giù
il sole, su la luna
conoscere
le stelle una ad una.
Anche
se tutto resta uguale
-non
ci sono porte
non
ci sono scale-
si
allungano i miei capelli
(sembrano
disciplinati ma sono ribelli,
sembra
una treccia ma è una strada segreta,
sembra
una treccia e invece è la fine
della
mia attesa inquieta).
Silvia Vecchini, In mezzo alla fiaba, Topipittori
Non si può fare a meno di
questo libro: dovrebbe essere regalato ad ogni insegnante –e non solo di lingua
italiana- della penisola, perché possa accompagnare il necessario cammino di conoscenza
della fiaba, della sua struttura, dei suoi luoghi, dei suoi personaggi, con un
universo di senso che passa solo e soltanto attraverso un uso accorto e
meditato della parola poetica.
Mi pare di poter dire che
Silvia Vecchini faccia proprio questo: e i bambini lo capiscono, capiscono che
ogni parola, ogni virgola, ogni punto, sono assolutamente necessari. Altrimenti
sarebbero stati cancellati.
È così, la poesia: resta
solo l’essenziale.
In mezzo alla fiaba
Un giorno un giovane principe venne a trovarsi nel bosco ove era la torre, vide la bella Raperonzolo alla finestra e la udì cantare con voce così dolce che tosto se ne innamorò. Egli si disperava poiché‚ la torre non aveva porta e nessuna scala era alta a sufficienza. Tuttavia ogni giorno si recava nel bosco, finché‚ vide giungere la maga che così parlò:
Raperonzolo da principio si spaventò, ma ben presto il giovane principe le piacque e insieme decisero che egli sarebbe venuto tutti i giorni a trovarla. Così vissero felici e contenti a lungo, volendosi bene come marito e moglie. La maga non si accorse di nulla fino a quando, un giorno, Raperonzolo prese a dirle: "Ditemi, signora Gothel, come mai siete tanto più pesante da sollevare del giovane principe?" - "Ah, bimba sciagurata!" replicò la maga, "cosa mi tocca sentire!" Ella comprese di essere stata ingannata e andò su tutte le furie. Afferrò allora le belle trecce di Raperonzolo, le avvolse due o tre volte intorno alla mano sinistra, prese le forbici con la destra e "zic zac," le tagliò. Indi portò Raperonzolo in un deserto ove ella fu costretta a vivere miseramente e, dopo un certo periodo di tempo, diede alla luce due gemelli, un maschio e una femmina.
La stessa sera del giorno in cui aveva scacciato Raperonzolo, la maga legò le trecce recise al contrafforte della finestra e quando il principe giunse e disse:
C'era una volta un uomo e una donna che da molto tempo desideravano
invano un bimbo. Finalmente la donna scoprì di essere in attesa. Sul
retro della loro casa c'era una finestrella dalla quale si poteva vedere
nel giardino di una maga, pieno di fiori ed erbaggi di ogni specie.
Nessuno, tuttavia, osava entrarvi. Un giorno la donna stava alla
finestra e, guardando il giardino vide dei meravigliosi raperonzoli in
un'aiuola. Subito ebbe voglia di mangiarne e, siccome sapeva di non
poterli avere, divenne magra e smunta a tal punto che il marito se ne
accorse e, spaventato, gliene domandò la ragione. "Ah! Morirò se non
riesco a mangiare un po' di quei raperonzoli che crescono nel giardino
dietro casa nostra." L'uomo, che amava la propria moglie, pensò fra s':
"Costi quel che costi, devi riuscire a portargliene qualcuno." Così, una
sera, scavalcò il muro, colse in tutta fretta una manciata di
raperonzoli e li portò a sua moglie La donna si preparò subito
un'insalata e la mangiò con avidità. Ma i raperonzoli le erano piaciuti a
tal punto che il giorno dopo la sua voglia si triplicò. L'uomo capì che
non si sarebbe chetata, così penetrò ancora una volta nel giardino. Ma
grande fu il suo spavento quando si vide davanti la maga che incominciò a
rimproverarlo aspramente per aver osato entrare nel giardino a rubarne i
frutti. Egli si scusò come pot'‚ raccontando delle voglie di sua moglie
e di come fosse pericoloso negarle qualcosa in quel periodo. Infine la
maga disse: "Mi contento di quel che dici e ti permetto di portar via
tutti i raperonzoli che desideri, ma a una condizione: mi darai il
bambino che tua moglie metterà al mondo." Impaurito, l'uomo accettò ogni
cosa e quando sua moglie partorì, subito comparve la maga, diede il
nome di Raperonzolo alla bimba e se la portò via.
Raperonzolo divenne la più bella bambina del mondo, ma non appena compì dodici anni, la maga la rinchiuse in una torre alta alta che non aveva scala n‚ porta, ma solo una minuscola finestrella in alto. Quando la maga voleva salirvi, da sotto chiamava:
Raperonzolo divenne la più bella bambina del mondo, ma non appena compì dodici anni, la maga la rinchiuse in una torre alta alta che non aveva scala n‚ porta, ma solo una minuscola finestrella in alto. Quando la maga voleva salirvi, da sotto chiamava:
"Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelliRaperonzolo aveva infatti capelli lunghi e bellissimi, sottili come oro filato. Quando la maga chiamava, ella scioglieva le sue trecce, annodava i capelli in alto, al contrafforte della finestra, in modo che essi ricadessero per una lunghezza di venti braccia, e la maga ci si arrampicava.
che per salir mi servirò di quelli."
Un giorno un giovane principe venne a trovarsi nel bosco ove era la torre, vide la bella Raperonzolo alla finestra e la udì cantare con voce così dolce che tosto se ne innamorò. Egli si disperava poiché‚ la torre non aveva porta e nessuna scala era alta a sufficienza. Tuttavia ogni giorno si recava nel bosco, finché‚ vide giungere la maga che così parlò:
"Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelliCosì egli capì grazie a quale scala si poteva penetrare nella torre. Si era bene impresso nella mente le parole che occorreva pronunciare, e il giorno seguente, all'imbrunire, andò alla torre e gridò:
che per salir mi servirò di quelli!"
"Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelliEd ecco, ella sciolse i capelli e non appena questi toccarono terra egli vi si aggrappò saldamente e fu sollevato in alto.
che per salir mi servirò di quelli!"
Raperonzolo da principio si spaventò, ma ben presto il giovane principe le piacque e insieme decisero che egli sarebbe venuto tutti i giorni a trovarla. Così vissero felici e contenti a lungo, volendosi bene come marito e moglie. La maga non si accorse di nulla fino a quando, un giorno, Raperonzolo prese a dirle: "Ditemi, signora Gothel, come mai siete tanto più pesante da sollevare del giovane principe?" - "Ah, bimba sciagurata!" replicò la maga, "cosa mi tocca sentire!" Ella comprese di essere stata ingannata e andò su tutte le furie. Afferrò allora le belle trecce di Raperonzolo, le avvolse due o tre volte intorno alla mano sinistra, prese le forbici con la destra e "zic zac," le tagliò. Indi portò Raperonzolo in un deserto ove ella fu costretta a vivere miseramente e, dopo un certo periodo di tempo, diede alla luce due gemelli, un maschio e una femmina.
La stessa sera del giorno in cui aveva scacciato Raperonzolo, la maga legò le trecce recise al contrafforte della finestra e quando il principe giunse e disse:
"Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelliella lasciò cadere a terra i capelli. Come fu sorpreso il principe quando trovò la maga al posto dell'amata Raperonzolo! "Sai una cosa?" disse la maga furibonda "per te, ribaldo, Raperonzolo è perduta per sempre!" Il principe, disperato, si gettò giù dalla torre: ebbe salva la vita, ma perse la vista da entrambi gli occhi. Triste errò per i boschi nutrendosi solo di erbe e radici e non facendo altro che piangere. Alcuni anni più tardi, capitò nello stesso deserto in cui Raperonzolo viveva fra gli stenti con i suoi bambini. La sua voce gli parve nota, e nello stesso istante anch'ella lo riconobbe e gli saltò al collo. Due lacrime di lei gli inumidirono gli occhi; essi si illuminarono nuovamente, ed egli pot‚ vederci come prima.
che per salir mi servirò di quelli!"
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