Forse un giorno, neppure poi
così lontano, si riuscirà a rendere, per chi non c’era, una sensazione, un’emozione
intensa.
Mi spiace che oggi non sia già quel giorno: perché vorrei poter
mostrare cosa significa leggere in classe a 26/28 ragazzi un brano magnifico, e
vederli, sentirli letteralmente pendere dalle tue
labbra.
"Non avevo un solo capo di
vestiario scelto da me.
Ma avevo un vestito
preferito. Secondo la mamma non era proprio della
festa. Secondo me, era la festa fatta vestito, la mia festa.
Azzurro, con sottili righe
bianche che si incrociavano a fare quadri di un centimetro di lato. Scollo a vi, non si diceva a vu, maniche a sbuffo e gonna a balze, tre, segnate ognuna da un
giro di pizzo traforato, nel quale correva un nastrino di raso azzurro cielo,
capo e coda si incontravano in un fiocco.
[…]
E al vestito la zia aveva
aggiunto un golfetto color ghiaccio, con chiusura incrociata in vita. Color
ghiaccio: non bianco ma bianco, non azzurrino ma azzurrino, non verdino ma
verdino. Un colore fatato. Bello da togliere il fiato, insieme al vestito
bianco celeste. È un colore che rivedo negli inverni molto freddi, sulla strada
degli orridi che mi riporta in valle, quando gela e l’acqua che scorre sulle
rocce ghiaccia, fino ad accumulare immobili cascate di ghiaccio. E lo rivedo in
quota, anche d’estate se l’inverno è stato molto nevoso, nello strato di neve
ghiacciata che ricopre i torrenti nella parte alta del corso, dove l’acqua si
libera.
Aveva qualche nota di
eccessiva frivolezza per la mamma, il vestito celeste. Me lo lasciava mettere
troppo poco rispetto a quanto io avrei desiderato.
[…]
Io oggi sono il cielo che
nevica azzurro e ghiaccio. Se solo potessi camminare con i piedi in mano. Ma
oggi io sono la regina, faccio quello che voglio, e il cielo è con me."
QUARENGHI G., Io sono il cielo che nevica azzurro, Topipittori
E dopo una lettura così,
quant’è più facile scrivere un testo!
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