Non
sappiamo mai quanto alti siamo
Finché
non ci chiedono di alzarci
E allora
se teniamo fede al nostro piano
Il cielo
raggiungiamo
L’eroismo
che facciamo nostro
Sarebbe
ordinaria cosa
Se per
paura di essere re
Non ci
piegassimo nella posa
Beatrice Masini - Pia Valentinis, La cena del cuore –
Tredici parole per Emily Dickinson, rueBallu edizioni
A che serve un taccuino? A raccogliere parole, schizzi,
disegni, pensieri, sensazioni…
E proprio come un taccuino è realizzato questo
splendido libro di Beatrice Masini e illustrato da Pia Valentinis, pubblicato da rueBallu edizioni
Un cordoncino nero a
fermare le pagine, i versi di Emily Dickinson
(molte poesie e alcuni brani di lettere), la voce in prima persona di
ognuna delle parole scelte (casa,
ritratto, pietre…famiglia, amore, successo…la cena del cuore), la
narrazione intima e schiva della vita di Emily, le suggestive immagini di Pia
Valentinis: tutto concorre a rendere questo libro prezioso, e, come scrive l’autrice,
a rendere smanioso il lettore di scoprire, dai frammenti, dalle schegge, dalle
briciole, tutto l’intero.
Come incomincia:
1
Casa
Le
scricchiolo addosso. La ascolto.
La
accolgo. La tengo. È sempre con me.
La
vesto, sono un vestito di stoffa e legno
e
chiodi e cose, cose, cose. Le cose necessarie, poche.
Vestiti
semplici. Un gatto e un dizionario.
Carta
e inchiostro. Silenzio e solitudine.
Il
cane Carlo. Pane e fiori. La vita piccola
di
tutti i giorni, ogni giorno diverso,
ogni
giorno uguale.
Non
vuole lasciarmi. Non so se mi ama,
ma
certo non vuole lasciarmi.
Rifugio
e prigione. Ecco quello che sono.
Si comincia dalla casa
perché è il guscio, la buccia, ciò che ci accoglie e ci definisce. Il primo
posto del mondo che si conosce quando gli occhi cominciano a posarsi sulle
cose, a dar loro una forma. La casa è importante per tutti noi, in un modo o
nell’altro. C’è chi la desidera bella, grande, comoda, e vuole mostrarsi agli
altri anche attraverso le cose di cui si circonda. Chi è più noncurante e si
accontenta di un posto piccolo, modesto, di passaggio. Quando due persone si
vogliono bene desiderano metter su casa insieme. Viene in mente il lavoro degli
uccelli quando vanno a cercare rametti, bioccoli, fili d’erba per costruire un
nido. La casa diventa ancora più importante per chi non ne esce quasi mai. È il
confine, ciò che separa e difende dal mondo.
Emily Dickinson passa la
sua vita soltanto in due case. La prima è anche l’ultima: la Dickinson Homestead, fatta costruire sa
suo nonno nel centro di Amherst, Massachusetts, Stati Uniti d’America, nel
1813. La sua è una famiglia importante; il papà è un avvocato, un professore,
un uomo politico al Congresso, impegnato per l’abolizione della schiavitù; la Dickinson Homestead è la casa di una
famiglia importante, grande e bella, la prima casa di mattoni di tutta la
città. Emily ci abita fino a dieci anni; dai dieci ai venticinque si
trasferisce in un’altra dimora: poi torna a vivere lì dove è nata. “Credo che
le mie cose siano state portate tutte in una cappelliera”. Di che cosa ha
bisogno un poeta, se non di un foglio, una penna, e se stesso?
MASINI B. – VALENTINIS P.,
La cena del cuore – Tredici parole per
Emily Dickinson, rueBallu
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