Il titolo di questo volume
L’enciclopedia degli asini
dei ribelli e di altri geni
di
Jean-Bernard Pouy, Serge Bloch e Anne Blanchard, edito da Rizzoli
e la famosissima linguaccia di
Einstein (sovrastata da quelle che potrebbero essere due orecchie d’asino
realizzate con un foglio di carta) che campeggia in copertina basterebbero da soli ad invitare alla lettura. Il valore
aggiunto sta nei colori utilizzati, grigio e viola, e nella dedica:
A tutti quelli che, un giorno,
hanno
sognato
dietro
la lavagna
o
vicino al calorifero.
Io, ad esempio.
Io che, dei primi giorni di
scuola della prima elementare, conservo l’unico ricordo di me nell’angolino con
le spalle alla classe, per aver lanciato un aeroplanino di carta. Unica
scusante, il fatto che sapessi leggere e scrivere da oltre un anno:
probabilmente mi annoiavo.
La prefazione mi fa
sorridere, ma solo per tre righe:
Chi
avrebbe scommesso su di loro quando erano giovani?
Ecco
una galleria di ritratti di uomini che hanno segnato la storia, la letteratura,
le arti o la scienza…malgrado i loro inizi poco promettenti.
Mi fermo: ritratti di uomini. Che non ci sia neppure una donna, qui dentro?
Faccio una cosa che solitamente evito, per non rovinarmi la sorpresa della scoperta: scorro l’indice. Ed eccola lì, una
sola, a pag. 92: Agatha Christie.
Possibile che gli autori non
siano riusciti a trovarne nessun’altra?
Rifletto, e mi chiedo: non sarà che
per una donna era impossibile essere asina? In quale altro modo, se non
eccellendo, avrebbe potuto trovare il proprio posto nel mondo, e dimostrare a
se stessa e agli altri il proprio valore? (non vedo l'ora di discuterne in classe con i miei alunni, e soprattutto sono curiosa di sentire cosa ne pensano le femmine).
A
scuola erano spesso considerati allievi mediocri, inetti, condannati al
fallimento: veri e propri asini! In famiglia facevano disperare tutti per il
loro carattere ribelle. Sonnecchiavano dietro la lavagna e collezionavano passi
falsi.
Con
il tempo, però, la storia ha reso loro giustizia, mostrandone la genialità.
Questi personaggi dominano la nostra cultura scolastica come statue. Le
enciclopedie e i musei li piazzano su un piedistallo, ma un piedistallo può
vacillare…
È
ora di vederli sotto un’altra luce: attraverso il racconto della loro
scapestrata giovinezza.
E allora eccola qui, la scapestratat giovinezza di quell'asino di Albert Einstein:
[…]
il grosso Albert, soprannominato “papà orso”, non parla fino a 3 anni (almeno
così dicono), odia qualsiasi attività fisica e passa il tempo a costruire
castelli di carte.
[…]
In ogni caso, a scuola è una catastrofe: è ritenuto lento, perché riflette ore
prima di rispondere a una domanda e non riesce a imparare niente a memoria.
Viene anche considerato un alunno difficile perché proprio non capisce il
perché di regole e ordini. Inoltre, la totale mancanza di interesse per lo
sport lo isola dai compagni. Conoscendolo più a fondo, però, si potrebbe notare
che questo bambino cicciottello adora la matematica e il latino: si tratta di
materie logiche, semplicemente.
[…]
A scuola continua a sembrare un tipo strano. Inoltre è ebreo, e questo certo
non facilita i rapporti con oi tedeschi. Che depressione. Uno dei suoi
professori (un vero indovino, questo qui!) gli dice che nella vita non
combinerà mai niente e che farebbe meglio a lasciare il liceo e rinunciare al
diploma. Albert non se lo fa ripetere due volte e raggiunge i genitori in Italia
per mangiare gli spaghetti. Insomma, in teoria un pessimo inizio per il premio
Nobel…
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