In questi giorni mi è
capitato che qualche collega mi chiedesse se, per il lavoro con i bambini sulla
poesia, avessi preso spunto da qualche guida.
Ho risposto di no, anche se
è vero che in passato mi è capitato di utilizzare guide e soprattutto quaderni
operativi (ce ne sono di utili e ben fatti, naturalmente).
Negli ultimi anni ho
frequentato con maggiore assiduità i libri di poesia, per piccoli e grandi, e
soprattutto un volume che mi accompagna spesso: Perlaparola bambini e ragazzi nelle stanze della poesia, di Chiara Carminati, edito
da Equilibri.
C’è un secondo libro, però,
di cui sono felice di parlare oggi:
Ma dove sono le parole?
Le
poesie scritte dai bambini
delle
periferie multietniche di Milano
nei
seminari di una maestra speciale
a
cura di Chandra Livia Candiani con Andrea Cirolla, Effigie Edizioni
un libro preziosissimo,
scoperto, come spesso mi accade, in rete, e per cui devo ringraziare
i Topipittori, Silvia Vecchini, Cristina Bellemo,
Silvia Geroldi, ovvero tutte le persone che mi hanno permesso di scoprire insieme a
loro questa perla preziosa, e di condividerla con chi ora ci legge.
La maestra
speciale è Chandra Livia Candiani, poetessa di origini russe, che da otto anni
conduce seminari di poesia in diverse scuole elementari a tempo pieno della sua
città.
Il libro
raccoglie l'esperienza e il risultato di una selezione tra i testi di circa
1400 bambini che negli ultimi otto anni hanno frequentato i seminari di
Chandra. È suddiviso in otto grandi nuclei tematici:
Il silenzio
Le parole
L'autoritratto
Il mondo
L'addio
I grandi
Quello che
conta
Che cos'è la
poesia
Mentre leggo
l'introduzione al primo nucleo, Il silenzio, rifletto su quanto possa, questo
lavoro, contribuire positivamente ad una vera integrazione:
“Ho cercato
di inventarmi un piccolo metodo che non emarginasse chi parla altre lingue.
Partiamo da un punto in cui conoscere molte parole non è affatto quello che
conta. Partiamo dal corpo, dalla presenza e dagli stimoli sensoriali che il
corpo ci regala a ogni istante.”
Mi fermo a
pensare: Chandra Livia Candiani ha utilizzato questo metodo in scuole a larga
presenza di bambini con Paesi-radice diversi (“Ho pensato di chiamare così
il Paese da cui vengono i loro genitori. E la ragione è che nel tempo ho scoperto
che, quando scrivono, la poesia li fa tornare alle loro radici, come dire, per
esempio i bambini cinesi scrivono poesie sul fluire, sull'andare insieme alla
corrente, sulle stagioni e sull'impermanenza. Come se tornassero a una fonte
culturale che viene trasmessa alle cellule, dall'aria, dal cibo, dalla lingua,
dalle abitudini, dai sogni.”) ma sono convinta che un metodo che parte dal
corpo, dagli stimoli sensoriali, dal recupero del valore del silenzio (“[...]Perché
i bambini conoscono per lo più il silenzio teso, il comando a cui si obbedisce
facendosi piccoli, raggrinzendosi. E invece cerco di trasmettergli un silenzio
che allarga, il piacere del silenzio che è ascolto di sé, del mondo,
dell'altro, della sinfonia di cui facciamo parte. È con meraviglia che scoprono
il mondo che il silenzio rivela.”) sia assolutamente necessario per quel
ben-essere a scuola, e nella vita, che dobbiamo ai nostri bambini.
Fatima, dieci
anni, algerina
Il silenzio è
pace
è come il cielo
che tace
le nuvole che
scorrono
leggere e
vivaci
un bambino che
guarda
con paura
scintillante
è bello vedere
l'acqua che cade
il silenzio non
è solo felicità
ma anche una
goccia che spacca il silenzio
il silenzio è
un libro che si apre.
“Ecco,
per sapere dove sono le parole, per iniziare un viaggio verso la poesia,
bisogna che qui ci sia un corpo. Un respiro. Un sentire. E poi una storia, la
nostra, ognuno la sua.”
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