Penso spesso che il compito principale di un
insegnante sia formulare domande, ancor prima che fornire risposte. Per questo motivo mi piace che siano i
bambini stessi, attraverso supposizioni, ipotesi, confronti, ad arrivare alle
risposte.
Dopo aver spiegato ai bambini che tutte le attività
delle prossime settimane avranno un unico titolo, La bellezza delle parole, ho
chiesto loro:
Da dove vengono le parole?
Dall’uomo
Dal
cuore
Dal
mondo
Dalla
bocca
Da
Dio
Dalle
lettere
Dagli
scienziati
Dalla
mente
Dai
libri
Dall’universo
Dalla
fantasia
Da
lettere che l’uomo unisce in modo che abbiano senso
Dall’alfabeto
Dai
primitivi
Dalle
bocche
Dai
pensieri della gente
Dalle
lettere
Dagli
antichi Romani
Dal
cuore e dal cervello
Dallo
scritto
Da
Dio
Dalla
fantasia
Dalle
lettere unite insieme formano parole
Dai
libri
Dall’antichità
Dagli
uomini che sono arrivati per primi sulla terra
Dagli
occhi perché sono belli
Dalle
orecchie perché si sentono dei versi e dopo ti vengono in mente le parole
Dai
sogni belli
Dall’inchiostro
Dall’immaginazione
Dai
pensieri
Dalla
lettura
Dai
nostri antenati
Scrivendo
Dalle
notizie
Dai
colori, perché te vedi un colore e ti viene in mente quel colore
Dal
voler dire
Dal
naso, perché si dice che aspiri le parole, vuol dire che aspiri bene i pensieri
che fanno dire le parole belle
Dall’umanità
Dallo
spazio
Cantando
una canzone
Dai
fogli, che ti vien voglia di scrivere parole belle
Dal
mondo
Dall’amicizia
Dalle
cose belle
Dalla
fedeltà
Dai
cristiani
Dal
latino
Proprio quest’ultima
risposta, dal latino, mi ha
fornito l’aggancio per parlare della bellezza di conoscere l’origine delle
parole; in un termine più complesso, ma che utilizzeremo spesso, la loro
etimologia.
Strumento validissimo in
questa attività si è dimostrato
di cui scrivevo la scorsa estate:
20 luglio 2015
Le scuole per le vecchie
maestre si chiamavano “magistrali”, e una delle materie più temute era, allora
come oggi, il latino. Io ero fortunata: venivo da una scuola media in cui il
professore di lettere ci aveva tartassato per anni su grammatica e analisi
logica (ora si chiamano morfologia e sintassi), e il latino fu, fin dall’inizio,
più un piacere che un dovere.
Naturalmente, non conosco
invece il greco, che solo gli studenti del liceo classico si trovavano
costretti ad affrontare: e mi accorgo, nella mia passione per l’etimologia
delle parole, di quanto pesi questa mancanza.
Oggi però ho tra le mani il bel volume Storie di parole, di
Giuseppe Pittàno e Rosanna Bonafede, Gallucci, illustrato da Alessandro Sanna, che permetterà a me e ai
miei alunni di conoscere l’origine e la storia di alcune tra le parole più
significative della nostra lingua, quelle che “ …hanno dentro immagini, storie, sapori e umori, […] parole preziose con
radici che affondano nel passato e altre appena nate, alcune che provengono da
lontano e altre coniate in territori a noi vicini. Parole antichissime, anche
se non sembra, che il tempo non ha corroso ma, al contrario, ha restaurato e
reso ancora vitali. Parole che hanno viaggiato nello spazio e nel tempo e che
oggi si offrono come materiali capaci di fornire preziose competenze
linguistiche.” (Rosanna Bonafede, Premessa)
Ad esempio, a pag. 17:
àlba: è la prima luce del giorno, quella
che stempera le tenebre e precede l’aurora; deriva dal latino lucem albam (luce bianca). Dallo stesso
aggettivo latino albus sono nate
molte altre parole della nostra lingua che hanno questa comune matrice nel
colore bianco: “albume”, che è la parte chiara dell’uovo; “albino”, un
individuo di carnagione chiarissima con gli occhi chiari e i capelli bianchi; “albana”,
una varietà di uva bianca con la quale in Romagna si produce un buon vino da
pasto; “domenica in albis (depositis)”,
che è la prima domenica dopo la Pasqua, giornata in cui secondo la liturgia
dell’antico cristianesimo, i neofiti deponevano la veste bianca che avevano
indossato nella cerimonia precedente, dopo il battesimo.
Dal sito della casa editrice Gallucci http://www.galluccieditore.com/624.htm
Le
parole hanno storie avventurose e affascinanti, a volte del tutto inaspettate:
conoscerle aiuta a capire meglio la nostra lingua e a usarla con più
consapevolezza. Nato in collaborazione con Giuseppe Pittàno – che per tutta la
vita si è divertito a costruire vocabolari senza timore di sporcarsi le mani
anche con i dialetti, le lingue straniere, gli errori grammaticali – questo
innovativo dizionario etimologico si rivolge ai ragazzi dagli 8 anni in su. Non
è infatti un libro da grandi ridotto per i più piccoli, ma un viaggio tra le
parole in compagnia del grande linguista e della sua storica collaboratrice
Rosanna Bonafede, alla ricerca delle storie che le hanno originate. “Il
vocabolario” diceva Pittàno “è un grande romanzo d’appendice da leggere in
mille puntate”.
Con
336 lemmi e oltre 140 disegni!
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