Riflettevo che forse il
primo verbo che un bambino pronuncia è proprio voglio (o, meglio ancora, voio): in esso si manifesta
forte il principio di autodeterminazione, l'affermazione di sé, anche in
contrasto con gli altri e i loro desideri.
E' solo più tardi che
cominciamo ad usare il vorrei:
quando l'educazione, la socializzazione, ci aiutano a vedere, a riconoscere
finalmente gli altri; quando ci accorgiamo che i nostri desideri sono tanto più
lontani dalla realtà che conosciamo fin troppo bene; quando facciamo i conti
con i nostri limiti e le nostre inadeguatezze.
È proprio in questo
momento che uno splendido libro, come
può venirci in soccorso,
e mostrarci quel che ancora possiamo immaginare, desiderare, sognare.
dal sito http://www.topipittori.it/it/catalogo/vorrei-avere
Un canto per voce sola di bambino, che accompagna il lettore di pagina in pagina attraverso campi, foreste tropicali, oceani, notti di luna, vie lattee, boschi e spiagge. Un omaggio alla perfezione degli animali attraverso lo sguardo amoroso di un bambino che ne desidera appassionatamente le straordinarie capacità. Un libro in cui la bellezza non è mai nominata, ma in cui tutto lascia intendere che è ad essa che tende la voce che lo percorre. Un libro-preghiera, per dire che se il pensiero è laico, la natura no. Lei è sacra.
Come incomincia:
“Vorrei avere…
Gli occhi del merlo per ogni erba che cresce nel campo.
I passi di piuma della tigre che fanno silenzio.
Il cuore veloce del topo quando scappa e scappa.
Le ali dell’oca selvatica il giorno della partenza.
La coda altalena del lemure nel labirinto dei rami.
La malinconia del cane se è inverno e fuori nevica.”
ZOBOLI – MULAZZANI, Vorrei
avere…, Topipittori
C’è
di che rimanere senza parole, di fronte a queste meravigliose illustrazioni
della Mulazzani.
Perché
catturano l‘intima natura dell’animale, la sua essenza, quella che forse, ere
ed ere fa, anche l’uomo possedeva, ed ora ha dimenticato.
Mi
sembra bellissima l’idea di lavorare con i bambini non su “quale oggetto, quale cosa, vorrei avere”: al contrario, “quale caratteristica, qualità, capacità” in
un rimando intelligente e attento a quel che davvero ci rende unici e speciali:
non quello che abbiamo, ma quello che veramente
(o nei nostri sogni) siamo.
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