In un post precedente scrivevo: “Tutti abbiamo un nome. [...] E anche se talvolta lo dobbiamo condividere con qualcun altro,
(avremo sicuramente qualche nome doppio, o triplo, in classe!) il nome è
nostro, ci appartiene e ci contraddistingue. È così importante che lo scriviamo
addirittura con la lettera maiuscola."
C’è
anche, però, chi un nome non ce l’ha: è il protagonista di “Senza nome”, di Silvana D’Angelo
e Valerio Vidali, Topipittori. Si tratta di un cane, che, pur adorando i nomi di
personaggi famosi (Aramis, Shakespeare o Tiberio Gracco), trova che Baraban gli
stia a pennello, ma si accontenterebbe anche solo di un semplicissimo Bill.
Il suo vero nome,
invece, non lo sente da un pezzo, anzi, talvolta gli viene persino il sospetto
di non averlo mai saputo: il suo padrone, infatti, sempre troppo affannato,
stanco o distratto, lo chiama semplicemente “tu”,
oppure “pigrone”, “sporcaccione” o “capriccioso”.
Ma il cane ha bisogno di trovare la sua identità, e così se ne va di casa; prima davanti a una pasticceria, poi accanto a una scolaresca che si appresta a partire per una gita, infine in biblioteca. Eppure, a sera, la sua ricerca è ancora infruttuosa; finché scopre che la sua fuga ha finalmente scosso il suo padrone, al punto da costringerlo a tappezzare i muri della città di richieste di aiuto: ed eccolo lì, il suo NOME.
D’aria. Poche lettere appena.
Ma senza nome, chi lo sa se c’ero veramente?”
Ma il cane ha bisogno di trovare la sua identità, e così se ne va di casa; prima davanti a una pasticceria, poi accanto a una scolaresca che si appresta a partire per una gita, infine in biblioteca. Eppure, a sera, la sua ricerca è ancora infruttuosa; finché scopre che la sua fuga ha finalmente scosso il suo padrone, al punto da costringerlo a tappezzare i muri della città di richieste di aiuto: ed eccolo lì, il suo NOME.
Come finisce:
“Che buffa cosa, un
nome. In fondo in fondo, di cosa è fatto?D’aria. Poche lettere appena.
Ma senza nome, chi lo sa se c’ero veramente?”
D’ANGELO
– VIDALI, Senza nome, Topipittori
Ci
sono molte riflessioni possibili a margine di questo albo: il nome proprio (ma
anche quello comune) e la sua importanza. La scelta di un nome, il suo signficato.
Il desiderio, talvolta, a seconda di umori o di esperienze, di cambiare il
proprio nome. La distinzione tra nomi "importanti" e nomi più umili.
I nomi scintillanti dei prodotti che ogni giorno ci assordano dalla tv. I nomi
nuovi dei bambini che arrivano da lontano, e che qui trovano casa. Il diritto
ad avere un nome. La ricchezza di nomi che si può trovare in una biblioteca. E,
su tutto, l'amore contenuto in un nome, scelto apposta per noi; un amore, però,
da non dare mai per scontato, e da nutrire di gesti e parole.
Non
so se serva spiegare tutto questo ad un bambino: forse, basta leggere il
libro...
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